Dal 29 ottobre al 13 novembre Wozzeck, il capolavoro di Alban Berg, torna al Teatro alla Scala di Milano. Questa superba opera contemporanea, di altissima rilevanza per la storia della musica, chiude la Stagione 2014/2015 e rappresenta il preludio ideale alla prossima, la prima Stagione scaligera che vedrà come direttore musicale il M° Riccardo Chailly, in cui titoli celeberrimi (come Rigoletto e Le Nozze di Figaro) saranno accostati a grandi opere con cui il pubblico non ha molta familiarità, come Giovanna D’Arco, Simon Boccanegra e L’Enfant et le Sortileges.
Wozzeck è un’opera fondamentale per la musica del XX secolo e non era pensabile che un teatro come la Scala potesse privarsene per lungo tempo, difatti l’ultima apparizione scaligera del capolavoro di Berg risale al 2007. E compie un ritorno in grande stile, con lo storico allestimento di Jürgen Flimm che ha debuttato al Piermarini nel 1997 con la direzione del grande Giuseppe Sinopoli. Questa volta, a quasi vent’anni di distanza dalla “prima”, sul podio ci sarà Ingo Metzmacher, apprezzatissimo interprete di musica contemporanea. Il direttore tedesco ha saputo aderire perfettamente alla partitura di Berg rispettandola con attenzione quasi maniacale e, soprattutto, è riuscito a rendere l’esecuzione assolutamente pulita.
Wozzeck è un’opera tutt’altro che semplice, la partitura è accidentata da asperità armoniche, impervi incastri ritmici, da uno stile compositivo complesso e macchinoso e dall’uso di un’orchestra di grandi proporzioni combinata a vari complessi sul palcoscenico: un banda militare, un’orchestrina da taverna ed un’orchestra da camera separata dalla grande orchestra. In tutto questo, Metzmacher ha imposto sempre e comunque la maggiore pulizia – a livello esecutivo – che si potesse richiedere. Non c’è stato alcun inconveniente (a parte una trascurabilissima imprecisione all’interno dell’Atto I), né a livello esecutivo, né a livello interpretativo. Il mordente infuso da Metzmacher alla partitura di Berg è godibilissimo e si adatta perfettamente al tormentato spirito del Wozzeck, rendendo ancor più evidenti le sensazioni che il compositore voleva suscitare nello spettatore.
Di altissimo livello è stata anche l’interpretazione dei cantanti che, a parte qualche licenza interpretativa, hanno portato sul palco esattamente ciò che Berg ha indicato in partitura. Questa è la grandezza del Teatro alla Scala: la sicurezza di un metodo nello studio della partitura e della sua interpretazione e il mostrare come si debba lavorare in un teatro d’opera. Come disse il M° Riccardo Muti, “la Scala deve essere il centro di diffusione della tradizione operistica italiana”, ossia di come nel nostro Paese si deve gestire un teatro d’opera, con quali finalità e in che modo bisogna porsi di fronte ad un’opera. In questo senso è stata particolarmente pregevole l’interpretazione di Michael Volle, che ricoprirà il ruolo del protagonista Wozzeck. A prescindere dalla sua straordinaria vocalità che sovrastava tutti gli altri personaggi, Volle è stato particolarmente fedele alle indicazioni di Berg, rendendo la sua interpretazione coinvolgente e sentita. Eccellente anche l’apporto di Ricarda Merbeth nel ruolo di Marie, l’amante di Wozzeck.
Unico punto che mi ha lasciato un po’ perplesso: la regia. Sono sempre favorevole alle regie innovative e coraggiose, ma ho come l’impressione che Jürgen Flimm abbia un po’ mancato il bersaglio. Come ho ribadito sopra, si sta parlando di un’opera, poco conosciuta dal grande pubblico, pertanto la regia, la scenografia e la recitazione devono essere d’aiuto agli spettatori nella comprensione dello spettacolo (per comprensione non mi riferisco solo alla mera azione scenica, ma anche ai livelli di lettura più profondi). Che aiuto possono fornire le scene di Erich Wonder? La totale decontesualizzazione delle scene (suggerite solo dalla musica di Berg o da alcuni elementi sul palco) costituisce un grave handicap per un’opera pensata quasi cinematograficamente, in cui il canto è adattato in modo mirabile al parlato per renderlo ancor più comprensibile e realistico. Così come la recitazione, eccessivamente enfatica e grottesca, l’ho trovata piuttosto fuori luogo per un’opera come il Wozzeck. Ritengo di essere nel giusto se affermo che con questo tipo di regia, di costumi, di scenografie abbiano voluto ampliare il senso di angoscia e di crescente terrore che permea la composizione di Berg, ma credo che uno spettacolo del genere fosse – forse – all’avanguardia giusto negli anni ’90.
Cionondimeno, resta una rappresentazione dall’altissima qualità artistica e consiglio vivamente ai lettori di vederla: la sola performance musicale vale largamente il prezzo del biglietto.
Per informazioni e prenotazioni: www.teatroallascala.org
Photocredit: Brescia e Amisano
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