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Walt Whitman e l’impeto furioso della vita.

La lettura di Whitman non può lasciare nell’indifferenza. Difficili ed ermetici, i componimenti di Foglie d’erba, raccolta alla quale il poeta e giornalista statunitense si dedicò tutta la vita, possono incitare a esaltare la Vita, ma anche intimorire e scandalizzare. L’opera, infatti, costituisce essenzialmente un ” poema primitivo”, in cui la materialità dell’esistenza, la terrestrità, la sensualità e l’autoerotismo si impongono con forza agli occhi del lettore.  Non c’è da stupirsi, dunque, se Foglie d’erba fu ritenuta indecente da molti contemporanei dello scrittore.

Photo by Matteo Aglietti

Leggendo Foglie d’erba ci si sente partecipi di quell’irrefrenabile danza che è la Vita, celebrata  in ogni suo aspetto. Whitman esplora ogni  frammento del reale, da quello più ordinario a quello più solenne, mistificandolo: dalla morte eroica di quattrocentododici giovani, al ragazzo che sarchia il granoturco. Ogni pagina di Foglie  d’erba è intrisa di Vita, furiosa e selvaggia, e, proprio per questo, sacra. Henry David Thoreau, in una lettera a Harrison Blake, dichiara che la poesia di Whitman “ rende euforici”: è lo stesso autore, infatti, che afferma  di celebrare “ la Vita immensa in passione, impulso, potenza, piena di gioia, per le azioni più libere che si compiono sotto la legge divina” e che ci esorta a “ vivere d’ora innanzi una vita come un poema di nuove gioie”.                                                                                     

Il poeta diventa profeta, capace di santificare tutto ciò con cui entra in contatto (“ Divino io sono, dentro e fuori” ), e portavoce di una nuova religione. In questo senso forte è l’influenza di Emerson: il filosofo americano era arrivato ad affermare che la crocefissione fosse stata una Sconfitta, e che gli americani chiedessero, invece, la Vittoria. Come sostiene Harold Bloom, Whitman va oltre Emerson, proclamandosi, non senza una buona dose di sana megalomania, sacerdote di una religione “ postcristiana” e soprattutto “ americana”, che incarna lo spirito pioneristico e la fiducia, forse un po’troppo ingenua, nel futuro e nel progresso.  Si tratta di un credo che non vede più al centro Dio, inteso come entità superiore, bensì, probabilmente influenzato dalla filosofia orientale, al cui studio si era dedicato autonomamente, come energia primordiale.

In Starting from Paumanok ( Partendo da Paumanok) è contenuta la dichiarazione di poetica di Whitman: il poeta esprime, al suo interno, la volontà di comporre i “poemi della materia” in quanto crede che siano i “ più spirituali poemi”. L’Uomo e la Donna divengono, così, sacri nella loro corporeità (“ E se il corpo non fosse l’anima, l’anima cosa sarebbe?”): il corpo, non più nascosto come imponeva la morale di stampo puritano dell’epoca, è esaltato in tutte le sue forme (“ l’ odore di queste ascelle è un aroma più dolce che le preghiere”). Ma Uomo e Donna sono sacri anche nella loro capacità di comprensione di far parte del fluire dell’Esistenza e della Natura, di intuire che “ tutto è una processione, l’universo è una processione dal movimento regolato, perfetto”.  Questo aspetto appare chiaramente in We two, how long we were fool’d (Noi due, quanto a lungo fummo ingannati), in cui i protagonisti si trovano in perfetta fusione panica con la Natura intesa sia come “ piante, tronchi, rocce”, ma anche come “ sterco di bestie”. Ogni singola particella del cosmo è sacra in quanto il “singolo” non è separato dal “tutto”, così come il corpo non è separato dall’anima: ed ecco che l’essenza dell’Universo può essere racchiusa in una foglia d’erba,che “ non è meno di un giorno di lavoro delle stelle”, e una raganella può diventare un “ capolavoro dei più alti”.

La tomba di Whitman nel cimitero di Harleigh.

Se la Vita è sacra lo è anche la Morte: la Morte, con il suo “ tocco sublime”, “ porta dritta alla vita” e il morire, in realtà, “ è qualcosa di diverso da quello che si suppone, qualcosa di più fortunato”. Per il poeta il nascere è una fortuna così come la cessazione dell’esistenza, poiché, solo attraverso di essa, è possibile destinare il nostro “ vero corpo” ad “ altre sfere” e a “ ulteriori compiti”, unirsi al “ Tempo” e rigonfiare “  le vastità dello Spazio”. Non esiste iato fra Vita e Morte: entrambe stordiscono per bellezza e per potenza, entrambe sono indomabili, ed entrambe nascondono l’accesso a conoscenze superiori.

 

 

La poesia di Whitman costituisce un invito alla riconciliazione non solo con la Natura e la Vita stessa, ma soprattutto, in quanto massima espressione di quest’ultime, con la nostra corporeità. I suoi componimenti celebrano la bellezza dell’Esistenza e della comunione  con il Tutto, “ il potente spettacolo” al quale, ognuno di noi, può contribuire, quantomeno, con un proprio “ verso”.

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