Molti sono gli autori e i poeti che hanno parlato di un viaggio vissuto come percorso interiore.
Tra questi il più noto è ovviamente Dante, che, con la Divina Commedia compie il suo viaggio nell’Inferno, nel Purgatorio e nel Paradiso.
Egli vive questo viaggio come un modo per purificarsi, alla ricerca della salvezza, ma spiega che ogni cristiano, come lui, avrebbe dovuto compiere questo viaggio per rendersi conto delle conseguenze di una vita condotta nel peccato al di fuori della grazia divina.
Vedere, infatti, i peccatori nell’Inferno che soffrono pene atroci, è un colpo forte per Dante che ripensa ai suoi peccati, tra i quali il più noto è la superbia che riconosce tra i suoi difetti.
Noi tutti, seppur a nostra insaputa, durante i nostri viaggi, immaginari e non, ricerchiamo qualcosa di ben definibile. Personalmente, infatti, durante un viaggio in America, mi sono resa conto che cercavo le mie origini e la storia del luogo che stavo visitando.
Sicuramente un contesto, un viaggio, una ricerca differente, ma, quest’ultima, è diversa per ognuno di noi.
Nel ‘900 furono molti i cambiamenti e, anche nella letteratura non si videro più descrizioni di viaggi a lunghe distanze, bensì percorsi, perché perse importanza “il viaggio esterno“, e, ne assunse quello interiore che si svolge nella profondità della coscienza.
Un esempio di questo periodo per marcare ancora una volta il fatto che ognuno compie viaggi e ricerche differenti anche a seconda del periodo è il romanzo di Virginia Woolf, “Gita al faro” (1927) in cui l’escursione al faro, programmata fin dall’inizio del romanzo, si presenta come una meta simbolica, densa di significati allusivi. Vengono inserite immagini, ricordi, situazioni e personaggi del passato che portano a intrecci fra passato e presente, dilatando la dimensione temporale della vicenda.
Si può dire quindi che gli uomini di questi anni sono “viaggiatori di città“, che, per strade, instaurano una singolare relazione tra il paesaggio urbano e la propria interiorità.
Al giorno d’oggi, l’unico esempio che mi viene in mente è chi cerca luoghi isolati, come campagna, per uscire dalla frenesia delle città, ormai totalmente caotiche
Si sta, forse, perdendo questa spiritualità, perché c’è un incredibile materialismo in tutto, viaggi compresi, che annulla questo senso di fare un qualcosa per “toccare” e raggiungere la nostra interiorità.
Angelica Lo Porto
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