21 Novembre 2024

Il mondo è appena passato dallo scandalo della società Cambridge Analytica, che sembra aver comprato da Facebook i dati personali, nonché le preferenze, di 50 milioni di elettori per studi nell’ambito delle preferenze dei consumatori e della manipolazione, anche ai fini elettorali.

 

Proprio in questa cornice Davide Casaleggio se ne esce con un’intervista al Washington Post in cui dichiara che il Movimento Cinque Stelle è il partito del futuro, perché i cittadini possono scegliere e votare direttamente i programmi di governo. Ora, pensandoci bene avere così tanti iscritti su una piattaforma online permette di attingere ad una quantità di dati e preferenze molto vasta. “Puntiamo ad 1 milione di iscritti” dice Casaleggio. Immaginatevi adesso cosa è possibile fare con i dati di 1 milione di persone che cedono volontariamente, e in modo molto dettagliato, i propri dati, e che inoltre votando quasi quotidianamente su una piattaforma online, permettono ai gestori della stessa piattaforma di avviare una profilazione delle loro preferenze sui programmi politici al confronto con i propri dati personali. Ad un primo impatto questa potrebbe sembrare un’ottima riproposizione in chiave moderna di un tipo democrazia diretta nuova: quella digitale.

La realtà è che probabilmente è il tentativo più riuscito di profilazione ed elaborazione di dati personali della storia italiana. Il fine è senz’altro – lo dimostrano i numerosi cambiamenti di idee e di programmi- quello di ideare un programma di governo che sia funzionale ad una sola cosa: al mantenimento del consenso. Per me le parole di Casaleggio sono chiarissime.


 

La domanda 

Da questo fatto sono arrivato poi a pormi un’ulteriore domanda, che faccio pure a voi: siamo sicuri che il ruolo di una forza politica sia fare il volere letterale della maggioranza? Se così fosse che senso avrebbe la “rappresentanza” su cui si fonda la nostra democrazia?

La mia risposta è che probabilmente i politici, così come lo stato, dovrebbero essere persone in grado di guardare lontano, “oltre la pancia“, e dare un orientamento agli elettori sul futuro, in poche parole: avere una dimensione anche paternalistica orientata da una certa attitudine del politico alla “techne” politica. Faccio l’esempio del buon padre di famiglia. Il buon padre non è colui che esaudisce i desideri del figlio, ma chi sa guidare suo figlio nel modo giusto per sé e per il suo futuro, con il fine di insegnargli a scegliere. Se andate da un bambino e gli chiedete di scegliere tra mangiare solo cioccolata oppure mangiare cibi sani, quale delle due cose sceglierà? Senza dubbio la pancia lo guiderà verso la cioccolata.

Ecco, spesso noi elettori siamo come bambini bisognosi di essere guidati da chi se ne intende o da chi ha uno sguardo più lungo sul futuro, come un buon genitore. Lo dimostrano gli studi in campo comportamentale, come ad esempio i bias, cioè gli errori di percezione. Spesso anche noi pensiamo di volere delle cose, ma se superassimo alcuni deficit culturali, informativi, o se riconoscessimo alcuni errori di percezione, (quello che in economia è riassunto nel “principio di razionalità limitata dei consumatori“) ci renderemo conto di non volere tante delle cose che scegliamo. Pensate ad esempio a chi fuma, non è forse un grande errore di percezione? Chi mai vorrebbe morire di cancro ai polmoni o dalle malattie cardio-vascolari indotte dal fumo? Nessuno in potenza, eppure in quanti fumano lo stesso e tentano di giustificarsi nel farlo?

Per questo ragionamento credo che occorra non dare credito a chi ci illude della bontà delle scelte di “pancia”, e dirette, perché spesso possono essere dannose per noi e per tutti gli altri.

Ecco, tornando al discorso iniziale, partecipare alla stesura dei programmi politici in massa, senza alcun filtro o distinzione di cultura personale, livello scolastico e attitudine alla “techne” politica, è forse un male per la democrazia. Ancor di più se questo processo genera una compravendita di dati utilizzati per il mantenimento del consenso stesso.

Occorre forse tornare all’importanza del criterio di rappresentanza come baluardo della nostra democrazia.


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