True Detective (2×05)
Other Lives
Other Lives, quinto episodio su ben otto puntate, rappresenta in True Detective la vera svolta, il cambio di marcia a cui non eravamo abituati e la necessità, finalmente avvertita dall’ideatore Nic Pizzolatto di scegliere un registro differente che avvii lo show al finale di stagione tanto agognato.
La vicenda prende le fila del discorso dopo ben due mesi i fatti accaduti nell’appuntamento precedente, conclusosi con una sparatoria da un lato eccessiva e dall’altro telefonata per mettere un po’ di “pepe” e pressione ad una stagione che, fino a quel momento, di azioni ne aveva concesse ancor meno di quelle presenti quando al timone della vicenda vi erano Rust e Marty. Sebbene ci fosse il desiderio di emulare il piano sequenza di Fukunaga di ben sei minuti, uno dei momenti più alti della televisione degli ultimi anni, il tentativo, fallito miseramente, ha comunque dato una leggera scossa ad una trama che, fino ad ora, è sempre parsa artificiosa e difficile da digerire, al contrario dei suoi personaggi.
Qui, ancora una volta, troviamo un Raymond Velcoro invischiato nei più poveri e degradati sobborghi della provincia di Los Angeles, in quella Vinci ormai a noi nota più per i suoi peccati che per le sue virtù, dove corruzione e malavita hanno la meglio, ed i suoi abitanti non fanno che arrendersi ad uno stile esistenziale proiettato verso il pericolo e la morte. Ray, al momento, si è lasciato alle spalle la carriera di poliziotto, ha la licenza di detective privato, sebbene lavori come “consulente” di Seymon, il quale, è sull’orlo della banca rotta, ed il night club che gestisce, assecondato dal giro di droga, non riescono a tenere a galla le sue spese, ma sopratutto le sue ambizioni.
A questo si aggiungono i problemi di Antigone, che dietro ad un indagine interna effettuata dalla polizia, è stata trasferita al reparto smistamento prove, e puntualmente deve prendere parte a terapie di gruppo; mentre Woodrugh è stato inserito nella sezioni delle frodi assicurative, con un matrimonio a carico ed un figlio pronto a venire alla luce da lì a qualche mese.
Other Lives, le altre vite che ormai hanno avuto il sopravvento sui protagonisti e con le quali sono costretti a convivere, rappresentano un nuovo punto zero, sostanzialmente, che Pizzolatto sapientemente usa per dare alla story-line principale quella spinta propulsiva affinché le indagini, solo apparentemente concluse, possano riprendere il loro naturale percorso sotto una nuova luce, più oscura e meno ufficiale.
Con l’uso di un piccolo, ma efficace, salto temporale, al contrario di quelli usati nella prima stagione dove si coprivano, alla fine, ben quasi due decadi e l’intreccio si rivelava essere una spirale di storie che tornavano, in ultima analisi, sempre a girare su se stesse, qui si cerca di dilatare i tempi, ma allo stesso modo contenerli per non perdere il filo del discorso o costruire una cornice che avrebbe, indubbiamente, beneficiato di una rappresentazione più certosina qualora la storia fosse stata troppo annacquata e per questo sovraccaricata di eventi importanti nella vita di Ani, Ray, Seymon e Pau degni di essere descritti o non tralasciati.
In definitiva, tuttavia, nulla è cambiato nella vita dei quattro personaggi principali, dall’episodio della scorsa settimana, se non il loro lavoro, tutti un po’ ridimensionati e traditi dalle aspettative di successo; eppure i problemi e le difficoltà sono sempre le stesse: chi vuole avere suo figlio, chi vuole arrivare al colpevole dell’omicidio Caspere, su cui si specula parecchio anche dopo aver assassinato il presunto assassino; chi vuole ottenere ancora potere ed una moglie devota; e chi, dopo tutto, vuole solo tornare indietro, per ottenere il lavoro di un tempo, sulla propria moto, e sperare che le accuse vengano ritirate e le voci fasulle, dei tabloid, sulla propria persona finiscano al più presto.
Non ci credeva nessuno, fino a prova contraria, però, della presunta conclusione della storia con la scoperta dell’eventuale assassino arrivato a noi tutti più come una epifania che accompagnato da un processo deduttivo o investigativo naturale, per questo, continuare ad indagare, sotto inediti punti di vista, non risulta, in ultima analisi, né originale, né poi così straordinario, ma vedere proseguire le vicende dei nuovi detective, che adesso rischiano molto di più e si rendono ancor più interessanti, ha senza dubbio il suo fascino, sebbene ricordi i processi e gli avvenimenti accaduti proprio nelle ultime due puntate della scorsa season, quando la ricerca della verità verteva più su Rust che sulla polizia e le forze dell’ordine della Luisiana.
Così il quinto episodio cela al suo interno una impostazione lenta, che esplode negli ultimi 15 minuti, con un finale che fa (quasi) gridare un qualsiasi fan per la stroncatura netta con cui appaiono i titoli di coda, che ci proibiscono un faccia a faccia tra Ray e Seymon, e ci portano a credere che la prossima puntata, magari, possa tornare ad essere nelle corde di uno show che mai come nelle due settimane precedenti è riuscito a mettere in mostra tutte le sue debolezze e pecche.
Sia chiaro: oggi non siamo di fronte ad un appuntamento imperdibile, né ad un’impennata o ad un insieme di colpi di scena, ma qualcosa si sta smuovendo, e dato il residuo numero di episodi che ci attendono è bene pensare che Pizzolatto, ora, abbia finalmente campo libero per dare alla storia quei toni e quelle vertiginose soluzioni che hanno sempre reso affascinante il mondo di True Detective. Il problema è che, dopo ben cinque ore di stagione, solo adesso si ha la sensazione che l’indagine su Caspere sia presa finalmente sul serio, dove rappresentanti della legge e fini politici entrano a far parte del gioco quasi come deus ex-machina o idoli decaduti. Tutto fa pensare in positivo, certo, ma tutto, allo stesso modo, potrebbe arrivare troppo tardi, come segno che questa vicenda, in fondo, sia sempre stata gonfiata per adattarsi ad un certo ritmo che non ha saputo mai gestire, così come i suoi protagonisti, decisamente fuori luogo o poco efficienti in alcuni casi, così come i dialoghi, alle volte stereotipati o ammassati lì senza importanza.
Tra mille citazioni, efficienti prove da parte dei quattro attori protagonisti, Other Lives, con tutte le sue pecche e una sceneggiatura tutt’altro, in alcuni frangenti, che brillante, porta finalmente ad un piccolo cambio di rotta su cui grava la salvezza di questa seconda stagione.
Voto: 5 (su 10)
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