True Detective (2×04)
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Down Will Come
Nemmeno, di fatto, con la quarta puntata, Down Will Come, le cose migliorano per lo show, anzi, Pizzolatto mette in scena, ormai come d’abitudine, tutta la sua carenza di idee e frivola originalità capace di scadere solo ed unicamente in frasi dall’impatto discreto ad un primo avviso, ma che, in fondo, appaiono poco accattivanti e, talvolta, contaminate da un non so che di retorico che porta a sorvolare su alcuni dei momenti più interessanti, come, ad esempio, l’incontro tra Antigone e sua sorella, la quale era stata “salvata”, da quest’ultima, da una casa al cui interno venivano registrati materiali pornografici.
Sebbene gran parte dei personaggi ormai funzionino a dovere, ad eccezione del detective Woodrugh che si rivela essere solo un grande peso per la story-line principale, rimarcando la sua totale inutilità ad ogni puntata che passa, che nientemeno, a questa occasione, apre le danze, di questo giro di boa tanto atteso, nel letto di un suo ex-compagno militare, confuso e afflitto per quel che è probabilmente accaduto durante la notte, mettendo in luce la natura omosessuale di questi, il grande problema della magica giostra degli autori e degli sceneggiatori di True Detective,
Era impossibile pretendere un giallo esoterico o affascinante come quello della Luisiana, ma non si può, in cuor nostro, non rimanere amareggiati se quello che abbiamo dinnanzi ai nostri occhi è un caso di omicidio costruito benissimo, sulla carta, ma gestito in modo pessimo nella sua realizzazione, tanto complicato da mettere in discussione Nolan per gli intrecci che sono serviti in modo misurato e per questo privi di quel pathos necessario, loro richiesto.
Fanno bene, di tanto in tanto, le pause ed i dialoghi, alcuni buoni, altri veramente mediocri, che si scambiano i protagonisti dinnanzi ad i loro colleghi o, nel caso di Semyon, con le proprie mogli, ma è poco giustificabile una certa monotonia nelle scene e nelle situazioni che, di tanto in tanto, viene scossa da una sparatoria al cardio palma o da una epifania che avrebbe il compito di impressionare lo spettatore. Eppure, fino a questo preciso istante, i segni di una mancanza di originalità li avevamo avuti tutti, ma speravamo fossero falsi campanelli d’allarme, e non conferme: un giocoso colpo di scena repentino nel secondo episodio, la potenziale morte di Velcoro, smentita e distrutta con una battuta su i proiettili di gomma, la figura quasi completamente assente di un “cattivo” o un’insieme di elementi capaci di dare un corpo ai colpevoli o, per non essere banali, coloro i quali avevano portato all’omicidio di Caspere con tanto di ragionevoli cause; ci son poi le lungaggini, i continui dialoghi a spirale che tornano su se stessi, sorretti, molto furbescamente, da tutta una rosa di personaggi talmente ampliata ed estesa che, come alcuni avevano con terrore ipotizzato, donano solo una lentezza estrema ai fini della trama.
Perché con questo episodio, costituito da interrogatori, su interrogatori, al di là di poco accattivanti colpi di scena e piccole scoperte nelle indagini, quali ad esempio il collegamento tra il padre di Antigone, che gestisce un centro yoga, ed il Sindaco di Vinci, indagato per corruzione, irruzioni finite male e gestite anche peggio (dove il senso del grottesco e la violenza gratuita hanno la meglio)
Si salva, fortunatamente, ancora sul filo del rasoio, True Detective, per questa settimana, solo per la bravura degli attori, la regia, sebbene qui ballerina e poco efficiente in alcuni frangenti, e la promessa, che si può leggere tra le righe, di una svolta nel quinto appuntamento settimanale, quello che prefissiamo alla prossima puntata, il quale, se dovesse rivelarsi un buco nell’acqua, metterebbe seriamente a repentaglio questa seconda stagione, per adesso costituita unicamente da delusione ed inganno verso gli spettatori.
Voto: 5 (su 10)