The Night Manager 1×01
Benché il panorama dell’industria americana non si ponga limiti, al momento, a dare alla luce, così come a cancellare definitivamente, fiction di vario stampo e natura, capace di spaziare dal genere horror a quello drammatico fino a toccare alte vette di demenzialità, è sul fronte Europeo che talvolta escono le produzioni più interessanti.
Non è, perciò, un caso essersi ritrovati davanti agli occhi una storia come The Night Manager, la cui premier è stata trasmessa su Sky Atlantic la scorsa settimana e che ogni Mercoledì, in seconda serata, vedrà la messa in onda di un episodio inedito.
Le premesse per una avventura a stampo spionistico sui generis ci sono tutte, basti partire dal cast, leggere i nomi degli attori coinvolti per farsi un’idea precisa degli obbiettivi che essa ha intenzione di raggiungere. Tom Hiddleston, Hugh Laurie, Tom Hollander e Elizabeth Debicki, quattro colonne portanti della televisione e del cinema d’autore dell’ultimo decennio. Il primo plasmato in casa Marvel grazie al ruolo di Loki, ma coinvolto di recente in produzioni dall’alto valore artistico come Crimson Peak di Guillermo Del Toro o Midnight in Paris di Woody Allen; H. Laurie intramontabile Dottor House, alter ego mitologico rimasto ancora impresso nell’immaginario collettivo; T. Hollander caratterista che si è messo in evidenza grazie alle collaborazioni con Joe Wright in Orgoglio & Pregiudizio, Hanna ed i blockbuster della saga dei Pirati dei Caraibi. Ultima, ma di certo non meno importa, è Elizabeth Debicki, il cui debutto avvenne nel 2013 con Il Grande Gatsby, la pellicola degli eccessi e dalla fotografia patinata con il solito straordinario DiCaprio. Potenziale nuova Cate Blanchett, i capelli d’orati e la bellezza singolare la rendono una calamita per gli occhi e la sua entrata in scena nella parte finale della puntata buca in ogni momento lo schermo a riprova di quanto quest’ultima sia maturata sotto il profilo professionale.
L’avvio di The Night Manager, non a caso, è un inizio molto particolare, dove non vi sono sequenze di azione alla 007 né un senso dell’ironia marcato che possa far pensare ad una parodia del genere, ma ogni cosa si muove in un mondo carico di tensione, paura e diffidenze grazie ai movimenti di camera efficaci di Susanne Bier.
I primi piani sul volto di Tom Hiddleston, a suo agio nei panni di un direttore di notte di un prestigioso albergo nel Cairo, che finalmente ci fa dimenticare la sua interpretazione nelle vesti del fratello di Thor, divenuta per questi un vero e proprio segno di riconoscimento, esprimono quella tensione, quello spaesamento tipico di chi non riesce a comprendere la situazione socio-politica in cui vive. Il suo Jonathan Pine è un uomo dal passato oscuro, che ci viene rivelato solo in parte qualche attimo prima dei titoli di coda, una figura che nasconde dolore e sofferenza e che si sente chiamato a mettere fine ad uno dei tanti traffici di armi illegali il cui scopo è quello di alimentare futuri conflitti internazionali.
Questa prima parte decide di prendere i suoi tempi, con grande coraggio, rischiando molto e arrivando più e più volte ad un passo dal voler dare un tono fin troppo tranquillo alla storia, la quale solo dopo cinquanta minuti ci rendiamo veramente conto essere decollata, grazie ad un finale potente, seppur elegante, sobrio, ma funzionante. Non ci sarà mai un momento sopra le righe o travolgente, The Night Manager non sembra puntare a quello, ma su un intrattenimento studiato e calibrato in modo certosino.
Se Hiddleston è il padrone indiscusso della scena, a Hugh Laurie spettano gli ultimi 20 minuti, accompagnato dal suo seguito di scagnozzi e consiglieri. La sua entrata in scena, teatrale ed al contempo semplice, nella Hall di un lussuoso albergo svizzero, è una ventata di aria fresca ed il vero input che anima la vicenda, proiettandoci verso una seconda parte di cui vorremo fin da subito sapere i contenuti.
The Night Manager ricorda, come è giusto che sia, la Talpa con Gary Oldman, vuoi per l’atmosfera, il ritmo e l’introspezione rivolta ai suoi protagonisti. In fondo parliamo di due trasposizioni dei lavori di La Carré e per questo è abbastanza scontato riscontrare dei punti di contatto. Eppure l’intera puntata ha un fascino tutto proprio, difficile da riscontrare in altri prodotti affini, e per questo, alla fine, la sensazione è quella di piena soddisfazione. Pericoli, giochi di potere, vite continuamente a rischio e imbrogli sono solo piccole anticipazioni di un piatto che a tutti gli effetti pare impossibile da non assaggiare e gustare.