“C’è chi nasce scarafaggio, chi scienziato, chi impiegato, chi Santa Maria Teresa di Calcutta. Questi tizi davanti a me, per esempio, sono nati per fare le guardie. E io..io sono nato per fare il ladro.”
Perché è vero che c’è chi nasce scarafaggio, scienziato, impiegato, Santa Maria Teresa di Calcutta, poliziotto o Vallanzasca, ma c’è anche chi nasce Sidny. Ma lasciate che mi spieghi meglio.
E’ un anonimo e soleggiato 21 luglio del 1981. A Xique-Xique, piccolo comune brasiliano nello stato di Bahia, le giornate passano come sempre tra un Acarajé e una partita a carte, se non fosse che una donna decise di scrivere la storia. Gli ingredienti per dare una svolta all’umanità ci sono: è incinta ed in pancia porta Lui. “Lui” alla nascita prende il nome di Sidny Feitosa dos Santos.
Del Divino non ci è dato sapere niente fino ai suoi 24 anni, quando dopo aver fatto 4 palleggi di seguito viene ingaggiato dal Serrano Futebol Clube, squadra dello stato di Pernambuco. Sidny da subito prova delle sue capacità superiori a qualsiasi altro calciatore che la terra brasiliana abbia mai dato alla luce e di certo non lascia indifferenti gli osservatori di mezzo Sud America. Tradotto in cifre; nessuna presenza e scaricato nudo in una cesta sotto la sede del Salgueiro Atlético Clube.
Il suo talento è troppo prezioso per essere sprecato nelle infime categorie brasiliane e quindi si fa un altro anno senza toccare palla. Ma ad un certo punto accade l’impensabile, la cosa che cambierà la sua carriera e la mia vita per sempre: a qualcuno sembra bravo.
Viene ingaggiato per un Timbu e la quota azionaria maggiore del club dal Clube Náutico Capibaribe, squadra di Brasileirão. A questo punto della storia succede un’altra cosa impensabile fino a qualche riga fa: sembra bravo anche all’allenatore. Sidny in 2 anni scende in campo 64 volte e nonostante l’incredibile e rinomata bravura dei giocatori con la maglietta diversa che stanno sulla riga di porta (chiamarli portieri sarebbe un regalo che non si meritano) brasiliani va in rete per ben 9 volte.
Ora direte “si vabbè i suoi quindici minuti di gloria ce li ha avuti, ora come è giusto che sia tornerà nell’anonimato”. E vi sbagliate alla grande.
Un signore di buona forchetta e di cattivo shampoo che di nome fa Elio Signorelli si trova per un caso del destino a ricoprire il ruolo di Team Manager di un Livorno appena diventato orfano di Cristiano Lucarelli, e durante una missione di scouting a Recife lo vede. La storia è stata scritta.
Arriva a Livorno ed è subito delirio. Alla conferenza stampa indetta per il suo arrivo si presenta con un catenone al collo stile Tupac, che per un tipetto di 1.60 per 57 kg era tutto un dire. Con Daniele Arrigoni in panchina il nostro eroe viene utilizzato nella squadra Primavera. Inaccettabile. Il Divino con degli sbarbatelli, assolutamente impensabile. Ma dopo dei non proprio soddisfacenti risultati a 3 giornate dalla fine viene esonerato, mentre nella città dei Quattro Mori arriva il navigato Fernando Orsi.
E’ l’11 maggio 2008 e si gioca una Livorno-Torino decisiva per la permanenza in A dei labronici. Partita tesissima e uno 0-0 con poche emozioni fino ad ora, tranne qualche sassata in curva di uno a scelta dei gemelli Filippini.
41 minuti sul cronometro, è il momento.
Un Nico Pulzetti stremato e più infortunato che mai esce e l’Armando Picchi da il benvenuto a Sidny Feitosa dos Santos.
68 minuto sul cronometro.
Palla a centrocampo gestita da Luis Vidigal (a cui i tifosi labronici in seguito dedicheranno uno dei migliori cori della storia del tifo organizzato, chi ha frequentato il Picchi in quegli anni sa di cosa sto parlando) che essendo pressato da Rosina decide di passarla dietro al nostro condottiero.
Tocco di palla, retropassaggio assassino, Rosina recupera palla e gol. Torino in vantaggio.
Livorno retrocesso.
Orsi esonerato.
Come continua la sua carriera non è importante, a noi piace ricordarlo così.