Episodio III
La Vendetta dei Sith
È guerra! La Repubblica crolla sotto gli attacchi
dello spietato Signore dei Sith, conte Dooku.
Si contano eroi in ambedue gli schieramenti. Il Male è ovunque.
Con un’azione spettacolare, il malvagio comandante dei droidi, generale Grievous,
è entrato nella capitale della Repubblica e ha rapito il cancelliere Palpatine,
capo del Senato della Galassia.
Mentre l’Esercito Separatista di Droidi cerca di abbandonare la capitale
assediata insieme al prezioso ostaggio, due Cavalieri Jedi sono alla testa di un’impresa disperata:
liberare il Cancelliere prigioniero…
Eccoci dunque a parlare del terzo ed ultimo episodio (dal punto di vista della realizzazione) di Guerre Stellari, ove George Lucas decide di mettere anima e corpo nel tanto atteso Star Wars: Episodio III – La Vendetta dei Sith, terza ed ultima parte della nuova trilogia, capitolo conclusivo della storia di Anakin e Obi-Wan Kenobi, atto finale prima del capolavoro del 1977 “Una Nuova Speranza”; il regista di American Graffiti sa di dover gestire una questione delicata, un momento di grande importanza, poiché Revenge of the Sith non è solo un punto di chiusura, il canto del cigno di un franchising che è già parte dell’universo Cinematografico, ma si deve impostare persino come un capitolo di passaggio, senza dunque dimenticarsi di caratterizzare la storia con una certa sfumatura di transizione che trascini lo spettatore al capitolo di esordio di
Una impresa immane a pensarci bene: concludere ogni cosa là dove tutto è iniziato e appagare il pubblico che con grande impazienza aspettava il momento cruciale, la rivelazione del Lato Oscuro della Forza ed il rovesciamento della Repubblica.
Tuttavia, un po’ per fortuna, un po’ per bravura, George Lucas con questo atto conclusivo non cade in fallo, anzi, esprime al meglio tutto il suo estro tecnico, dando alla luce il migliore dei nuovi tre film di Star Wars, e badate che ai giorni nostri non è poco.
Prendiamo, non a caso, un Christopher Nolan o un Peter Jackson, entrambi registi di due trilogie famose e accolte con grandi ovazioni dalla critica e dal pubblico. Il primo aveva sorpreso con Batman Begins, esaltato con The Dark Knight, ma aveva rischiato il tracollo con The Dark Knight Rises, poiché al di là dell’eccellenza nella padronanza della macchina da presa, la storia di Bruce Wayne aveva una sceneggiatura tutt’altro che perfetta e soffriva di lacune considerevoli nel finale; Peter Jackson, purtroppo, dopo aver diretto “La” trilogia fantasy per eccellenza, Il Signore degli Anelli, tratta dall’omonimo romanzo del professor inglese John R.R. Tolkien, a causa di tutta una serie di problematiche sorte durante la pre-produzione, decise di prendere sotto la propria direzione Lo Hobbit, predecessore (anche questo), dal punto di vista cronologico, di The Lord of The Rings. Dopo due capitoli ben orchestrati, divertenti, che avevano fatto ricordare ai fans le meraviglie della Terra di Mezzo, il neozelandese ha ceduto proprio nel momento finale, sfornando un prodotto privo, al suo interno, di tutta quella passione e cura che Jackson aveva messo nei suoi lavori precedenti. La Battaglia delle Cinque Armate, di fatto, rimane un bel film, ma dista anni luce rispetto ai suoi predecessori e l’aspetto più triste è che la pellicola sembra fatta più per necessità che per volontà, quasi a voler rimarcare
Si grida, or dunque, al miracolo per La Vendetta dei Sith? No, ma quasi, perché Lucas ce l’ha fatta, ha confezionato una storia conclusiva divertente, in senso lato, convincente e sempre emozionante, non mancando (quasi) mai il bersaglio e coinvolgendo il pubblico in un climax più che riuscito.
Si riprendono le fila della vicenda qualche mese dopo L’Attacco dei Cloni, la guerra ormai è scoppiata, il Conte Dooku ha rapito il cancelliere Palpatine, ed alle porte di Coruscant navi da guerra della Repubblica si scontrano contro quelle della Federazione dei Separatisti. Due Jedi vengono mandati in missione speciale per recuperare il cancelliere e metterlo in salvo: Obi-Wan Kenobi e Anakin Skywalker, ormai non più un semplice allievo, ma un cavaliere jedi maturo, potente e conscio del suo potere. Sebbene il salvataggio vada a buon fine, il generale delle truppe ribelli, Grievous, riesce a fuggire, rifugiandosi in un pianeta sull’orlo esterno. Toccherà ai Jedi scovare il temibile droide e mettere fine alla guerra, ma il pericolo incombe ed irrompe sopratutto tra i ranghi del Senato e della Repubblica poiché Palpatine
La prima parte del terzo Episodio di Guerre Stellari sonda il terreno per quello che sarà un finale emozionante e ricco di tensione, dove Lucas non gioca più a nascondere gli elementi della trama, ma fa capire fin da subito i veri intendi dei molti personaggi. Palpatine non è più ormai un comprimario di contorno, ma dal momento in cui appare sullo schermo il suo carisma colpisce assieme ad una ambiguità che sapientemente viene misurata sulla scena. Si comprende fin dal primo momento che dietro a questi si nasconde il signore dei Sith, ma non vengono mai svelati i suoi piani malvagi, ed è per questo che la vicenda, risultando parzialmente chiara fin da subito, permette a noi tutti di apprezzare il lento decadimento non solo della Repubblica, della Democrazia e della Libertà, ma sopratutto di Anakin Skywalker.
Venuto a sapere da Padmé che diventerà padre, nel giovane Jedi si innesca la paura, suggerita da visioni oniriche, che sua moglie morirà durante il parto. Proprio la paura di essere impotente dinnanzi alla morte della persona che ama porterà Skywalker a compiere l’atto fatale, a passare al Lato Oscuro e prendere il nome di Darth Fener; e qui sta il grande paradosso, perché il declino, o ascesa a seconda dei punti di vista, di Anakin/Fener è legata alle persone che ama: così come in Attack of the Clones, l’ira scaturita dalla morte dell’amata madre, lo porta ad uccidere una tribù indigena, compresi le donne ed i bambini, qui sarà grazie alla lusinghe ed alle rassicurazioni di Palpatine che il “prescelto” cadrà inerme alle passioni ed alle debolezze, non comprendendo affatto il significato profetico dei suoi sogni. Perché alla fine dei conti Padmé lascerà questo mondo, morirà, sarà ricordata magnificamente con un funerale che scenograficamente strizza l’occhio ai dipinti pre-raffaelliti, ma non
Dove finalmente, però, La Vendetta dei Sith rivela tutto il suo potenziale è proprio dalla definitiva rivelazione di Darth Sidius, con il suo colpo di stato e con l’entrata in scena della dittatura, della nascita di quello che sarà il temibile Impero Galattico. Ed è, esattamente come dice Padmé Amidala, sotto gli scroscianti applausi del senato (corrotto o terrorizzato) che crolla la democrazia, così come il l’ordine dei Jedi, guardiani della Pace. Le immagini iniziano ad assumere una potenza visiva impressionante, i momenti da ricordare si sommano l’uno sull’altro, facendoci chiudere un occhio su delle imprecisioni, delle mancanze di sceneggiatura o dei passaggi magari non del tutto riusciti. Lucas confeziona due sequenze dal profondo significato, la prima che va ricercata nel massacro dei bambini da parte di Anakin nel tempio dei Jedi, realizzato solo con due inquadrature che grazie alla loro drammatica
Sotto il profilo puramente tecnico è bene notare quanto La Vendetta dei Sith mantenga sempre una certa coerenza visiva con i precedenti capitoli, sebbene ogni tanto George Lucas si lasci andare, come nella prima sequenza di apertura dopo i titoli di testa tradizionali, a dei brevi piani-sequenza che facciano da introduzione, una scelta originale e capace di giovare all’intero lungometraggio,
Gli effetti speciali, questa volta, sono encomiabili, curati e realizzati a puntino, ma sopratutto credibili e capaci di vivere in armonia con i set naturali e quelli artificiali, al contrario degli altri due capitoli precedenti. Superbe, non ci stancheremo mai di dirlo, le musiche di John Williams, capaci di accompagnare con gli strumenti e l’orchestra l’atmosfera ed i toni tragici della pellicola specialmente nel finale.
Star Wars: Episodio III – La Vendetta dei Sith, chiude la saga di Guerre Stellari iniziata nel lontano 1977, ripresa poi nel 1999 e che proprio nel 2015 sarà, ancora, presa in causa da J.J. Abrams con il settimo capitolo: “Il Risveglio della Forza”. Dei tre episodi della nuova trilogia questo di cui parliamo è il migliore, funziona non solo dal punto di vista dell’intrattenimento, ma anche per la storia narrata, non soffre di particolari momenti morti o tediosi,