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Star Wars : Episodio II – L’Attacco dei Cloni

Episodio II

L’Attacco dei Cloni 

C’è grande agitazione nel Senato della Galassia.

Molte migliaia di sistemi stellari hanno dichiarato

la loro intenzione di staccarsi dalla Repubblica.

Il movimento separatista, capeggiato dal misterioso conte Dooku,

sta rendendo arduo al limitato numero di Cavalieri Jedi mantenere la pace

e l’ordine nella galassia. La senatrice Amidala, ex regina di Naboo,

fa ritorno al Senato della Galassia per votare su una questione cruciale:

la fondazione di un Esercito della Repubblica in appoggio ai Jedi in difficoltà…

Portare sul grande schermo un seguito può essere, per un qualsiasi cineasta, una grande ed impegnativa sfida. Sebbene si parta già con le spalle coperte per quel che concerne la compagna pubblicitaria e la risposta del pubblico, grazie alla quale è stato possibile decretare il film precedente un successo, motivo per cui i produttori si sono dati da fare per impiegare le loro finanze in un secondo episodio o spin-off, mettere mano ad una pellicola che debba seguire le orme della prima, ma al contempo emozionare, coinvolgere e conquistare in maniera ancor più grande gli spettatori rimane, ancor oggi, una vera e propria scommessa, un salto nel vuoto senza alcuna assicurazione di sorta, in altre parole: un volo pindarico.

George Lucas non è nuovo nella realizzazione di trilogie, lo aveva fatto proprio nelle vesti di sceneggiatore e produttore per gli episodi V e VI di Star Wars, negli anni ’80, ma è nel 2002 che vede profilarsi dinnanzi ai suoi occhi un monumentale duello con la sua persona, la sua creatività e le sue doti tecniche. Si sarà di certo domandato: “sarò all’altezza di fare un secondo film?”. La Minaccia Fantasma, per quanto non esaltante, aveva convinto critica e pubblico, che a gran voce volevano un secondo episodio della nuova trilogia di Guerre Stellari nell’immediato; volevano un lavoro che li sapesse esaltare, far saltare dalla poltrona del proprio cinema di fiducia, che strappasse loro sorrisi e ricordi, che li stregasse e li proiettasse verso quel terzo atto tanto atteso che per vedere sul grande schermo avrebbero dovuto aspettare ben tre anni.

Star Wars: Episodio II – L’Attacco dei Cloni è stato, dunque, il film più difficile da realizzare, o quanto meno lo è stato concettualmente, perché esso non si mostra a noi come un puro episodio di passaggio, anzi, pone le basi per quel che saranno gli avvenimenti futuri, rinforza le fondamenta della storia introdotta nel 1999 con The Phantom Menace e inizia a mostrare piccole sfumature che saranno poi ben analizzate nello straordinario La Vendetta dei Sith (2005).

Lucas torna regista, oltre che nella veste di producer e sceneggiatore, e prende la sfida al meglio, girando un film degno degli altri capitoli, nettamente superiore al precedente, ma al contempo non ancora in grado di rivelare il grande potenziale della saga leggendaria.

La storia prende vita ben 10 anni dopo dalla morte di Qui-Gon Giin, sul pianeta Coruscant, ove la senatrice Padmé Amidala, al termine del suo secondo mandato da Regina di Naboo, decide di presentarsi in Senato per dare il proprio voto di sfiducia alla richiesta della creazione di un esercito della Repubblica, per paura che, proprio la nascita di una massiccia forza bellica, possa definitivamente dare il via alla corsa agli armamenti e accendere il conflitto con i Separatisti, alleati ora con il conte Dooku (Christopher Lee), un ex-Jedi molto potente. L’arrivo sul pianeta però non è dei migliori, Padmé sventa miracolosamente un attentato ed in seguito viene messa sotto scorta di due cavalieri Jedi di sua vecchia conoscenza: Obi-Wan Kenobi e Anakin Skywalker. Di fronte alla tensione accumulatasi ed ai rischi che la ex regina di Naboo corre quotidianamente durante il suo soggiorno a Coruscant, Obi-Wan ed il consiglio Jedi consigliano caldamente a Padmé di tornare al suo pianeta natale, lontana dal caos e dai pericoli, mandando con lei, quale suo protettore, il giovane Skywalker. Obi-Wan, al contrario, dopo l’ennesimo attentato verso la Senatrice Amidala non andato a buon fine, è sulle tracce di un cacciatore di taglie sul pianeta Camino, ma la sua ricerca, ad insaputa di questi, lo condurrà in un pericolo mortale e a scoperte davvero inattese.

Attack of the Clones è un film particolarmente elaborato, sebbene ad una prima occhiata possa sembrare quasi noioso, se visto con attenzione ci si rende sempre più conto che i tanti rimandi a gli episodi successivi e le molte, nonché importanti, sfumature psicologiche e narrative svolgono qui un ruolo fondamentale. Lucas ed il suo team non smascherano tutti i pezzi del puzzle, ma ogni tanto rivelano piccoli e succulenti aspetti che hanno un loro peso nell’economia della serie; ove oggi un attacco di ira può simboleggiare solo ed unicamente un momento di tensione, domani sarà concime su cui coltivare la follia che abbraccerà Anakin Skywalker, e dove un’idea, per quanto irrealizzabile e totalitaria, in questo film sia solo accennata, magari in un contorno tutt’altro che drammatico, con la visione dei lungometraggi successivi, ci si renderà concretamente conto che invece era un qualcosa da non sottovalutare, un campanello di allarme, un frammento di personalità che poi, una volta maturato, si allineerà coerentemente con la figura del temibile Darth Fener.

E’ proprio qui che sta la potenza de L’Attacco dei Cloni, perché esso è essenzialmente un lavoro che sa attendere, sa pazientare, anche troppo in alcuni frangenti, senza mai lasciarsi andare a duelli o momenti spettacolari che potrebbero distorcere l’attenzione dello spettatore dando una patinata superficialità all’insieme. E’ un lento declino, l’inizio di una rovina che poi troverà la sua totale realizzazione nell’Episodio successivo, per questo e per ben altri motivi che andremo ad analizzare non si può dire che questa volta George Lucas abbia fatto un lavoro mediocre, anzi, proprio nel suo essere non eccezionale, questo atto rivela il grande potenziale, poiché ci sussurra nell’ombra tutti quei fattori chiave per capire al meglio il mondo di Guerre Stellari, smascherando solo nella epica battaglia finale gli schieramenti in campo che daranno il via definitivo alla guerra.

Come era logico aspettarsi viene dato maggior risalto al giovane Skywalker, colui che dovrebbe essere il prescelto, l’uomo che riporterà equilibrio nella Forza in un momento di crisi. Grazie alla sua relazione con Padmé, Anakin ha così modo di aprirsi, non solo verso quest’ultima, ma anche verso lo spettatore, che impara a conoscerlo, a capire il suo punto di vista e ad avvistare molti di quei piccoli elementi che già da adesso proiettano su di lui l’ombra del Lato Oscuro. Lucas fin da subito ci spiega che Anakin non sarà destinato a diventare un cavaliere Jedi, ma un signore dei Sith, che la sua sorte è dannata oltre che già segnata, ce lo vuole raccontare con le immagini e con le azioni compiute dal giovane padawan, attraverso lo stanco sguardo del maestro Yoda o nelle conseguenze drammatiche dell’ira del ragazzo di Tatooine. La rabbia, l’odio, la paura alimentano il cuore di Skywalker, e proprio nei momenti più estremi egli si lascerà trasportare dal male, dalle passioni e dimostrerà a noi tutti di non essere un Jedi, ma soprattutto a sé stesso. Ci sono ben due scene cariche di pathos ed emotività da tenere in grande considerazione, che vedono proprio questi protagonista: la prima è quella del tentato salvataggio di sua madre, la quale, ormai moribonda dopo giorni di tortura, morirà tra le sue braccia, scatenando in lui una rabbia cieca che lo porterà ad uccidere una popolazione barbara indigena, colpevole della cattura, non risparmiandone né le donne né i bambini; la seconda sequenza, di grande importanza, chiude, non a caso, la pellicola e riguarda il matrimonio segreto tra Padmé e Skywalker. I due, che si sono giurati amore eterno, sono condannati a vivere nell’ombra, poiché un Jedi non può unirsi in matrimonio ad un’altro essere umano e per questo, per questa scelta precisa, Anakin fin da adesso è condannato, supera il confine impostogli dal codice Jedi, si lascia abbindolare dalle passione e inizia la lenta ascesa che lo porterà a diventare un signore Oscuro.

Tutto avviene sotto lo sguardo vigile del suo maestro, Obi-Wan, che purtroppo non capisce appieno la situazione, non si rende conto della gravità e resta cieco all’amore provato da parte del suo padawan e della senatrice, sottovaluta il pericolo che colpirà la repubblica così come tutto il consiglio. Perché, in fondo, Kenobi ha ben altro da fare e non lo si può biasimare, un esercito ad insaputa del consiglio Jedi, è stato creato, di cui ora si può fare un ottimo utilizzo per sconfiggere le armate dei separatisti, ma su cui è bene meditare. E se la battaglia sul pianeta Geonosis è vinta, la guerra è tutt’altro che all’epilogo, anzi, un ombra cala sul pianeta Coruscant, luogo in cui vive il signore dei Sith. La minaccia del conflitto è ovunque, e riprendendo le parole del maestro Yoda, dopo la fuga del conte Dooku e la scoperta corruzione nel Senato da parte del signore Oscuro: “cominciata, questa guerra dei Cloni è”.

I grandi progressi sono stati fatti non solo dal punto di vista narrativo, ma anche visivo, gli ambienti, al contrario dell’episodio precedente, sebbene ancora realizzati al computer ed in netta collisione quando invece sono set naturali, sono comunque curati, credibili ed in più di una occasione suggestivi. La computer grafica fa un ottimo lavoro, sopratutto nella parte finale della pellicola, ove sullo schermo si anima la bellissima ed esaltante battaglia nell’arena dei Geonosiani, che vede Padmé, Anakin e Obi-Wan rischiare la vita, dopo essere stati catturati da Dooku, e combattere contro aberranti specie aliene in attesa di un fortuito salvataggio. Sempre eccezionali le tracce musicali di John Williams, cariche di brio, dai toni epici e drammatici, allegre nei momenti richiesti e potenti all’occasione, sempre e costantemente originali nonché in linea con quel che viene preannunciato sullo schermo, anzi, in alcuni casi, essenziali per capire sotto-trame e riferimenti futuri.

Star Wars: Episodio II – L’Attacco dei Cloni è un film nettamente superiore al primo, che va oltre la sua natura di essere un traghettatore, un episodio di passaggio che porta lo spettatore alla conclusione di questa nuova trilogia. Lo si apprezza anche per le sue imperfezioni, per le lungaggini, i (pochi) momenti morti, le sviste tecniche e narrative. E’ un momento importante, questo, un’ora cruciale nella saga di Guerre Stellari poiché se ne La Minaccia Fantasma le premesse erano solo abbozzate, o malamente accennate, qui iniziano a prendere piede ed importanza, si comincia a lavorare sui tratti psicologici dei personaggi, si inizia a scolpire quella che sarà poi la base del grande universo nato dalla mente di George Lucas, senza mai, però, abbondare o lasciarsi andare a scelte facili. Il lungometraggio, inoltre, inizia finalmente a strizzare l’occhio ai passati episodi, chiamando in causa comprimari quali Boba e Jango Fett e tante altri allettanti richiami che i fans non tarderanno a scoprire.

Con questo secondo capitolo Lucas inizia, come era giusto aspettarsi, a fare sul serio, si prepara per il gran finale e ci proietta ai confini della galassia, immergendoci in complotti, battaglie, amori e avventure ricche di fascino, che sulla carta non vengono sminuite da quelle di Luke Skywalker ed ogni tanto, sembra strano dirlo, nemmeno sullo schermo. Pur non essendo potente come gli altri, lasciando, proprio per come è stato concepito, molte cose in sospeso, la gioia di scoprire cosa accadrà ne La Vendetta dei Sith rimane una volta giunti ai titoli di coda, ma sopratutto, dopo quasi due ore e mezzo, si resta sempre con la curiosità di apprendere cosa possa svelarci questa storia, questa favola per adulti che ha stregato il mondo intero.

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