l Senso del Ridicolo: Tra Amleto, Self-Deprecation e la nuova Commedia all’Italiana.
English Humour for Beginners
Andrea Cane, noto editor e traduttore, nonché professore in celebri Università come quella di Cambridge, ci ride sopra sul fatto che l’anagramma del proprio lavoro sia “dietro”, eppure il suo intervento e contributo al Senso del Ridicolo mette in evidenza tutte quelle particolarità che, metaforicamente dietro le quinte, contribuiscono a sottolineare le peculiarità degli usi e costumi di un popolo, nel suo caso quello anglosassone. Che gli Inglesi, poi, abbiano uno spiccato e molto personale approccio all’umorismo, come per qualsiasi altra cosa d’altronde, è possibile accorgersene grazie ai molti autori che fanno parte della loro Letteratura (Shakespeare, Dickens, Wilde, Woolf, Bennet e molti altri…)
Tuttavia è facile cadere nello stereotipo quando si parla di modi di dire e tradizioni, noi italiani non siano risparmiati dal venire affiancati a degli archetipi ormai cristallizzati dalla collettività e per questo agli occhi degli altri siamo sempre associati ai tipici elementi nostrani quali possono essere la pasta, il mandolino, il continuo gesticolare con
le mani durante un discorso o la voce eccessivamente alta in ogni situazione. Volessimo trovare una verità, anche parziale, in tale affermazione basterebbe tornare indietro di qualche settimana, come ci suggerisce Cane, e guardare la vignetta del giornale satirico Charlie Hebdo sul terremoto di Amatrice.
Ecco, dunque, che il luogo comune, anche nella satira, umorismo fortemente aggressivo, rispecchia un’Italia che non esiste più e, gioco forza, d’altri tempi (andati), fatto di immagini e atteggiamenti che, per quella Francia e quei giornalisti, rappresentano il Bel Paese.
L’umorismo inglese, se preso in modo superficiale, non fa eccezione, perché innumerevoli sono le situazioni in cui tendiamo ad abbinare un certo modo di atteggiarsi o parlare figlio di quella cultura. Un esempio banale è possibile trarlo dalla canonica rappresentazione di un uomo comune, a ridosso del London Eye, con un ombrello in mano sotto un cielo plumbeo che esclama : “giornata umida quest’oggi”. O alla rappresentazione di una sala da tea arricchita da scambi di battute sagaci sulla politica e la moda del momento, magari dagli echi leggermente Wildeiani.
Approcciandoci allo Humour British cercando di cogliere parte delle sue sfumature e livelli, che vanno da un tipo di umorismo più elitario e raffinato fino a toccare quello dell’uomo comune di tutti i giorni, è bene, secondo Andrea Cane, iniziare citando il noto “Rule Britannia”, inno patriottico composto da James Thomson e musicato da Thomas Arne nel 1740, che prende e valorizza la gloria dell’allora
Nel primo video mostrato da Cane, viene ripresa la stagione dei The Proms (spesso denominata anche The BBC Proms o The Henry Wood Promenade Concerts presented by the BBC) eseguita ogni anno alla Royal Albert Hall da un’imponente orchestra sinfonica. Nel filmato mostrato assistiamo al momento conclusivo di tale manifestazione, quando, per concludere la stagione, viene eseguito il “Rule Britannia”; durante tale esibizione è possibile, come esplicita bene il video, notare una perfetta dimostrazione di umorismo british. Da un lato vi è l’attaccamento ai valori ed alla storia della propria nazione, un “ricordo” genuino e tutt’altro che estremista, e dall’altro la voglia di deridere con moderazione ed efficacia un inno del passato. Con lo scorrere degli anni i vari tenori che si sono esibiti hanno indossato i più eccentrici travestimenti: siamo passati da un cantante
Questo dimostra come il popolo Inglese, pur conscio della fine dell’Impero, concepito come ai tempi dell’inno di Thomson, ancor oggi si attacchi con umorismo alle proprie tradizioni interagendo con esse e deridendole quel tanto che basta per dar loro nuova linfa ed interpretazioni, confluendo in un atto di conformismo ed al contempo anticonformismo. Sebbene ciò offra spazio a numerosi approfondimenti, la dualità che ne emerge assume una coerenza precisa nei confronti degli anglosassoni qualora si voglia allargare suddetto discorso in diversi ambiti sia culturali che estranei ad essi.
E la gente comune? Quanto è cambiato lo humour negli anni?
Per rendercene conto, e per comprendere anche le assurdità delle tradizioni e dei luoghi comuni anglosassoni, calza a pennello prendere come esempio il caso di un signore che nel 2012 aprì un account su Twitter denominandolo British Very Problems, nel quale scriveva tutta una serie di brevi aneddoti umoristici personali. In breve tempo molte altre persone sono diventati follower di quest’ultimo contribuendo con altri tweet a tema. Il risultato? Una pioggia incessante di situazioni note che offrivano siparietti divertenti dei modi e dello stile di vita del popolo anglosassone che spaziavano dagli incontri in taxi a quelli in metropolitana.
Un ultima forma di umorismo tipico britannico è quella legata al “Non-Sense”, ovvero al ridicolo o grottesco, dove ad emergere sono situazioni esasperanti o dialoghi assurdi, a volte spinti ed irreali con cui, specie il pubblico medio, familiarizza immediatamente e si immedesima.
Per cercare un umorismo più spinto e aggressivo bisogna arrivare all’era del Punk, dove prestazioni di cantanti famosi come quella di Sid Vicious in un concerto, vedeva questi deridere Frank Sinatra realizzando una cover di un suo brano famoso in una performance portata avanti sotto forma di parodia.
Tirando le somme dell’intervento di Andrea Cane, potremmo azzardare a dire che l’umorismo inglese sia una forma di difesa rivolta alle persone estranee, ma seppur sempre si tratti di umorismo, esso resta condizionato da una certa pigrizia, da una mancanza di voler andare a cercare una forma troppo elaborata di ironia o satira, preferendo adottare una strategia più contenuta e solo apparentemente umile, cercando di far delle proprie debolezze un vanto ed un pregio.
Giovanni Canova e Davide Ferrario : La Commedia all’Italiana
A concludere questi tre giorni di Festival del Ridicolo ci hanno pensato Stefano Bartezzaghi con Gianni Canova e Davide Ferriero, con lo spettacolo/dibattito: “Comici, Commedianti & Cozzaloni. Italia da Ridere per il Grande Schermo”.
L’intervento, da semplice scambio di idee trasformatosi ben presto in un sentito dibattito, ha visto Ferriero e Canova prendere due distinte posizioni nei confronti della commedia all’Italiana di ieri e oggi.
Il primo è rimasto assai titubante nel voler identificare ai giorni nostri un certo tipo di commedia ed una certa comicità, mentre il secondo è parso più aperto ad accogliere e valorizzare la qualità di alcuni personaggi di spettacolo.
Viene, in effetti, da domandarsi se oggigiorno gli Zalone ed i Pieraccioni possano avere un futuro, ma in questo Canova ci avverte e sottolinea il fatto che anche Totò, ora all’unanimità riconosciuto come un genio della comicità, ai suoi tempi veniva stroncato dalla critica e considerato come un attore di poco spessore. Il tempo fornirà la risposta a tale quesito, pur tuttavia, se gran parte degli Italiani ha visto “Quo Vado?” è sinonimo, questo, di un fenomeno interessante perché nel voler proporre uno schema innovativo Zalone ha fatto breccia nell’immaginario collettivo, modificando la concezione di pellicola e cinema, identificandosi non più in quella classe medio borghese dei cinepanettoni dell’era
Cosa lasciano, tuttavia, allo spettatore questi lavori? Questa domanda sembra essere alla base del pensiero di Davide Ferrario, che contrappone alle pellicole di oggi quelle del passato, con Gassman e Tognazzi, quando lo spettatore usciva dal cinema con un senso di disturbo, malinconia, e inquietudine, quasi che il film visto lo avesse fatto tanto ridere quanto avesse lasciato al suo interno un pensiero, una riflessione da elaborare nella testa in un secondo momento, un qualcosa che lo portasse a meditare sulla sua situazione e la sua vita.
Forse un tipo di cinema che può ricordare quell’umorismo che si riscontra in alcuni lavori di Woody Allen, dove il celebre regista scherza e ironizza su fatti che una volta analizzati e digeriti non ci fanno tanto ridere e regalano, persino, qualche preoccupazione.
L’Italia è il paese della risata, della commedia, ce lo insegna la nostra storia, perché al Cinema l’abbiamo inventato noi un certo tipo di fare commedia e spettacolo eppure oggi il riso ci fa tremare, siamo diventati “risofobici, cinici e nichilisti” dice Canova. Siamo arrivati ad un punto in cui le cose che dovrebbero far ridere non lo fanno più ed altre che dovrebbero essere prese seriamente ci fanno ridere. Non è casuale il fatto che, tale assioma, sia possibile riscontrarlo nella politica, che negli ultimi vent’anni ha visto dei veri e propri comici salire al governo o diventarlo strada facendo.
Fortunatamente il Cinema italiano sembra deciso a voler offrire qualcosa di diverso dal semplice desiderio di fare commedie, conclusasi la parentesi Boldi&DeSica, finita l’era delle grandi abbuffate natalizie, il 2015/2016 ha regalato alla settima arte un campionario di lavori di vario genere e linguaggio, che segnano una svolta, per Canova, capace di dare speranza per il futuro imminente. Che sia una casualità il fatto che abbiamo avuto “Lo Chiamavano Jeeg Robot”, “Perfetti Sconosciuti”, “Fuocoammare”, “Suburra” e “Veloce Come il Vento”? Per il bene di tutti e del Cinema stesso speriamo di no.