Lo scorso 10 dicembre la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha annullato l’accordo commerciale UE-Marocco relativo ai prodotti agricoli, perché violava i diritti del popolo sahrawi.
Infatti il Marocco esporta come propri, nell’ambito degli accordi commerciali con l’UE, prodotti agricoli e peschieri provenienti dal “territorio non autonomo” del Sahara Occidentale, che però non possono essere considerati in alcun modo prodotti marocchini.
Difatti, nonostante l’occupazione militare marocchina della maggior parte del territorio sahrawi, che ormai si protrae da oltre 40 anni, praticamente nessuno stato del mondo, né tantomeno l’ONU o l’UE, riconoscono al Marocco alcuna sovranità sul territorio sahrawi.
Prima di passare ad analizzare la sentenza e le reazioni dei principali soggetti internazionali coinvolti, facciamo un attimo il punto della situazione del Sahara Occidentale secondo il diritto internazionale.
Il 15 dicembre del 1960 il Sahara Occidentale fu inserito dall’Assemblea Generale dell’ONU (Risoluzione n. 1542) nella lista dei “territori non autonomi” sotto la supervisione del Comitato di Decolonizzazione delle Nazioni Unite.
All’epoca il territorio era ancora un dominio coloniale del Regno di Spagna, che lo aveva occupato fin dal 1885.
Nel 1974 l’Assemblea Generale dell’ONU, a fronte delle pretese sul territorio avanzate da Marocco e Mauritania, con Risoluzone n. 3292 chiese alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia di stabilire se il Sahara Occidentale all’epoca della colonizzazione spagnola del 1885 fosse “terra nullius” oppure sottoposta alla sovranità di Marocco e Mauritania.
Sulla base delle risultanze, ed in particolare dell’atto di proclamazione del protettorato spagnolo del “Rio de Oro”, nel quale Re Alfonso XII affermava di agire sulla base di accordi con i capi delle tribù sahrawi, la Corte stabilì, nel suo parere, che né si trattasse di “terra nullius” né sussistesse alcuna sovranità dei due paesi confinanti, e che quindi si sarebbe dovuto proseguire il processo di decolonizzazione per portare a compimento il diritto di autodeterminazione del popolo sahrawi.
Poi però, a seguito della Marcia Verde (nel 1975 migliaia di civili marocchini oltrepassarono simbolicamente il 27° parallelo dando inizio all’occupazione), nel 1976 la Spagna abbandonò il territorio, che fu diviso de facto tra Marocco e Mauritania in base agli accordi di Madrid.
Mentre la Mauritania ritirò le proprie forze d’occupazione e rinunciò alle proprie pretese in conformità al diritto internazionale nel 1979, il Marocco mantenne con la forza il proprio controllo di fatto sul Sahara Occidentale, utilizzando contro le forze del Fronte Polisario anche armi al fosforo bianco.
Nel 1991 l’ONU istituì la “Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale” ed ottenne il “cessate il fuoco” tra Marocco e Fronte Polisario, che si ritirò nel campo dei rifugiati di Tindouf (Algeria), dove stabilì la “Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi”.
Il Marocco eresse un muro lungo oltre 2000 km che ancora oggi divide, da nord a sud, il Sahara Occidentale occupato da quello “liberato”.
Nonostante l’occupazione militare marocchina di buona parte del paese, la Repubblica Sahrawi è riconosciuta ufficialmente da 82 stati, in particolare quasi tutti gli stati africani, la maggior parte degli stati latinoamericani e diversi stati asiatici.
L’unico stato europeo che ha concesso il proprio riconoscimento è l’Albania.
Inoltre la Repubblica Sahrawi è riconosciuta anche dall’Unione Africana, di cui è membro fondatore, e dalla Comunità Andina.
L’ONU, l’UE e tutte le altre principali organizzazioni internazionali, pur non riconoscendo la Repubblica Sahrawi, sostengono il diritto all’autodeterminazione del popolo sahrawi, e ritengono illegale l’occupazione militare marocchina negando la sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale.
La Lega Araba ha invece sostenuto per lungo tempo le pretese territoriali marocchine, ma più recentemente ha anch’essa riconosciuto il diritto all’autodeterminazione del popolo sahrawi.
A prescindere dal riconoscimento della Repubblica Sahrawi, comunque la stragrande maggioranza della comunità internazionale riconosce nel Fronte Polisario l’unico rappresentante legittimo del Sahara Occidentale, anche se solamente gli stati che riconoscono ufficialmente lo stato sahrawi gli attribuiscono lo status di “governo in esilio”.
Possiamo quindi concludere che il diritto all’autodeterminazione del Sahara Occidentale è espressamente sancito dal diritto internazionale e gode di ampio riconoscimento nella comunità internazionale.
Torniamo alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha annullato l’accordo commerciale.
Per le ragioni che abbiamo visto l’accordo in questione, nella misura in cui consentiva l’importazione illegale nel mercato comunitario di prodotti sahrawi, era contrario al diritto internazionale.
Per tale motivo la Corte di Giustizia ha deciso di annullare l’accordo, ma solo con riferimento alla sua applicazione nel territorio sahrawi, mentre esso continuerà ad essere valido ed efficace con riferimento al territorio marocchino.
La sentenza della Corte comunque non è definitiva, e può essere impugnata dalle parti soccombenti entro 2 mesi, e sembra proprio che la Commissione europea e il Consiglio dell’Unione Europea abbiano deciso di intraprendere la via del ricorso.
In ogni caso la pronuncia costituisce un passo importante nel processo di autodeterminazione del Sahara Occidentale, infatti la Corte ha ribadito che l’UE non riconosce al Marocco alcuna sovranità né che esista alcun mandato internazionale di amministrazione che possa giustificare l’illegale presenza marocchina nel “territorio non autonomo” sahrawi.
In rappresentanza del popolo sahrawi ha agito dinanzi alla Corte il Fronte Polisario.
Non era mai successo prima che tale movimento agisse in giudizio dinanzi ad un tribunale internazionale in rappresentanza del popolo del Sahara Occidentale e quindi alcuni dubitavano della sua legittimitazione ad agire .
La Corte di Giustizia, comunque, ha riconosciuto al Fronte di Liberazione Nazionale la personalità giuridica e la legittimazione ad impugnare l’accordo commerciale, argomentando in particolare, che tale organizzazione abbia subito, in quanto unico legittimo rappresentante del popolo sahrawi, un “pregiudizio individuale diretto”.
La Corte è arrivata a tale conclusione tenendo conto del ruolo di interlocutore che è riconosciuto ufficialmente al Fronte Polisario nell’ambito dei negoziati ONU per la determinazione dello status definitivo del Sahara Occidentale.
L’organizzazione sahrawi, che quindi è adesso ufficialmente legittimata ad impugnare qualsiasi accordo o atto che pregiudichi gli interessi ed i diritti del popolo sahrawi, ha già presentato alla stessa Corte altre due cause contro altri accordi commerciali UE-Marocco che consentono l’importazione illegale di prodotti sahrawi.
UN’IMPORTANTE VITTORIA PER IL FRONTE POLISARIO E PER LA CAUSA SAHRAWI
Il Fronte Polisario ha festeggiato e accolto con entusiasmo la decisione della Corte.
Il rappresentante del movimento a Bruxelles, Jamal Zakari, ha definito la sentenza come un “successo della giustizia”.
“Siamo pronti, anche da domani, ad aprire un nuovo capitolo e negoziare con il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri e con tutte le aziende interessate per trovare un terreno legale, in modo che possano lavorare legalmente, nel rispetto del diritto internazionale” ha dichiarato in conferenza stampa al Parlamento europeo.
Zakari ha aggiunto inoltre che la sentenza ridà “speranza” al popolo sahrawi, che aspetta da oltre 40 anni che il Marocco consenta il referendum per l’autodeterminazione, e ha poi criticato il permanente rifiuto del Governo di Rabat di riprendere i negoziati.
Sia Zakari, che Sara Eyckmans, coordinatrice Western Sahara Resource Watch, organizzazione che sostiene l’autodeterminazione del popolo sahrawi, hanno sottolineato in particolare come la sentenza della Corte abbia riconosciuto al Fronte Polisario il ruolo di “unico rappresentante legittimo” della popolazione sahrawi e quindi come esso sia l’unico “interlocutore valido” per tutti i negoziati che interessino il territorio sahrawi. “Questo pronunciamento della Corte Ue dimostra come né il Marocco né l’Ue hanno il diritto di sfruttare le risorse del Sahara Occidentale. Nessuno Stato al mondo riconosce le pretese marocchine, totalmente infondate, su quella terra. Se l’Ue vuole commerciare le merci che vengono dal Sahara Occidentale, ha bisogno di consultare prima la popolazione del territorio, non il Marocco” ha dichiarato la Eyckmans.
Il difensore del Fronte Polisario, Gilles Devers, ha minacciato battaglia in caso di ricorso da parte della Commissione e ha affermato di aver preso in considerazione la possibilità di chiedere compensazioni finanziarie all’UE per avere partecipato all’illegale annessione economica del territorio sahrawi. Inoltre l’avvocato ha respinto del tutto la possibilità di introdurre un sistema di etichettatura per i prodotti sahrawi commercializzati nell’UE similmente a quanto è stato previsto per i prodotti provenienti dai territori palestinesi occupati. “Sarebbe un modo per legalizzare il crimine” ha dichiarato.
ALGERIA E UNIONE AFRICANA ESPRIMONO SODDISFAZIONE
Si dicono soddisfatti dalla sentenza anche l’Algeria e l’Unione Africana.
Entrambi riconoscono ufficialmente la Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi come stato sovrano e sono da sempre in prima linea nel sostenere il processo di autodeterminazione del Sahara Occidentale.
L’Unione Africana, in particolare, ospita lo stato sahrawi tra i propri membri fondatori e per tale ragione il Marocco ha sempre rifiutato di entrarvi a far parte, rimanendo di fatto l’unico paese africano a non esserne membro.
Il Ministro degli Esteri algerino, Ramtane Lamamra, ha dichiarato che la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE “ha reso giustizia al popolo del Sahara Occidentale occupato”.
La Presidente dell’Unione Africana, Nkosazana Dlamini Zuma ha definito la pronuncia come “un passo importante negli sforzi della comunità internazionale per assicurare il rispetto dei diritti del popolo sahrawi“.
Il Governo di Algeri e l’Unione Africana si augurano che questa pronuncia giurisprudenziale possa costituire un promemoria per la Comunità Internazionale circa gli impegni presi in relazione all’autodeterminazione del Sahara Occidentale.
L’ONU INTENSIFICA I PROPRI SFORZI PER RIAVVIARE I NEGOZIATI
La sentenza della Corte di Giustizia interviene provvidenzialmente in un momento in cui l’ONU ha intensificato i propri sforzi per riavviare i negoziati (la Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale è stata istituita nel 1991, ma da allora tutti gli sforzi per trovare un accordo sono stati vani).
L’inviato personale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per il Sahara Occidentale, Christopher Ross, nel suo briefing presentato al Consiglio di Sicurezza, ha ribadito la necessità di impegnarsi rapidamente in negoziati diretti tra le due parti in conflitto, e anche lo stesso Segretario Generale Ban Ki-moon il 4 novembre scorso ha invitato gli stati della regione e l’intera comunità internazionale ad agire concretamente per facilitare l’avvio di veri negoziati che possano finalmente portare ad una soluzione definitiva della questione.
Inoltre il Segretario Generale si recherà personalmente nella regione il prossimo gennaio.
LA REAZIONE DEL GOVERNO DI RABAT
Chi non festeggia è certamente il Marocco, che ha in programma nuovi investimenti per un valore complessivo di 8 miliardi di Drihams (oltre 800 milioni di euro) per lo sfruttamento delle risorse del territorio sahrawi.
Lo scorso 6 Novembre, il Re del Marocco Mohammed VI in occasione delle celebrazioni del 40° anniversario dell’occupazione militare marocchina del Sahara Occidentale aveva dichiarato che il Regno marocchino avrebbe reagito a qualsiasi tentativo di mettere in discussione lo status giuridico del Sahara marocchino, affermando la sovranità del Marocco su tale territorio.
Probabilmente Mohammed VI intendeva in tal modo rispondere alle dichiarazione del 4 novembre del Segretario Generale Ban Ki-moon, e “ammonire” (a quanto pare invano) la Corte di Giustizia dell’UE, in vista della decisione del 10 dicembre.
La reazione del Governo marocchino alla sentenza, come annunciato dalle parole del sovrano, non si è fatta attendere.
Il Ministro della Comunicazione e portavoce del governo Mustafa Jalfi, la Vice-ministro degli Esteri Mbarka Bouaida e il Ministro degli Esteri Salahedin Mezouar innazitutto hanno definito la pronuncia come “di natura politica” e hanno poi dichiarato che il Marocco “si riserva il diritto di reagire in base a come evolverà la situazione per difendere la sovranità sul proprio territorio, nel nord come nel sud“. Inoltre hanno precisato che l’annullamento dell’accordo commerciale può “influenzare tutti i rapporti” tra Marocco e UE, inclusi tutti “i futuri accordi in fase di negoziazione“.
Mezouar, in occasione del Consiglio di Associazione UE-Marocco, che si è tenuto lunedì 14 dicembre, ha poi chiesto chiarimenti all’UE, circa la sua posizione relativamente alla pronuncia della Corte di Giustizia.
Il ministro ha poi espresso apprezzamento per la risposta dei ministri degli Esteri degli Stati membri che hanno deciso di impugnare la sentenza e di chiederne la sospensione dell’esecuzione, per garantire la piena certezza giuridica degli effetti dell’accordo agricolo con il Marocco.
In particolare il portavoce del ministero degli Esteri francese, Romain Nadal, ha espresso il sostegno della Francia (da sempre uno dei principali sostenitori della causa marocchina) alla scelta dell’impugnazione.
LA DIFFICILE POSIZIONE DELL’UE
Nei mesi scorsi l’Unione Europea aveva affermato il proprio sostegno agli sforzi ONU per trovare una soluzione alla questione del Sahara Occidentale.
L’estate scorsa in particolare, l’Alto Rappresentante dell’Unione, Federica Mogherini, interpellata al riguardo da un eurodeputato, aveva dichiarato che “il Sahara Occidentale è ancora considerato come un territorio non autonomo”, e quindi non sottoposto alla sovranità del Marocco.
Nonostante il sostegno dichiarato al processo di autodeterminazione del popolo sahrawi l’Unione Europea non è tra chi festeggia la sentenza e anzi si trova ad impugnarla.
Il fatto è che il Marocco è un partner commerciale molto importante per l’UE (il valore degli scambi commerciali UE-Marocco ha sfiorato i 30 miliardi di euro nel 2014), quindi dinanzi alle proteste del Governo marocchino le istituzioni comunitarie e i ministri degli esteri degli Stati membri si sono subito attivati per esaminare attentamente la pronuncia della Corte di Giustizia per prepararsi a procedere con il ricorso.
Questo è quanto Federica Mogherini ha dichiarato, rivolgendosi al Ministro degli Esteri marocchino Salahedin Mezouar, già nei primi incontri informali delle settimana scorsa.
La Mogherini ha poi sottolineato che l’Unione Europea non considera pregiudicati dalla sentenza gli accordi bilaterali UE-Marocco.
Certamente la posizione dell’UE può essere tacciata di incoerenza, ma a sua difesa si può ricordare che l’accordo in questione fu firmato nel marzo 2012 con l’intento di incoraggiare riforme democratiche in Marocco dopo la primavera araba del 2011.
Va però tenuto in considerazione che gli Stati Uniti (che pure furono sostenitori della “Marcia Verde” nel 1975) e altri stati ed organizzazioni internazionali (come per esempio l’EFTA), proprio per coerenza rispetto alla propria posizione di sostegno al processo di autodeterminazione del popolo sahrawi, prevedono espressamente l’esclusione del territorio del Sahara Occidentale dall’ambito di applicazione dei trattati commerciali con il Marocco. Sarebbe stato quindi più coerente che l’UE facesse lo stesso.
Ma la posizione dell’Unione Europea è condizionata anche dall’atteggiamento tradizionalmente pro-marocchino di un’importante stato membro come la Francia.
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