Se vi sentite perseguitati dalle note di “Jingle bells”, se al pensiero di quella infinità di regali ancora da acquistare vi fate più bianchi della neve che vi ha bloccato la porta di casa, se la scelta fra un panettone tradizionale e uno senza canditi vi sfinisce più del calcetto con gli amici, se vi sentite storditi da tutto quel luccichio e quell’ostentata abbondanza che è il Natale, allora non vi resta che aggrapparvi alla semplicità e all’austerità delle pagine di buon libro.
Canto di Natale, Charles Dickens.
“ Non c’era vento più aspro di lui, non c’era neve che cadesse più fitta, non c’era pioggia più inesorabile. Il cattivo tempo non sapeva da che parte pigliarlo. L’acquazzone, la neve, la grandine, il nevischio, per un sol verso si potevano vantare di essere da più di lui: più di una volta si spargevano con larghezza: Scrooge no, mai.”
Non c’è Natale senza quell’ingenuo e seducente senso di speranza che ci convince, almeno per poche ore, dell’intrinseca bontà di tutte le cose. Quale migliore medicina di Canto di Natale (A Christmas Carol) per cedere completamente a questo infantile miraggio e scrollarsi di dosso quella grigia misantropia accumulata durante l’anno? Scritto nella prima metà dell’Ottocento, questo breve racconto narra la conversione del vecchio e avaro Ebenezer Scrooge, uomo arido e scontroso, dedito esclusivamente all’accumulo di denaro e al successo negli affari. Ma la visita del fantasma del socio Jacob Marley, morto sette anni prima, e dei tre fantasmi del Natale, lo indurranno a riflettere sulla sterilità della sua cupidigia e del suo amor proprio. E magari alla fine del racconto vi sentirete anche voi, come Scrooge, leggeri come una piuma e storditi come ubriachi da quel nuovo e inaspettato sentimento di umanità che avete scorto in voi.
Orgoglio e pregiudizio, Jane Austen.
“Ti diverti a torturarmi! Non hai proprio pietà dei miei poveri nervi…”
“Ti sbagli di grosso, cara. Ho il massimo rispetto per i tuoi nervi. Sono mie vecchie e care conoscenze. Sono per lo meno vent’anni che te li sento nominare.”
Se la vostra più grande insidia è costituita dai pranzi e dai cenoni natalizi, o meglio, dalle persone con cui vi trovate a lottare per l’ultimo cosciotto di pollo arrostito, non vi resta che fare un bel respiro e aprire una copia di Orgoglio e pregiudizio. Per la giovane e vivace Elizabeth Bennet, il più grande intralcio alla sua felicità sembra essere costituito proprio dai suoi familiari e in particolar modo dalla sua sguaiata e piagnucolosa madre. Non sembra mancare occasione in cui la sua famiglia non si renda sgradita e inopportuna di fronte alla raffinata e sprezzante società aristocratica di inizio Ottocento, trascinando nel ridicolo anche l’intelligente protagonista. Nonostante l’imbarazzante parentela, Elizabeth riuscirà ad accaparrarsi il miglior partito del Derbyshire, l’affascinante e ricchissimo Mr.Darcy. Magari a voi non toccherà la stessa felice sorte della protagonista, ma forse questo romanzo vi aiuterà a digerire meglio le seccanti e maliziose domande di una vecchia prozia (di cui non ricordate nemmeno il nome) circa la vostra poco animata vita sentimentale, oltre a costituire un ottimo digestivo per il cappone ripieno, rigorosamente accompagnato da mostarda di Cremona, di vostra nonna.
Il giovane Holden, J.D. Salinger.
“Ad ogni modo, mi immagino sempre tutti questi ragazzi che fanno una partita in quell’immenso campo di segale eccetera eccetera. Migliaia di ragazzini, e intorno non c’è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E io sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo fare altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere nel dirupo, voglio dire, se corrono senza guardare dove vanno, io devo saltar fuori da qualche posto e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l’acchiappatore nella segale e via dicendo. So che è una pazzia, ma è l’unica cosa che mi piacerebbe veramente fare. Lo so che è una pazzia.”
Se il solo pensare a Canto di Natale di Dickens fa innalzare vertiginosamente il vostro picco glicemico, allora è vivamente consigliata (nei giorni immediatamente precedenti le festività natalizie) l’assunzione di qualche pagina de “Il giovane Holden” di Salinger. Ambientato proprio nelle settimane antecedenti il Natale nella New York di fine anni Quaranta, questo romanzo sarà in grado di scioccarvi per la sua crudezza e per il linguaggio rozzo e scurrile adottato dal sedicenne Holden Caulfield, fresco di espulsione dalla prestigiosa Pencey, scuola di preparazione al college alla quale è stato iscritto dai genitori. Tirati per il colletto della vostra nuova camicia (regalo di mamma s’intende), vi troverete piacevolmente in balia dei pensieri così bambinescamente maturi del giovane protagonista e dei suoi vagabondaggi, che hanno già il sapore della cinica disillusione degli adulti. Attenzione a non dimenticarvi del tacchino appena infornato!
Melissa Aglietti
Comments