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Rigoletto? Praticamente un travaglio

Caricatura intitolata “Lettura degli accomodi”, riferendosi agli “aggiustamenti” che Verdi era costretto ad apportare alle proprie opere.

Di solito, quando si parla di quest’opera, si dice semplicemente che è stata commissionata a Verdi, che è stata rappresentata per la prima volta alla Fenice di Venezia e bon, finita lì. In realtà la questione è molto più complessa.
Partiamo dall’inizio: Rigoletto non è un’idea originale, è tratto da una commedia di Victor Hugo intitolata Le Roi s’amuse (Il Re si diverte), quindi nelle intenzioni di Verdi e di Piave (il librettista) si trattava “semplicemente” di elaborare una trasposizione del testo teatrale. Non andò così.
Primo problema. Il Re chi è? Francesco I, il Re libertino? Eh, mica si può mettere alla berlina un Re! Se proprio s’ha da fare, meglio un nobile (tanto all’epoca erano più o meno tutti accomunati dagli stessi vizi). Quindi si incominciò a cercare la location dove ambientare il dramma, e qui non va bene perché si capisce che è lui, qua nemmeno, li neanche, alla fine si arrivò alla corte di Mantova, dove nessuno protestò per l’ambientazione. Quindi immaginate quale stravolgimento possa aver causato un mutamento di questo tipo: passare da Re a Duca e da Parigi a Mantova!
Secondo problema. Nell’originale francese il gobbo si chiama Triboulet, e il buon Piave l’ha tradotto in Triboletto. Ma così non andava bene, perché sembrava che il protagonista avesse dei triboli… e che la fonte di questi triboli fosse il Re! Perciò Verdi e Piave furono caldamente invitati a scegliere un altro nome, e loro proposero Rigoletto (dal francese rigoler, “ridacchiare”).
Terzo problema. Ma perché bisogna offendere la vista degli spettatori con un protagonista gobbo, brutto, deforme? La censura voleva addirittura che la gobba sparisse. Però a questo punto Verdì pestò i piedi e riuscì ad ottenere che la gobba rimanesse, essendo una caratteristica estremamente importante per la psicologia del personaggio. Però gli altri due cambiamenti rimasero e, quando si trattò di mandare in scena l’opera, ci andò così come noi la conosciamo, perché comunque dietro le quinte era presente Verdi, che non avrebbe mai consentito il minimo cambiamento in ciò che lui aveva scritto. Il problema è che Verdi non poteva essere ovunque, mentre l’opera veniva messa in scena in tutta Italia! E naturalmente succedeva di tutto e di più.
Alcuni dovevano pensarla come i rappresentanti della censura circa la gobba, e difatti in alcune rappresentazioni Rigoletto divenne dritto. A volte si andò a modificare addirittura il testo del libretto: all’inizio del primo atto, riferendosi al Duca, Rigoletto dice “Così non è sempre? Che nuove scoperte! Il giuoco ed il vino, le feste, la danza, battaglie, conviti ben tutto gli sta”. Tuttavia, in originale il senso della frase era ben diverso! Infatti veniva detto “Il giuoco ed il vino, le feste, la danza, baldracche, conviti ben tutto gli sta”. Forse qualcuno ha voluto dare una connotazione più “guerresca” al Duca, nobilitandolo un po’. C’è stato un altro intervento sul testo, ben più famoso di questo, nel terzo atto, subito prima della famosa aria La donna è mobile. Nella scena abbiamo il Duca di Mantova, Sparafucile, l’oste/sicario, e Rigoletto, nascosto con la figlia in un angolo, che ha portato con sé Gilda per mostrarle che vita dissoluta conduca il Duca, di cui è innamorata.

Duca (rivolto a Sparafucile): “Due cose, e tosto”
Sparafucile: “Quali?”
D: “Una stanza e del vino”
Rigoletto (a Gilda): “Questi sono i suoi costumi!”

Ora… immagino che tutti voi sarete stati in albergo, e che molti di voi abbiano detto al portiere: “Una stanza… ah e più tardi mi mandi su una bottiglia di vino, per piacere”. E immaginate che in quel momento spuntasse una persona a caso che vi guardasse come dire “Ma non ti vergogni sporcaccione?!?”. Non ha alcun senso! E non ce l’ha perché in origine il Duca non diceva “Una stanza e del vino” ma “Tua sorella e del vino”! E qui ci sta “questi sono i suoi costumi!”. Alcuni addirittura hanno ritenuto che non fosse esattamente casto che il Duca insidiasse la moglie del Conte di Ceprano, così hanno optato per cambiare il personaggio e trasformarlo nella sorella nubile (!!!) di Ceprano. Allo stesso modo, qualche vescovo deve aver pensato che non fosse edificante che Gilda dicesse che durante “tutte le feste al tempio, mentre pregava Iddio” andava a cercare qualche bel ragazzo, difatti in alcune rappresentazioni Gilda diceva “tutte le feste al parco“. Non so voi, ma io al parco ho visto di tutto, ma mai uno che pregava Iddio!
E, per finire, la ciliegina sulla torta. A qualche impresario dev’essere parso troppo triste che la povera figlia di Rigoletto dovesse morire. Quindi cosa è successo? È successo che dopo che Gilda s’è presa una spadata da Sparafucile, un bestione grosso quanto un armadio a due ante, dopo che Rigoletto ha pianto per gli ultimi dieci minuti d’opera, Gilda… torna in vita. E Rigoletto, invece che concludere con “Ah, la maledizione!” se ne esce con “Ah, la clemenza del ciel!”.

Luca Fialdini
luca.fialdini@uninfonews.it

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