Oltre dieci minuti di applausi e il conferimento dell’Ordine del Sol Levante. Così si è conclusa per il M° Riccardo Muti domenica 3 luglio la ventesima edizione del concerto “Le vie dell’amicizia”, quest’anno dedicato ai 150 anni dei rapporti diplomatici tra Italia e Giappone, difatti la compagine orchestrale era composta dall’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini di Ravenna e dalla Tokio-Harusai Festival Orchestra. Per triste coincidenza, giapponesi e italiane sono state la maggior parte delle vittime dell’attentato terroristico di Dacca, cui il Maestro ha dedicato il concerto.
Poco prima dell’inizio, il Maestro ha preso la parola ricordando l’evento; non appena ha citato le vittime il pubblico che ha gremito il Palazzo de André si è immediatamente alzato in piedi. Dopo una intensa ma concisa riflessione da parte del M° Muti, che ha voluto sottolineare ancora una volta il vero valore della cultura, cioè di apertura verso gli altri popoli, dialogo e collaborazione, si è osservato un minuto di silenzio per onorare le vittime (e non solo le nostre) che è sfociato nell’esecuzione degli inni nazionali giapponese e italiano, dopodiché è iniziato il concerto vero e proprio.
In un’atmosfera già carica di emotività la Sinfonia del Nabucco di Giuseppe Verdi ha segnato l’inizio perfetto, con quel maestoso e dolente corale degli ottoni in apertura, seguito dal ritmo concitato che anticipa il coro Il maledetto non ha fratelli. È in fine con grande tensione e vigore che il Maestro ha poi imbrigliato l’orchestra nel pirotecnico finale della Sinfonia, che però non sono mai andate a discapito di una splendida musicalità. Già con questo primo brano si è colta con chiarezza una particolarità che ha caratterizzato l’intero concerto: l’interpretazione, rispetto alle sue precedenti esecuzioni, è leggermente mutata, ci sono state alcune accortezze – piccole ma efficaci – che però dimostrano chiaramente come il M° Riccardo Muti sia continuamente impegnato nello studio delle partiture, nonostante le esegua da molti anni (alcune, come il Nabucco, dall’inizio della sua carriera) e le conosca a menadito. Inoltre grazie a questo suo profondo studio, il Maestro è stato in grado di cavare dall’orchestra un suono molto interessante, di concezione assai moderna che mi ha immediatamente riportato alla mente le sue esecuzioni di questi ultimi anni, in particolare quelle con Chicago Symphony Orchestra. Che sia di lezione per chi sostiene che “siccome si è sempre fatto così, si continui così” sia la strada corretta da percorrere: bisogna essere sempre umili di fronte alla partitura. Questa umiltà e questo continuo studio testimoniano perfettamente l’amore del Maestro per la musica e per il proprio mestiere. Molto sentita e parimenti emozionante l’esecuzione del coro d’introduzione Gli arredi festivi, ancora una volta dal Nabucco. Travolgente nell’inizio, accorato e sommesso nella lunga esposizione del coro, questa esecuzione del celeberrimo coro ha fatto storcere il naso a qualcuno perché nella parte finale (per intenderci dove il coro ha le sincopi) non è stata eseguita alcuna stretta – come da tradizione – ma al contrario il M° Muti ha mantenuto sempre lo stesso tempo, come Verdi ha scritto. A parte il fatto che non ho mai sentito Muti eseguire questo coro con la stretta (possibilissimo che l’abbia fatto ma non ne ho notizia), ma trovo che se la parte finale viene eseguita in questo modo si renda meglio l’idea che voleva comunicare Verdi, una maestosità dolente, un pianto sincero ma contenuto.
Dopo lo sfolgorante inizio è stato il momento dell’aria e cabaletta Mentre gonfiarsi l’anima… Oltre quel limite dall’Attila interpretati dal potente basso Ildar Abdrazakov, che ha già interpretato l’opera verdiana sotto la direzione di Muti. L’esecuzione è stata certamente di ottima qualità e il M° Abdrazakov ha confermato una volta di più il suo alto valore, tuttavia non ha brillato in modo particolare.
È stata invece straordinaria l’esecuzione delle Ballabili dell’Atto III del Macbeth. Questa pagina di Verdi, che non sempre si sente quando a teatro viene allestita tutta l’opera, è molto cara al M° Muti e domenica ha veramente dato il meglio di sé, incitando l’orchestra, spingendola al massimo, e questa ha risposto con un suono possente, incisivo e tetro. La musicalità di questo brano è veramente notevole e il Maestro ha saputo interpretarla al meglio e ponendo mille accortezze, come l’effettistico crescendo nel fraseggio degli ottoni nella parte iniziale, curando in modo maniacale il solo di fagotto e violoncello che espone il tema di Ecate, accentuando le asperità ritmiche e armoniche del finale che richiama molto la Sinfonia fantastica di Hector Berlioz. Un suono crudo, che ben si confà a un dramma cupo e brutale come quello tratto dall’omonima tragedia di Shakespeare, e che ha preparato lo spettatore al successivo punto del programma, la celeberrima Sinfonia della Forza del destino.
Questo brano è ormai un classico del repertorio di Riccardo Muti e l’esecuzione non ha minimamente tradito le aspettative, come già si poteva intuire dal piglio del Maestro nell’attacco di sei note ribattute. Anche in questo caso si è percepito perfettamente il profondo studio della partitura, in particolare l’accortezza posta nel fraseggio degli archi – come nel contrasto tra corale degli ottoni e voli degli archi – e nei “soli” riservati ai legni, che in questa Sinfonia ricorrono così spesso. A terminare in modo glorioso questa prima parte verdiana del concerto il coro Gerusalem! Gerusalem! dai Lombardi alla prima Crociata.
Durante l’intervallo, sul palco di Palazzo de André sono arrivati il sovrintendente del festival Antonio De Rosa, il sindaco di Ravenna Michele de Pascale e l’ambasciatore giapponese Kazuyoshi Umemoto, giunto appositamente a Ravenna da Roma per insignire il M° Muti dell’Ordine del Sol Levante, medaglia d’oro e argento di II classe, la più alta onorificenza giapponese. Questo importante riconoscimento, oltre a irrobustire ancora di più gli ormai secolari legami tra Italia e Giappone, è anche un ringraziamento da parte della Nazione orientale per l’instancabile attività che ha portato il M° Muti a oltre 150 esecuzioni in Giappone.
Dopo il breve intervallo, il concerto si è avviato verso la conclusione con la seconda parte, occupata interamente dallo strepitoso Prologo dal Mefistofele di Arrigo Boito. Per questa esecuzione, il Maestro si è avvalso dell’intera compagine orchestrale e corale a sua disposizione: centodieci orchestrali, inclusa la banda di 17 ottoni e una grancassa, e centoquaranta coristi, forniti dal Coro del Teatro Petruzzelli di Bar, dal Coro del Friuli Venezia Giulia e dal Coro di voci bianche dell’Accademia del Teatro alla Scala di Milano, mentre Mefistofele è stato interpretato da Ildar Abdrazakov. Se l’esecuzione dell’aria e cabaletta dall’Attila non mi ha totalmente convinto, posso affermare con sicurezza che Abdrazakov come Mefistofele è a dir poco eccellente, sembra un ruolo scritto appositamente per lui e la sua bella vocalità: agile, ironico, pungente, ha interpretato l’affascinante personaggio con grazia e con una voce sorprendentemente leggera, senza mai sforzare (come invece fanno molti bassi). Questa seconda parte ha costituito l’acme della serata, sia per l’impatto emotivo – nessuno può resistere all’Ave Signor finale! – sia per l’altissima qualità dell’esecuzione, tanto nelle parti piene di “baccano” quanto in quelle più fini, è il caso del coro dei Cherubini, magnificamente interpretato dalle voci bianche scaligere e cesellato dal M° Muti con la stessa finezza di un artista orafo. Inoltre il Maestro è stato molto bravo ad assolvere un compito assai difficile: rimanere in bilico tra uno stile operistico-sinfonico (“alla wagner”, per semplificare) e uno spiccatamente operistico, quasi verdiano. Le due anime dell’opera di Boito. Spero che questo straordinario successo e l’eccellente riuscita dell’esecuzione, unita all’altrettanto grandiosa performance di Abdrazakov, spingano il M° Muti a progettare un allestimento dell’intero Mefistofele. Sarebbe a dir poco un avvenimento!
Per chiunque si sia perso il concerto dal vivo o nella diretta radiofonica, ho una buona notizia: verrà trasmesso da Rai 1 il 6 agosto. Non perdetelo!
Photocredit: Silvia Lelli
Luca Fialdini
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