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Recensione di This is England

Recensione di This is England

Presentato in concorso alla prima edizione del Cinema. Festa Internazionale di Roma, nel 2006, This is England è il sesto lungometraggio realizzato dall’inglese Shane Meadows; il film, passato quasi inosservato in italia complice anche il pessimo periodo in cui è stato distribuito (fine agosto), è un importante affresco dell’Inghilterra degli anni ’80, quando le persone andavano dietro alle proteste contro la guerra delle Falkland e quando per le strade di Londra e della periferia c’erano gli Skinhead, le Skingirl, i New Romantic e tanti altri gruppi. Meadows prende così un frammento della storia recente del suo paese e vi inserisce Shaun, un normale adolescente, che sarà il mezzo attraverso il quale l’autore della pellicola muove la sua critica nei confronti di una società capace di distruggere un’intera generazione, lontana dai bisogni del proprio popolo e spinta da un orgoglio patriottico utile quanto può esserlo un solo fiammifero contro una gigantesca lastra di ghiaccio. Se siete curiosi di sapere cosa Uninfonews.it pensa di questa pellicola vi invitiamo a continuare la lettura dell’articolo.

Il dodicenne Shaun, cresciuto solo con la madre dopo la morte del padre nella guerra delle Falkland, vive un’esistenza difficile. Deriso da tutti i suoi compagni di scuola, per l’atteggiamento ed il modo di vestirsi, il giovane si unirà ad un gruppo di Skinhead, conosciuti durante le vacanze estive, capitanati da un capo carismatico e violento, il quale vedendo nel giovane Shaun se stesso da adolescente, lo prenderà sotto la sua protezione. In un modo o nell’altro questo gruppo insegnerà al ragazzino i valori dell’amicizia ed il rispetto, l’amore per la patria seguito da un forte sentimento xenofobo e razzista. Tutto questo accade nel 1983 un anno dopo l’inizio della guerra in argentina voluta fortemente dal primo ministro inglese Margaret Thatcher.

C’è un forte sentimento d’amore e sofferenza che persiste in tutta la durata del film rivolto, come ben possiamo intuire, alla terra natale del regista: l’Inghilterra. Lo capiamo fin da subito, dalle immagini di repertorio prese dagli archivi televisivi e inserite (non a caso) all’inizio ed alla fine del lungometraggio. Se qualcuno vedesse in esse solo un uso legato unicamente a contestualizzare la storia farebbe un grossissimo errore, poiché sono proprio quelle riprese quasi di natura documentaristica, accompagnate dalla musica rock di quegli anni, a dipingere e mettere in chiaro immediatamente i toni, il sentimento e la rabbia rivolta alle istituzioni dell’epoca. Meadows prende una parte ben chiara, si schiera politicamente in un determinato modo e condanna, attraverso il giovane Shaun (ben interpretato da Thomas Turgoose), attraverso il suo gruppo di amici, ogni decisione presa inutilmente dal governo inglese e non si risparmia in alcun modo nel mettere in luce una periferia lontana anni luce da come la immaginiamo noi adesso, prendendo tutto il marcio, la rabbia e la sofferenza delle strade dei paesi attorno alle grandi città riversandole in una pellicola che mostra il suo valore proprio attraverso la storia ed i suoi personaggi. Da una parte abbiamo infatti Shaun, il cui padre è stato ucciso in guerra, ragazzino emarginato, triste e solo che stringerà amicizia con un piccolo gruppo di Skinhead del luogo e inizierà a fare le prime esperienze di vita. Conoscerà il suo primo amore, il rispetto ed i legami che possono nascere tra le persone; il suo ingresso nel gruppo appare come una vera e propria iniziazione, un passo decisivo per entrare definitivamente nell’adolescenza e maturare. Dall’altro lato della medaglia abbiamo l’aspetto meno ingenuo, più reazionario e ribelle incarnato da Combo, che ben presto diventerà il vero capo del gruppo (scansando e allontanando alcuni dei suoi vecchi componenti) mosso principalmente da idee razziste e xenofobe, criticando ogni atto compiuto dalla politica inglese. E’ senza dubbio un personaggio interessante quello realizzato dal regista (qui anche sceneggiatore) che si fa simbolo non solo del male, ma anche di tutte quelle persone che capiscono di aver fatto delle scelte precise solo ed unicamente perché provavano dentro di se una grande rabbia per aver perso tutto o per non aver mai avuto nulla. Non è un caso che nell’ultima sequenza, che non vi sveleremo per ovvi motivi, il personaggio interpretato in maniera più che convincente ( si potrebbe dire ottima) da Stephen Graham, faccia esplodere tutta la sua furia o frustrazione nel sentire la fortuna che gli altri suoi coetanei hanno avuto nella loro vita: famiglia, un buon padre, una buona madre, un posto sicuro chiamato casa ed un’esistenza serena. Toccante, per di più, il momento in cui Combo capisce di essere, alla fine, solo un anima persa, distrutta e ormai non più riparabile figlio di una società che ha tirato fuori il peggio dalle persone.

Il film di tanto in tanto si prende qualche lungaggine di troppo, specialmente nella seconda parte, ma nel complesso riesce nell’impresa di trattenere lo spettatore per tutta la sua durata anche se rimane una pellicola molto lenta ritmicamente e destinata a portare, chi la guarda, a riflettere su quanto rappresentato e accaduto realmente. Come in Hunger lo spettro della Thatcher appare anche in quest’opera solo attraverso la radio, così che la sua voce possa essere ascoltata ancora una volta da tutti noi e possa essere messa in contrasto con quello che il regista ha realizzato. Buone le musiche, curate da Ludovico Einaudi e amalgamate a brani dell’epoca. Altrettanto convincente la fotografia, sempre fredda e principalmente orientata sul grigio, dando quel qualcosa in più esteticamente al film.

This is England (in italiano: Questa è l’Inghilterra) è un valido film, degno di essere visto da chiunque abbia un po’ di tempo per immergersi nella storia di Shaun e di Combo, tanto lontani e distanti quando vicini e simili; un film che denuncia e dipinge un’Inghilterra diversa (ma non più di tanto, a dire il vero!) da quella che oggi noi immaginiamo, divisa tra le rivolte interne e la guerra oltre oceano, tra popolo e governo. Una nazione di gente, di giovani perduti e piena di una forte rabbia repressa. Meadows è bravo nel realizzare un lungometraggio capace di inserire denuncia e speranza ed è evidente l’amore che prova per la propria terra, perché, proprio come detto all’inizio dell’articolo, This is England è un testamento d’amore e dolore, uno schiaffo rivolto agli inglesi e a tutta l’umanità affinché ancora una volta noi si possa capire gli errori che l’uomo commette, molte volte nascosti o troppo piccoli per essere visti, come per il giovane Shaun, il quale getta alla fine del film la bandiera Inglese con la croce di San Giorgio, regalatagli da Combo, in mare, quasi che questo preciso atto rappresenti un’altra iniziazione, non più legata ad un determinato gruppo di persone, ma all’età adulta.

Claudio Fedele

 

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