Recensione di Sinister
Al suo quarto lungometraggio, dopo L’esorcismo di Emily Rose e Ultimatum alla Terra, Scott Derrickson sembra aver raggiunto una maturità invidiabile nel saper realizzare un horror di genere. Conscio di possedere un budget limitato, il regista è riuscito a tirar fuori una storia tanto semplice quanto geniale sia a livello di sceneggiatura che nella messa in scena, complice anche un’ottima fotografia. Sinister, di fatto, è un horror, ma in esso è possibile trovarvi anche delle sfumature thriller che portano lo spettatore a fare una analisi attenta dei fatti e dei tanti omicidi commessi di cui si occupa il protagonista; al contempo, tuttavia, l’elemento soprannaturale e le sequenze non prive di suspance e capaci di farci paura ci ricordano che quel che stiamo guardando ha comunque l’intenzione di metterci angoscia e farci saltare subito dalla sedia. Eppure, pochi sono i momenti di vero terrore mentre quasi tutto il film si basa nel mettere in scena un climax di ansia e tensione che in novanta minuti abbondanti non scema mai né cade nel banale, portando chi lo guarda ad un finale tanto ben orchestrato quanto brutale nel modo in cui viene girato.
Derrickson si è indubbiamente divertito a girare questo film, lo possiamo capire dalle tante inquadrature o ad esempio dal voler in continuazione citare altre pellicole del genere; ci sono anche vari omaggi a Stephen King ed alle sue opere a cominciare dal protagonista stesso che per certi aspetti rimanda a molti dei personaggi usciti fuori dalla penna del maestro del brivido. Sempre presente in ogni inquadratura e convincente per tutta la durata del film rimane Ethan Hawke, già immischiato recentemente ne La Notte del Giudizio, altro horror di buona fattura, che sa essere convincente in ogni momento e trasmette le giuste sensazioni di paura o tensione ogni qual volta gli viene richiesto.
Sinister è indubbiamente uno dei migliori film degli ultimi anni nel suo genere e non, un opera che gioca sempre a volersi mostrare un po’ thriller e un po’ horror e che riesce ad unire in modo intelligente questi due generi senza eccedere né strafare nell’uno o nell’altro. Un lavoro che per certi aspetti ricorda Shining nel voler inscenare