Recensione di Un Poliziotto da Happy Hour
Connemara, Irlanda. Gerry Boyle è un poliziotto assai particolare, che passa il proprio tempo libero con delle escort, a farsi di droga oppure facendo visita alla propria madre malata. Non nasconde mai a nessuno il suo humour di cattivo gusto ed i suoi modi talvolta tutt’altro che garbati. Rimane, tuttavia, un bravo poliziotto e quando dall’America viene inviato a Galway un agente della FBI, Wendell Everet, per far luce su un traffico di droga, sarà proprio il singolare sergente irlandese ad aiutare quest’ultimo e cercare di far chiarezza sul caso, per smascherare i colpevoli e compiere il suo dovere.
A fare da spalla a Brendan Gleeson, ottimo nelle vesti del personaggio principale della storia e detto tra noi sembrerebbe proprio che si sia divertito un mondo a fare questa interpretazioni, ci sono il già nominato Don Cheadle (Iron man 2; Hotel Rwanda), Liam Cunnigham (che continua dopo The Hunger e Il vento che accarezza l’erba la sua collaborazioni con produzioni irlandesi, terra natale dell’attore) e Mark Strong (Sherlock Holmes; Kick-Ass) nelle vesti di un comune narcotrafficante inglese, particolare di una certa importanza dato che la storia gioca tutta sulla diversità etnica dei personaggi. La colonna sonora viene imbastita in alcune sequenze con alcune melodie e ballate irlandesi godibili ed apprezzabili in sottofondo, più tracce audio che fanno l’occhiolino ai film western di Leone.
Un Poliziotto da Happy Hour è un Noir/Thriller, con delle sfumature da commedia politicamente scorretta, ben riuscito, un esperimento che ci sentiamo di promuovere realizzato in salsa puramente irlandese, che offre un ora e mezzo di svago e apre la porta a tutti noi a quell’Irlanda che forse, si spera di no, oggi potrebbe non esistere più. Il Gerry Boyle di Gleeson è come un vecchio pistolero, un cavaliere di altri tempi protettore di un’antica terra, nonché uomo dai gusti e dalle scelte alquanto discutibili, ma spinto da un innegabile senso del dovere e della giustizia. Pieno di quell’ironia un po’ anglosassone a cui siamo già da tempo abituati e grazie ad una sceneggiatura che non cerca di sottolineare la monotonia di una storia vista e rivista, ma che evidenzia le stranezze dei personaggi messi sulla scena, la pellicola riesce nel compito di non prendersi tanto sul serio e intrattenere genuinamente lo spettatore tra un sorriso ed un buon bicchiere di birra al pub.
Nota a Margine: Come per altri titoli, anche questo lungometraggio è vittima di pessima traduzione in italiano; con il titolo “Un poliziotto da Happy Hour” si è voluto far credere agli spettatori che il film fosse una sorta di commedia spensierata, forse simile ad un cine-panettone in salsa celtica. Niente di più sbagliato e condanniamo sia la scelta del titolo, che quella della locandina. Per chi ne ha l’occasione si consiglia di vedere il film in lingua originale e con l’ausilio dei sottotitoli dato che molto degli accenti e delle battute si sono perse nel doppiaggio.
Claudio Fedele