Recensione di Magic Mike
Florida. Mike, di giorno, è un giovane imprenditore che cerca di aprire una propria attività sfruttando il suo talento nel creare mobili da oggetti rotti; Di notte si trasforma nello stripper più idolatrato dalle ragazze di un trasgressivo club della città. E’ un mondo fatto solo ed esclusivamente di eccessi, sesso e soldi facili nel quale il talentuoso spogliarellista introduce anche il giovane Adam conosciuto un giorno sul lavoro, fratello di Brooke, una giovane che detesta quello stile di vita e della quale Mike si innamora.
Magic Mike è senza dubbio un film destinato, per una specifica fetta di pubblico a diventare un vero e proprio cult o forse una sorta di resa dei conti per quanto riguarda il nudo ed il sesso che il cinema offre agli spettatori. Soderbergh gira una pellicola in cui chiede a Tatum di non essere solo un bel corpo in movimento che balla e flirta con le ragazzine sotto il palco del locale per far soldi e l’attore, dall’altra parte, risponde con una buona interpretazione dove, strano ma vero, è proprio il suo personaggio ad andare oltre la superficie e a non mostrarsi unicamente come una scultura michelangiolesca.
Magic Mike vorrebbe essere una pellicola che mette in mostra ciò che un uomo o per precisare un ragazzo, è disposto a fare di questi tempi per vivere, diventando così una sorta di biografia, ed allo stesso tempo vorrebbe dipingere (e forse denunciare, chissà?) un quadro drammatico di un’America che punta tutto sul denaro e la ricchezza ( unita alla fortuna) condita da una falsa moralità ed un’etica priva di valori. Il film però si perde un po’ troppo su se stesso e si dimentica che non tutto il pubblico (maschile, femminile, eterosessuale, omosessuale, bisessuale etc…) potrebbe (apprezzare o) perdersi nell’avvinghiarsi dei corpi dei protagonisti, i quali non mostrano alcun tipo di carisma e introspezione psicologica ed il tutto strizza l’occhio al più classico degli stereotipi adottati nel girare questo tipo di storie pseudo melodrammatiche. L’unica cosa veramente convincente è Matthew McConaughey che attira su di se, proprio come nel numero finale dello show, l’attenzione di tutti e mostra a noi spettatori di essere un attore che persino laddove il talento non viene richiesto a dosi massicce, lui vada oltre e convinca, donando al suo personaggio un’ambiguità concreta che rimane l’unica cosa interessante della pellicola. Il resto è tutto fin troppo già visto, Soderbergh si adagia sugli allori e gira un lungometraggio che punta tutto sulla forma e non sui contenuti a volte scadendo in una superficialità esasperante e gratuita. Peccato.
Claudio Fedele