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Recensione di Hunger Games – La Ragazza di Fuoco

Recensione di Hunger Games – La Ragazza di Fuoco

Quando nel 2012 uscì nelle sale Americane Hunger Games pochi avrebbero puntato su questo titolo, ancora meno erano coloro che immaginavo il successo imminente a livello popolare e commerciale del prodotto; pochi giorni dopo esser stato messo nei cinema i risultati al botteghino tuttavia furono molto chiari, tanto da far mettere subito in cantiere l’ipotesi di produrre il seguito: Hunger Games – La Ragazza di Fuoco. Due anni ci son voluti per portare ad un risultato concreto, per la gioia degli ormai numerosissimi fan, questa iniziativa e la distanza tra le due pellicole ha senza dubbio giovato al franchising che in poco tempo è riuscito a etichettarsi come un vero fenomeno di massa, graziato anche dalla sempre maggiore popolarità di miss J. Lawrence beniamina ormai di numerosissime ragazze che vedono in lei un’attrice (o meglio ancora una diva) molto meno tradizionale e più umana. Il primo film tratto dalla trilogia scritta da Suzanne Collins si era rivelato essere, per la regia di Gary Ross, un buon prodotto di intrattenimento, condito da una soddisfacente trama (anche se non del tutto originale e dunque inedita al mondo intero ma piuttosto una riproposizione a stampo occidentale dell’opera di Koushun Takami) capace però di far stare incollati allo schermo sia giovani che adulti con una morale di fondo in un qualche modo “giusta ed educativa”. Oggi, quello che abbiamo tra le mani e che ci apprestiamo a recensire potrebbe essere la conferma di quanto si è visto in passato o la dimostrazione che il primo film, dei quattro blockbuster previsti, fosse solo un esperimento casualmente ben riuscito. Cosa aspettarci dunque da questa Ragazza di Fuoco? Continuate a leggere l’articolo per scoprire cosa ne pensiamo!

Contro ogni previsione Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence) e Peeta Mellark (Josh Hutcherson) sono sopravvissuti agli Hunger Games. La vittoria li porta però nuovamente via da casa per un Tour dei Vincitori attraverso tutti i distretti. Lungo il viaggio, Katniss avverte una ribellione crescente, che forse proprio lei e Peeta involontariamente potrebbero aver fatto nascere. Al termine del Tour, il Presidente Snow (Donald Sutherland) annuncia la 75’ edizione degli Hunger Games, un evento che potrebbe cambiare Panem ed i 12 Distretti per sempre.

Catching Fire, seguito diretto del primo Hunger Games appare fin da subito molto più maturo rispetto al precedessore, nonché particolareggiato e curato nei minimi dettagli a partire dalle scenografie fino agli effetti grafici realizzati al computer molto più presenti rispetto a quanto già visto due anni fa. Una indiscussa operazione di marketing ben riuscita da parte della Lionsgate che sa di aver tra le mani una miniera d’oro e che di conseguenza ha pensato bene di coltivare e migliorare come era d’obbligo aspettarsi. Tuttavia, dietro ai soldi ed alla pubblicità, vi è una storia tra le più interessanti viste nell’ultimo decennio indirizzata ad un pubblico prettamente giovanile e per questa rientrante nella categoria “young adult” che è riuscita ad emergere dal limbo dei tanti prodotti legati al genere. Le (dis)avventure di Katniss, ambientate in un mondo distopico, hanno qui maggior respiro e drammaticità, a cominciare da una sempre più purulenta rivolta fino alla paura della morte annessa al fallimento che l’accompagnerà per tutto il tempo; inoltre il film gode di una prospettiva di gran lunga più ampia ed ambiziosa che in un certo senso era mancata al primo capitolo. Messe da parte le numerose presentazioni dei protagonisti e comprimari, l’entrata in scena dei personaggi principale, La Ragazza di Fuoco, sebbene riproponga a grandi linee una trama ben poco innovativa e paradossalmente già vista in Hunger Games ed ancor prima in Battle Royale, non perde né lo smalto né tanto meno la capacità di intrattenere.

La pellicola, che dura la bellezza di 146 minuti, non annoia mai, scorre dai titoli di testa al finale (aperto) senza intoppi e ad alza sempre più la posta in gioco. C’è, tuttavia, una pecca non da poco che riguarda questa produzione e la si riscontra nel voler raccontare una vicenda a cui comunque siamo stati già in parte abituati e che si rivela non essere affatto conclusiva, ma si rivale essere apertamente come un capitolo di passaggio che traghetta lo spettatore verso il finale della ormai neo saga di Hunger Games composta non più da tre, ma da ben quattro lungometraggi. Chi è un fan sfegatato o modesto rimarrà comunque soddisfatto del lavoro, che sì, prende qualche licenza poetica dalla controparte cartacea, ma riesce a coglierne comunque l’anima in modo coerente, mentre coloro che sono stati in totale disaccordo con quanto già visto giudicandolo sterile e privo di fantasia se non addirittura scopiazzato sappiano che l’ultima fatica di Francis Lawrence non fa che riproporre, in modo molto più barocco e pompato, nonché spettacolare, quello che Ross aveva costruito.

Una pellicola indubbiamente buona, con un’ottima base ed una morale interessante che sfocia nel voler dar vita ad una rivoluzione basata su un simbolo, Katniss la ghiandaia imitatrice, eroina a tutto tondo ed arciera formidabile metafora delle ribellioni contro il totalitarismo di Panem, costretta da un sistema apparentemente dittatoriale guidato dal Presidente Snow (a cui vengono date qui molte più scene) a dover prendere parte ancora una volta a “I Giochi della Fame”, mezzo attraverso il quale chi è al potere vuole mettere in chiaro, una volta per tutte, la propria supremazia sui poveri o coloro che non riesce ad ingannare. Un racconto che nel suo essere un prodotto di intrattenimento puro porta, comunque, a porre qualche domanda e a farci presente che a questo mondo da una parte abbiamo chi muore di fame e manda avanti, con la fatica, la società e chi invece è costretto a vomitare pur di arrivare a mangiare tutto ciò che la tavola propone ai ristoranti ed alle feste di gala. Che sia un evento popolare o una moda passeggerà Hunger Games per certi aspetti fa ben sperare su i gusti delle persone, anche se è difficile comprendere quanti di coloro che amano Panem ed il Distretto 12 riescano a cogliere la politica dell’opera appieno.

Per quel che riguarda il casting e la regia è inutile mettere in chiaro come il film, sebbene offra a tutti noi un discreto ventaglio di talenti, sia retto sulle robuste spalle di una eccellente Jennifer Lawrence che qui rispetto a American Hustle ritrova un personaggio molto meno sopra le righe, più umano, che le appartiene e sa far suo in ogni inquadratura; Katniss Everdeen non può vivere senza il volto della nuova super star di Hollywood e forse, dato l’impegno che l’attrice ci mette, a pensarci bene, è meglio così visto che i risultati e la performance alla fine sono straordinari. A circondare la Lawrence vi sono nomi di attori eccellenti tra cui il recentemente venuto a mancare Philip Seymour Hoffman, un monumentale Donald Sutherland nelle vesti del presidente Snow, un enigmatico conduttore televisivo Stanley Tucci ed un alcolizzato quanto mai sarcastico Woody Harrelson. Convincenti anche alcuni degli attori nelle vesti dei restanti 23 tributi a cui stavolta vengono date migliori personalità che indubbiamente giovano ai fini della pellicola che sa offrire personaggi a stampo meno mono-dimensionale. A tutto questo si aggiunge una regia molto più statica che dinamica, ma di effetto e spettacolare sebbene non eccelsa, ma risulta essere comunque nel complesso soddisfacente.

Hunger Games – La Ragazza di Fuoco è un valido blockbuster, migliore e molto più maturo rispetto a quanto visto nel precedente film, complice di tutto questo l’impegno di un team che ha saputo dare ai tanti fan dell’opera un prodotto di cui non possono lamentarsi. Al di là della fama o delle incessanti ondate di successo a cui sembra destinato questo nuovo franchinsing, nel suo “piccolo” la pellicola con (e per alcuni di) Jennifer Lawrence ripropone esattamente quanto già visto in Hunger Games (e dunque si trascina anche i suoi maggiori difetti) con molta più ambizione e serietà che sorprendentemente fanno di questo secondo capitolo di passaggio uno dei punti di forza a fronte di una storia magari un po’ poco brillante in alcuni momenti ma che comunque non annoia. Il cinema fatto appositamente per i giovani riesce dunque ad intrattenere, rimanere spettacolare e proporre tematiche quanto meno interessanti ancor e sopratutto oggi. Il più grande rammarico rimane, però, quello di assistere ad un finale aperto, troppo forse, che ancora una volta porta lo spettatore a procrastinare la parola Fine per ben due futuri lungometraggi e chissà se tanta attesa sarà nel tempo realmente ripagata.

Claudio Fedele

 

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