Recensione di Hunger
Prete: Che ti è capitato all’occhio Bobby? Ti prendi a botte da solo?
Bobby Sands: Come?
Prete: L’occhio Bobby!
Bobby Sands: Divergenza d’opinioni…
Prete: Um…Come sta quello a cui le hai date?
Bobby Sands: Ah! Molto peggio mi creda!
Prete: Allora, perché mi hai chiamato ?
Bobby Sands: Cos’è, già basta con le chiacchere?
Prete: E’ il modo dei preti: inizia parlando del più e del meno…
Bobby Sands: Sto imparando tanto sui preti.
Prete: Um…lo faresti bene il prete; parlantina, uomo di principi: un leader!
Bobby Sands: Terrorista politico…
Prete: La chiesa ama il peccatore redento…
Bobby Sands: Già…ho sempre pensato…che quel ladro vicino a Gesù se la cavò con poco…
Prete: Ah…però riconobbe i suoi peccati.
Bobby Sands: …e lo fece davvero?
Prete: Si! E lo disse pure!
Bobby Sands: Inchiodato ad una croce diresti di tutto. Gesù offre un posto vicino al Padre in un posto chiamato paradiso… figurati se non sei pronto ad alzare la mano.
Quello che avete appena finito di leggere è un frammento tratto da uno dei momenti più importanti del film Hunger, opera prima del regista inglese Steve McQueen ed incentrata sugli ultimi giorni di vita di Bobby Sands. Premiato con la Caméra d’Or al festival di Cannes è arrivato da noi solo nel 2012, con ben 4 anni di ritardo a causa di alcuni impedimenti legati alla distribuzione del film in Italia. Il regista McQueen è noto per aver girato anche Shame, pellicola che prende a cuore il problema della sesso dipendenza e per entrambi i lungometraggi ha voluto come attore protagonista Michael Fassbender. Vogliamo, con questa recensione, non solo criticare o apprezzare il lavoro fatto dal regista, ma fare, per lo più, una riflessione su quello che è forse uno dei film più belli del 2008 e se per caso qualcuno dicesse degli ultimi anni non direbbe, a dire il vero, una blasfemia. Per sapere cosa Uninfonews.it pensa di questo film non vi rimane che proseguire nella lettura.
Irlanda del Nord 1981. Dal 1969 sono state uccise nei “Troubles” (i tumulti) 2187 persone; il governo britannico ha abolito lo status di prigioniero politico per tutti i detenuti paramilitari. Nel carcere di Maze gli Irlandesi Repubblicani continuano le proteste “delle coperte” e “dello sporco”. La pellicola si concentra sugli ultimi giorni di vita di Bobby Sands e sullo sciopero della fame che lo portò alla morte.
La vera sfida per qualunque critico o appassionato di cinema nel recensire un film come Hunger non sta tanto nel considerare quest’ultimo un film bello o brutto, quanto far capire a coloro che leggono l’articolo il motivo per cui l’opera prima di Steve McQueen si avvicini più ad un capolavoro che ad un ingresso nel mondo del cinema mondiale. Partiamo, dunque, facendo una considerazione proprio sulla regia. Incredibile, ma vero, assistiamo in questo lungometraggio ad una perfetta direzione tecnica e di altissimo livello che è possibile notare fin dalle prime sequenze a cui siamo messi di fronte. I silenzi, le pause, gli ingrandimenti e le inquadrature a campo largo che mettono a fuoco l’uomo e l’ambiente sono fonte di un’attenta, quanto curata, tecnica; è naturale rimanere sorpresi, dunque, nel venire a sapere che tutto questo talento viene fuori, prepotentemente, in un film che segna l’esordio dell’autore. Una sequenza degna di nota, nonché scelta molto coraggiosa da parte di McQueen, è quella che vede protagonisti Sands ed un Prete parlare l’uno di fronte all’altro, realizzata in un unico piano sequenza che dura la bellezza di 18 minuti circa dove i due non fanno che discutere sull’etica, la morale, la giustizia, la forza di volontà, la religione e la vita (di entrambi) e delle scelte che hanno fatto nella loro esistenza e contro il governo britannico. E’ il momento chiave di tutta l’opera e di certo l’essenza di tutto quanto messo in scena, poiché all’interno di essa si trovano i temi e le denunce sociali care all’autore espresse abbastanza esplicitamente con un lungo dialogo fatto a botta e risposta.
Per quanto riguarda i contenuti Hunger si impone al pubblico prepotentemente ed ha il coraggio di affrontare un tema, un luogo, uno spazio, una situazione che ancora oggi fa parlare di sé ed ha segnato la Gran Bretagna e l’Irlanda, riuscendo alla perfezione nell’impresa di trattare con estremo realismo (senza mai cadere nell’esasperazione o nel banale auto-celebrativo patriottismo) e visiva crudeltà. McQueen non si risparmia nel mostrare la violenza e l’umiliazione subita dai prigionieri nelle carceri, espressa sia sotto forma di aggressività fisica che verbale. Eppure, ponendo proprio al centro del tutto l’essere umano, mostra in esso la tenacia, la cattiveria, l’ignoranza, la volontà e la debolezza accompagnata al pentimento delle proprie azioni, ma impossibili da espiare (come in un’altra bellissima scena dove viene ripreso un giovane soldato dell’esercito che piange per quello che viene fatto ai prigionieri dell’I.R.A. mentre i suoi colleghi picchiano con i manganelli i compagni di Bobby Sands).
A farla da padrone è inoltre una sceneggiatura che si adatta alla perfezione alla regia, in quanto presenta pochissimi dialoghi, poche battute da parte dei comprimari e si concentra principalmente sulle azioni e i gesti. Essenziale la voce fuori campo della Thatcher che sottolinea la presa del governo britannico riguardo allo sciopero della fame e alle condizioni dei carcerati. Ottima, infine, la fotografia sopratutto nel finale della pellicola e quasi completamente assente la colonna sonora. Pecche ce ne sono in tutto questo drammatico ben di Dio? In un certo senso si! Data la natura dell’opera si consiglia la visione ad un pubblico adulto e che non si lascia impressionare troppo dai temi trattati e da alcune sequenze che si potrebbe rivelare molto crude per alcuni spettatori, sopratutto nel drammatico finale dove vengono ripresi gli ultimi giorni di vita di Sands e la lenta agonia.
Il senso di concreto disturbo, accompagnato dal disgusto e dalla curiosità, che lascia Hunger nello spettatore è la dimostrazione che il messaggio che voleva mandare McQueen è arrivato dritto al cuore e che nulla è stato vano. Potente ed allo stesso tempo capace di dipingere alla perfezione un quadro storico ancora molto recente e doloroso, il lungometraggio è capace di lasciare qualcosa nella mente di chi lo guarda in modo concreto e senza cadere mai nel banale. Non è un film per tutti ed è un tipo di cinema che richiede grande attenzione e chiede di essere ammirato per quello che è, rimanendo comunque un grandissimo lavoro e un’opera completa. Sorprendente Fassbender nel ruolo del protagonista ed ottimo Liam Cunningham nella parte del Prete Dominic Moran; entrambi gli attori sono Irlandesi. Come ho già detto: Hunger più che un’opera prima ha tutta la forza necessaria per imporsi al pubblico ed alla critica come un vero e proprio capolavoro cinematografico degli ultimi tempi e di sicuro dell’annata di cui fa parte. McQueen promosso con lode.
Claudio Fedele
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