Passato inosservato (o quasi) al pubblico italiano, oggi ci vogliamo dedicare al penultimo lungometraggio diretto dal regista inglese Joe Wright: Hanna. Dopo aver girato Espiazione, pellicola apprezzata da gran parte della critica e del pubblico, con questo film Wright decide di cambiare radicalmente genere; lascia i costumi ottocenteschi di Orgoglio e Pregiudizio nell’armadio, prende come attrice protagonista la (ormai) cresciuta Saoirse Ronan (classe 1994), che proprio nelle vesti di Briony Tallis in Atonement aveva guadagnato una nomination all’Oscar e si era mostrata agli occhi del mondo cinematografico come ragazzina prodigio, e l’affianca a Cate Blanchett ed Eric Bana in una storia che sa tanto di thriller, ma che al cui interno mescola elementi fiabeschi (anche molto espliciti) amalgamati ad una trama ricca d’azione alla Jason Bourne. Cosa sarà uscito mai fuori? Analizziamo la pellicola nel dettaglio!
Hanna è un’adolescente che vive con il padre, ex agente della CIA, nelle fredde terre della Finlandia e passa il suo tempo a cacciare, allenarsi e migliorare le sue abilità nel combattimento corpo a corpo. Per questo motivo è privata di tutto ciò che sarebbe giusto donarle: gli amici, una normale istruzione, una famiglia ed una vita serena. Così, un giorno, quando suo padre Erik (Eric Bana), le domanda se è pronta alla vita vera, Hanna non ha il minimo dubbio nel dare una risposta precisa, spinta da una forte curiosità e dalla continua ricerca di una vita normale. Eppure ben presto scoprirà, a sue spese, che il mondo non è una fiaba e lei stessa, una volta allontanatasi da casa, sarà in grave pericolo…
Senza ombra di dubbio Hanna è un film fatto di sguardi, che questi poi siano della protagonista o dei comprimari ha poca importanza perché alla fin fine tutto si riduce in una vasta gamma di inquadrature basate principalmente sul volto (a volte speranzoso, a volte violento, ribelle, sorpreso o deluso) del soggetto preso in considerazione. Per fortuna, potremmo dire, che le due attrici (Ronan e Blanchett) riescano sempre ad esprimere, anche senza proferire parola, tutto quello che viene richiesto in ogni momento. Da una parte abbiamo Cate Blanchett, ormai un’attrice affermata, vincitrice di un premio Oscar per il film di Martin Scorsese “The Aviator” e ancora capace di lasciare il segno in modo evidente per quanto riguarda la recitazione, questa volta nelle vesti di un personaggio di natura subdola e malvagia; dall’altro lato della medaglia c’è una giovane Saoirse Ronan ormai cresciuta e con un volto più asciutto e adulto, non più da bambina come quello che si era visto in Amabili Resti che mette a nudo il suo talento (maturato anch’esso) e dona a noi spettatori un personaggio che solo apparentemente sarebbe stato facile da interpretare; Eppure la ragazza se la cava bene perché buca sempre lo schermo ed ogni inquadratura, con lei al centro, è esteticamente di rilievo (complice anche un certo fascino selvaggio della protagonista) accompagnata da una buona fotografia. Meno ispirato è Eric Bana, che se la cava bene nelle sequenze più movimentate, ma molto meno nelle scene dialogate; rimane comunque discreta la sua interpretazione. Sempre ottimo, nelle vesti del caratterista, è Tom Hollander che interpreta un cattivo molto effeminato e singolare, sebbene il suo personaggio rimanga comunque poco approfondito.
La regia di Wright qui, forse per la prima volta, mostra un po’ più di personalità rispetto alle altre produzioni ed il regista evidenzia, man a mano che la pellicola avanza, la sua bravura nel saper girare le scene d’azione e saper gestire gli attori. Vogliamo sottolineare come nelle sequenze di colluttazione la telecamera sia, è vero, sempre in movimento, ma usata con intelligenza portando alla luce inquadrature chiare e sequenze pulite. Così Hanna si propone a noi come una moderna fiaba in salsa thriller piena di riferimenti ai fratelli Grimm e forse capace di cogliere l’essenza di alcune delle loro storie; non a caso, sopratutto nel finale, escono fuori parecchi aspetti del mondo fiabesco, rappresentati qui sotto forma di allegoria o di comprimari. Il vero problema di tutta la produzione è che la pellicola, per quanto interessante e ben girata, ha dei (considerevoli) buchi di sceneggiatura se vista nel dettaglio. Su alcuni si può benissimo chiudere un occhio, ma su altri forse è bene essere un po’ più critici, perché se può anche esser vero che una giovane ragazza, tanto dolce quanto letale assassina, possa fuggire da una prigione sotterranea, rimane comunque poco realistica la traversata a nuoto che fa il personaggio di Erik dalla Finlandia alla Germania in pochissimo tempo. Questo porta a pensare che talvolta si sia data più attenzione alla forma che ai contenuti dato che esteticamente il film stupisce in più punti e la stessa protagonista è caratterizzata da una non poca dose di fascino. Per quanto concerne la colonna sonora è da lodare il lavoro fatto dai The Chemical Brothers, incredibilmente bravi nel saper dar vita a dei brani che si inseriscono alla perfezione nella pellicola e che non sono mai fuori luogo. Suggestive inoltre le locations che spaziano dalle lande fredde e desolate dei paesi nordici, alle terre calde del medio-oriente.
Hanna è, senza dubbio, un film che se visto nei suoi singoli aspetti si scopre essere molto curato e soddisfacente, mentre se osservato nell’insieme potrebbe riservare qualche delusione nella seconda parte, dove accusa una sceneggiatura un po’ deboluccia con delle lacune abbastanza evidenti. Niente di così importante da rovinare completamente la pellicola, ma alcune mancanze saranno notate anche dallo spettatore più distratto. Rimane comunque un prodotto che ci sentiamo di promuovere, in quanto riesce ad intrattenere e mette in luce la bravura (ancora una volta) degli attori coinvolti. Ci solleva, inoltre, il fatto che il regista abbia, una volta per tutte, dato prova, in un modo o nell’altro, di una sua personale impronta nella realizzazione del lungometraggio, che poi questa piaccia o meno è un discorso a parte e sta al singolo individuo decidere se condannare il modo in cui è stato girato il film. In definitiva si consiglia la visione, anche per una sola volta, di questo prodotto.
Nota a Margine: Si consiglia di vedere la pellicola in lingua originale e per coloro che hanno una buona conoscenza della lingua inglese consigliamo di non scegliere l’opzione “film sottotitolato in italiano” in quanto risultino, quest’ultimi, poco curati.
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