Recensione di Solo gli Amanti Sopravvivono
“Jarmusch dona nuova linfa alla figura immortale resa celebre anni or sono da Stoker, regalando a noi tutti un’opera carica di riflessioni nonché specchio dell’esistenza umana “
Adam è un musicista underground immortale, che si riunisce con quella che è stata per secoli la sua amante, dopo essere diventato depresso e stanco per la direzione che ha preso la razza umana. Il loro idillio è però interrotto e messo alla prova dall’imprevedibile sorella minore di lei. Possono questi delicati outsiders continuare a sopravvivere mentre il mondo moderno crolla intorno a loro?
Recensione
Presentato alla sessantaseiesima mostra del cinema di Cannes, Solo gli Amanti Sopravvivono ha sempre destato interesse ed un certo alone di mistero in gran parte dei seguaci di Jarmusch e non; A rendere immortale questo interesse a livello mediatico è stato anche (e sopratutto) il cast, chiamato a raccolta in questa ultima fatica dell’autore americano, tra i cui nomi compare quello di Tilda Swinton e Tom Hiddleston (il Loki dei film Marvel).
Only Lovers Left Alive, arrivato da noi finalmente in sala la scorsa primavera, non delude in alcun modo le tante aspettative e si rivela essere uno dei migliori film dell’annata appena passata nonché, forse, il migliore del regista se non addirittura del genere “horror” degli ultimi anni. Se, infatti, avevamo ormai fatto l’occhio ad una interpretazione della figura del vampiro in chiave eccessivamente romantica, scialba, apolitica, priva di radici e reindirizzata in una visione superficialmente moderna, con tanto di ubicazione non più europea, ma Americana, con questa pellicola non solo il regista scandisce in modo eccelso la genesi e la vera natura del demone, ma principalmente lo incanala in una vicenda che fa del dramma esistenziale il suo punto di forza, mettendo in evidente secondo piano l’elemento sovrannaturale, pur rimanendo, costantemente, attaccato e devoto ad esso grazie anche alle atmosfere e alla sceneggiatura, sfruttando l’elemento più estetico del personaggio per riflettere il grande degrado ed inquietudine esistenziale che alberga in esso, servendo al pubblico un individuo immortale più simile ad un naufrago che ad una divinità.
Adam e Eve sono di fatto due esseri immortali, due vampiri, ma la loro vera natura non li rende poi tanto differenti da noi umani (che loro chiamano però – e non casualmente- zombie); ciò che veramente li contraddistingue non è tanto la sete di sangue, bensì la consapevolezza di saper vivere nel modo odierno, in preda alla rovina e alla decandeza. Ecco, dunque, uno dei tanti grandi aspetti della pellicola, ovvero, quello di non impressionare lo spettatore con la teatralità e la paura, ma di servire una storia che se pur espressa da un punto di vista completamente differente dal nostro, rimane universale e accessibile a tutti richiamando in più punti una visione futuristica o distopica capace di sfociare nel puro nichilismo o pessimismo. E’ la consapevolezza dell’essere, del sapere “chi sei?” che muta profondamente Adam, un vampiro che passa le proprie giornate a comporre musica funebre, sposato con la bellissima Eve (la quale tuttavia abita a Tangeri mentre lui a Detroit) e scontroso verso la sorella di quest’ultima: Ava (interpretata da una frizzante ed efficace Mia Wasikowska).
L’incontro tra i due amanti è l’escamotage necessario per allestire la vicenda, una storia tanto semplice quanto interessante e verosimile che non riesce mai ad apparire stonata o forzata, ma che grazie a quell’aspetto gotico e sinistro assume sempre più i contorni di un dramma psicologico. A favore di tutto questo vi è poi un continuo ed incessante omaggio/attaccamento alla cultura (intesa come universale) che colora la pellicola in ogni inquadratura e che spazia dalla letteratura classica fino a quella moderna, ove è possibile cogliere tributi e citazioni evidenti o meno, ma senza che queste appaiano mai artificiose o campate in aria figlie solo di una necessità apparente. Non è un caso, infatti, che l’intero lungometraggio sia un continuo rimando al mondo occidentale del passato, all’Europa ed alla civiltà del Vecchio Continente e tutto questo lo capiamo sin dai dialoghi, quelli tra Eve e Adam, incentrati su Byron e Mary Shelley (che i due hanno conosciuto) o dalle fotografie appese nella camera da letto di quest’ultimo (dove vengono ritratti scienziati e scrittori come ad esempio Wilde, Poe, Newton, Darwin.)
Il cuore, tuttavia, del film non è la storia d’amore, bensì va ricercato nella denuncia che Jarmusch compie nei confronti del genere umano, che non a caso liquida con la parola “zombie” quasi ad indicare uno stato in cui l’uomo è più simile ad un automa, un essere senza anima e cervello che continuamente sbaglia e si lascia guidare dall’istinto, dalla carne e dalla corruzione, carnefice del proprio destino nonché emblema evidente della propria inciviltà e ignoranza, carico di difetti che nel corso della storia l’hanno sempre portato a voltare le spalle alla scienza ed al progresso, incapace di definirsi e sapere con certezza chi sia davvero.
Eppure se in un primo momento sembrerebbe quasi scontato pensare ai vampiri come esseri superiori e nettamente più intelligenti, Solo gli Amanti Sopravvivono ci mostra in fine che dietro alle tante parole, dietro all’eternità e alla saggezza si nasconde persino in essi un bisogno primordiale di sangue e vita del quale non possono farne a meno; così, la pellicola, si conclude con una frase emblematica, nonché in forte contrapposizione con la natura stessa di chi la pronuncia, scandita dalla androgina e bellissima Swinton, la quale se in un primo momento (ed in un altro luogo) rimprovera la sorella per aver tolto la vita ad un mortale come si usava fare nel XV° secolo, sarà proprio lei a a traghettare lo spettatore ai titoli di coda sussurrando che “da più di cinquecento anni non provavano a nutrirsi come una volta” e che è giunto il momento che essi tornino ad essere i “predatori” di un tempo.
Sprechiamo infine qualche parola sulla regia: Tecnicamente il lavoro svolto da Jarmusch è senza difetti, come era lecito aspettarsi, ancorato a sequenze geniali che vedono una messa in scena davvero di grande impatto visivo accompagnata da una continua costanza nel voler unire la musica alla vita dei protagonisti, il tutto condito da una regia molto adagiata, lenta ma incapace di annoiare portandoci quasi a pensare che dopo due ore non si sia assistito a nulla di eccezionale, ma facendoci poi ricredere subito su quanto detto, riprova di una grande bravura da parte di chi sta dietro la macchina da presa, capace di mostrare ciò che egli vuole senza mettere troppa personalità o risultare invasivo. Le musiche, inoltre, sono suggestive così come le scenografie, dai forti richiami gotici rivisti in chiave moderna, fino poi portati ad avere sfumature quasi fiabesche, complici di tutto questo le influenze del cinema di Neil Jordan, Tim Burton e pellicole del passato con protagonista Lugosi e Lee.
Commento Finale
Solo gli Amanti Sopravvivono si presenta come una delle migliori pellicole su piazza, un’opera tanto complessa ed invitante che riporta in auge la vera natura del vampiro,
Se cercate un film sui vampiri, se volete dimenticare Twilight, se, in cuor vostro, siete alla ricerca di un bel lavoro capace di entrarvi dentro, fin nelle ossa, farvi ragionare e riflettere, se amate e conoscete la letteratura (così come la cultura in generale) e siete all’inseguimento di una storia straziante, dai toni dark, ma tutt’altro che superficiale, Solo gli Amanti Sopravvivono è il film che fa per voi, una pellicola che si allontana dal genere di appartenenza per parlare dell’uomo e della sua anima in contrapposizione a quella del vampiro. Con questo lavoro Jarmusch dona nuova linfa alla figura immortale resa celebre da Stoker, ma sopratutto regala a noi tutti un film veramente eccellente.
Claudio Fedele