Recensione di Espiazione
Presentato alla 64a Mostra del Cinema di Venezia, nonché film d’apertura, Espiazione è la seconda fatica del regista Joe Wright; dopo Orgoglio e Pregiudizio, Wright torna a lavorare assieme a Keira Knightley e porta alla luce una pellicola tratta da un romanzo, ambientata in un recente passato, dalle tematiche e atmosfere completamente diverse dalla precedente. Atonement (titolo originale del film) è la trasposizione dell’omonimo racconto di Ian McEwan, acclamato scrittore inglese, e questo suo libro è considerato, sia dal pubblico che dalla dalla critica internazionale, un (semi)capolavoro. Sarà riuscito, dunque, Wright a cogliere l’essenza del manoscritto, dirigere bene la pellicola e mettere in luce il suo potenziale talento da regista? Leggete la seguente recensione per scoprirlo!
In una torrida giornata estiva la famiglia Tallis aspetta con ansia l’arrivo di Leon, fratello maggiore di Cecilia e Briony. Quest’ultima, proprio in onore del ritorno del fratello, decide di scrivere una commedia che dovrà essere recitata la sera stessa. La giovane scrittrice ha un talento innato per scrivere storie e la sua fantasia non ha limiti, proprio per questo, nell’inarrestabile susseguirsi degli eventi, sarà la sua fervida immaginazione a dar voce a quella condanna che rovinerà per sempre la vita di sua sorella Cecilia e della persona che ama.
Molti parlarono di Espiazione come di un capolavoro e considerarono il film come uno dei migliori dell’anno. Senza dilungarci troppo nel dare un preciso giudizio, mettiamo subito in evidenza che la pellicola non è perfetta, ma nel complesso rimane un ottimo lungometraggio, ben recitato e tecnicamente eccezionale. Parlare, però, di perfezione è un po’ esagerato, questo perché Atonement non riesce a tenere sempre il ritmo che possiede nella prima parte, dimostrando, ancora una volta, che a Wright manca un po’ di coraggio nel saper affrontare alcune tematiche; in ogni caso la pellicola è di gran lunga migliore di Orgoglio e Pregiudizio, annoia molto meno e chiede di essere guardata da tutti e non solo da coloro che amano i film in costume. I primi 50 minuti sono, inoltre, perfetti e tutto quello che riguarda le atmosfere, i tempi, i dialoghi e la regia sono di ottimo livello. Tutto questo però viene meno una volta che ci si addentra nella seconda metà dell’opera, dove assistiamo talvolta a delle lungaggini non necessarie, ma che, comunque, hanno un senso logico. Così, sebbene si perda lo smalto di una prima parte davvero ben orchestrata, nell’ottica globale, quel che ne segue ha un senso e una coerenza con la storia narrata. Buona l’idea di voler mettere lo spettatore di fronte a due realtà, da una parte, proprio come la protagonista della vicenda, mostrando prima i fatti attraverso gli occhi di Briony (da un punto di vista soggettivo) e poi ripetendo le stesse sequenze da un punto di vista oggettivo, così che noi tutti possiamo capire la vera dinamica degli eventi e apprendere appieno il senso di colpa di quest’ultima. Un altro aspetto della pellicola da sottolineare riguarda i primi piani realizzati, che hanno grande importanza non solo per mostrare la bravura di chi recita, ma anche ai fini della storia. Wright immortala Briony in tre momenti diversi della sua vita (da bambina, da adulta ed infine da anziana) mostrando a tutti noi i suoi cambiamenti (dal tono di voce che usa fino al suo sguardo) ed il senso di colpa che vive in lei. La regia possiamo dire che è quasi del tutto impersonale, anche se di buon livello, complice anche il piano sequenza realizzato a metà film nel mostrare le scene di guerra con protagonista James McAvoy.Geniale la colonna sonora composta dall’Italiano Marianelli che riesce a fare di una macchina da scrivere uno strumento musicale accompagnato dall’orchestra. Altrettanto bella è la fotografia, con i suoi colori saturi, ma non artificiosi.
Quel che rimane di gran lunga il miglior aspetto di questa produzione riguarda la recitazione e gli attori coinvolti. La Knightley si cala, si può dire per la prima volta, nelle vesti di un personaggio complesso e la sua interpretazione è senza dubbio convincente, anzi, possiamo dire ottima (complice anche la sua eleganza e bellezza). Stesso discorso va fatto per Vanessa Redgrave, sebbene presente per pochi minuti, che riesce a dare alla perfezione il volto ad una Briony ormai stanca, melanconica e anziana che è alla continua ricerca di un perdono che non potrà mai arrivare. Buono James McAvoy, così come le performance di Benedict Cumberbatch, e quella di Juno Temple e Romola Garay (che rimane, tuttavia, la versione meno convincente della giovane Tallis). Infine non rimane che lodare la giovanissima Saoirse Ronan (classe 1994, Irlandese; per questo ruolo candidata al Premio Oscar come miglior Attrice non Protagonista) per l’ottima interpretazione, fatta principalmente di sguardi ricchi di inquietudine, di silenzi e di quella perfidia che a volte alberga nei bambini.
Espiazione si dimostra, in ogni caso, un film ben realizzato, con ottime scenografie, colonna sonora e fotografia; capace di mettere in luce il talento di tantissime attrici e attori al servizio di una storia che di certo acquisterà un qualcosa in più nella versione cartacea. Non è ovviamente un capolavoro, sebbene offra dei momenti ed una prima parte di pellicola davvero ben realizzata; ad ogni modo, bisogna ammettere, è un prodotto molto curato, sotto vari punti di vista e per tutto ciò che si è appena detto merita di essere visto almeno una volta, non solo dai fan occasionali dei membri del cast o del regista, ma anche da chi si appassiona o ama il cinema. Se la regia non offre momenti memorabili, la storia è pur sempre interessante e fa riflettere lo spettatore su quanto potere nel nostro piccolo noi possediamo. Escluse quindi alcune lungaggini, alcune sequenze melodrammatiche e poco ispirate, Atonement rimane, forse, uno dei migliori film del 2007.
Claudio Fedele
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