Recensione di Elysium
Nell’anno 2154 esistono due classi di persone: i ricchi che vivono su una stazione spaziale artificiale immacolata chiamata Elysium e tutti gli altri che vivono su una Terra ormai sovrappopolata e in decadenza. La Segretaria di Stato Delacourt (Jodie Foster) è disposta a tutto pur di preservare lo stile di vita lussuoso dei cittadini di Elysium, ma questo non impedisce certo alla popolazione della Terra di cercare di accedervi con ogni mezzo a sua disposizione. Sarà Max (Matt Damon) ad accettare di un intraprendere una missione completamente folle e disparata per tentare di riportare l’equilibrio tra i due mondi.
Elysium si presenta fin dalle prime sequenze ai nostri occhi come un blockbuster atipico, dove alle tante scene d’azione e battaglie si unisce un messaggio forte, chiaro, che risuona cristallino fino alla fine della pellicola; per questo preciso motivo il secondo lavoro fatto da Neill Blomkamp ha il privilegio non solo di mostrarsi concretamente valido sotto molti punti di vista, primo tra tutti la sceneggiatura e la regia, ma anche di saper dare conferma che tutto quello che di buono ed eccellente si era visto in District 9 non era stato solo un caso o una mera coincidenza. Elysium per certi aspetti è un lungometraggio che si collega molto bene alla prima fatica del regista, grazie sopratutto ad un reparto estetico e a delle scenografie che ricordano molto la Johannesburg in lotta per la supremazia della razza umana. Tuttavia, laddove nell’opera del suo esordio il regista sudafricano cercava di adattare al meglio una fantascienza verosimile e moderna lavorando principalmente su una determinata allegoria e proponendo temi importanti come la tolleranza, il rispetto verso chi è diverso da noi o chi appartiene ad un altro universo, argomenti che essenzialmente erano alla base della pellicola, qui ci si allontana dalla Terra dei giorni nostri per fare un salto nel futuro di circa cento anni o poco più; a qualcuno potrà sembrare un qualcosa di poco conto, ma la scelta spazio-temporale è uno degli aspetti più importanti di questa produzione, in quanto già dalla data (2154) il regista vuole mandare un messaggio forte e chiaro affinché sia ben evidente che poco, alla fine, è il tempo che separa l’uomo tra l’oggi ed il domani di cui lui racconta.
Un film che dunque, al contrario dell’ottima fantascienza di Duncan Jones che abbiamo potuto apprezzare con Source Code o meglio ancora in Moon, la quale lavora più sui concetti e sui topoi fantascientifici (l’esplorazione dello spazio, i cloni etc…), cerca di fare del genere un punto di partenza attraverso il quale costruire una precisa struttura sociale su cui poi, a sua volta, muovere una violenta critica alla società. Blomkamp, come per District 9, non riesce proprio ad immaginare un mondo privo di umiliati e offesi, di gente unicamente ricca e di uomini e donne mossi da buoni sentimenti ed è per questo che Elysium, proprio come il suo precedente lavoro, gode al suo interno di un ottimo e profondo messaggio politico che si rivela sempre essere a fianco dei poveri ed al contempo spietato verso coloro che vivono e godo di benefici sulle spalle delle persone che rischiano la vita ogni giorno.
Tecnicamente il prodotto è valido, stiamo dopo tutto parlando di una regia camaleontica che qui si prende persino qualche libertà come ad esempio quella di voler omaggiate più e più volte videogiochi e film di genere e impostare qualche sequenza a rallentatore per enfatizzare la spettacolarità. Niente da eccepire, dunque, per quanto riguarda il talento di Blomkamp anche se stavolta è apparso molto più sperimentale con la telecamera in mano rispetto al passato. In definitiva bisogna comunque ammettere che quello che abbiamo tra le mani è sì un film realizzato per attirare giovani e puramente di intrattenimento, ma diretto sempre con intelligenza e con una padronanza tecnica mai invadente o eccessiva.
Elysium è davvero un valido film, un blockbuster atipico, intelligente e curato anche per quanto riguarda gli effetti speciali e le tante scene di azione; figlio dei più grandi film fantascientifici (tra i quali ci inseriamo anche il film Pixar Wall*e a cui Blomkamp si è senza dubbio ispirato nel ricreare gli ambienti malati, sovraffollati e inquinati del pianeta Terra) la seconda fatica del regista scoperto da Peter Jackson è minore solo alla prima in quanto non possiede la potenza narrativa né la profondità morale di cui era intriso District 9, che tutt’oggi dimostra di essere ancora un eccezionale film, erede delle storie del passato ed innovatore.
Claudio Fedele