Nel raccontare la storia della famiglia Bennett, vicenda che si ispira a fatti accaduti realmente, Bayona ed il suo team compiono un buon lavoro, riempiendo i 114 minuti di tutto quel che ci si può aspettare e non tralasciando nulla al caso. Così siamo messi di fronte al disastro, alla rassegnazione, alla volontà di aiutare il prossimo e alla paura di perdere tutto quello che vi è di più caro; ovviamente ci sono degli errori e delle pecche, il regista si concentra quasi ed unicamente sulla famiglia presa in questione e le isole della Thailandia paiono popolate quasi ed unicamente da persone di razza caucasica, lasceremo che questi aspetti siano considerati importanti o meno da coloro che lo guarderanno. Il film è comunque buono, non eccelso, ma offre almeno alcuni elementi (sopra elencati) grazie ai quali merita di essere visto, in primis la prestazione della Watts, ma consigliamo di addentrarsi dentro questa storia anche a coloro che non sono fan dei due attori che si calano nelle vesti dei personaggi principali. Siamo, negli ultimi anni, di fronte ad una impennata per quanto riguarda il cinema made in Spain, dato che le produzioni spagnole stanno prendendo sempre più gamba nel panorama cinematografico e questo, a dirla tutta non è poi un male.
Recensione di “The Impossible”
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La storia ha inizio con l’atterraggio della famiglia Bennett, composta da Maria ed Henry assieme ai figli Lucas, Thomas e Simons in Thailandia. Sono le vacanze di Natale e genitori e figli passano le giornate in piscina, spiaggia e hotel, tra una nuotata e l’altra attendendo con gioia il fatidico giorno: il 25 Dicembre. Tutto sembra andare per il verso giusto, il Natale, le meraviglie dell’isola con le sue usanze e attrattive eppure, proprio il giorno di Santo Stefano accade l’imprevisto…la terra trema, le acque si muovono ed un terribile maremoto investe letteralmente la spiaggia dove alberga la famiglia Bennett; le conseguenze sono devastanti.
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Se c’è una cosa che non possiamo di certo rimproverare a Bayona è quello di aver saputo usare tutto il potenziale che era possibile sfruttare da una sceneggiatura ed una storia di questo tipo; ci sono tanti aspetti che considerati singolarmente potrebbero far storcere il naso a molti spettatori, ma se visti nell’ottica globale del lungometraggio hanno una loro coerenza, tanto da non sembrare artificiosi o forzati. Il regista, infatti, fa buon uso dei momenti drammatici, degli attori, degli effetti speciali, della fotografia e del montaggio. Certo, non si può parlare di un vero capolavoro, non possiamo fare un confronto con Hereafter di Eastwood, viste le tematiche affrontate da quest’ultimo e il modo con cui sono state prese in considerazione, ma Bayona riesce a dare una sua impronta, personale e d’autore su quella che è stata etichettata come la più grande catastrofe naturale degli ultimi anni. Non esiste alcuna forma di superficialità nel narrare, fisicamente, la storia e fidatevi se vi invitiamo ad aspettarvi di tutto, sopratutto per quanto riguarda il personaggio di Maria, la quale, sopravvissuta allo tsunami, deve prendersi cura non solo di se stessa, ma anche del proprio bambino. La disperazione che si legge negli occhi di Naomi Watts è una paura concreta, colta in tutta la sua essenza dell’attrice che aveva già dimostrato il suo grande talento in altre produzioni come La promessa dell’Assassino di Cronenberg. La Watts mette in gioco non solo il talento, ma anche il proprio corpo, lasciandosi trasportare dalla forza devastatrice della corrente e cercando di salvare quel che resta della propria famiglia.
La pellicola mette in luce anche il rapporto difficile tra genitori e figli, così se nella prima parte del lungometraggio Lucas, il figlio maggiore, viene presentato (giustamente) come un ragazzo immaturo di 13 anni, sarà attraverso la vista della sofferenza della madre e dell’orrore che lo circonda, a cambiare, quasi radicalmente, atteggiamento, aiutando gli altri e preoccupandosi della donna che l’ha cresciuto, proprio perché lei rappresenta “l’unica cosa che gli resta a questo mondo“, tanto per citare le parole della Watts. Per quanto riguarda il resto del cast vogliamo precisare come McGregor, sebbene non particolarmente in forma e lontano dalle sue più brillanti interpretazioni come in Big Fish, Moulin Rouge! e l’indimenticabile Trainspotting, riesca comunque ad entrare nella storia, seppur il suo sia un ruolo più simbolico e poco approfondito, quasi che rappresenti l’uomo medio vittima degli avvenimenti. Non c’è niente di sbagliato in questo, tanto che durante la visione del film saremmo portati a pensare che il regista non cerchi tanto una sorta di denuncia o una ricerca scientifica che spieghi l’accaduto, quanto la testimonianza evidente che l’uomo, nei momenti di crisi e più oscuri, riesca a far emergere il suo lato migliore, l’aspetto umano che viene spesso a mancare nella vita di tutti i giorni mascherato dalla civiltà e dall’ordine.
Sebbene la prestazione di Naomi Watts dal punto di vista recitativo sia straordinaria, eppure ci vengono in mente tanti altri titoli dove l’attrice australiana aveva messo sullo schermo il suo grande talento che non era stato minimamente evidenziato alle varie edizioni degli Oscar con eventuali nominations, è tuttavia negli occhi del giovanissimo Tom Holland che si legge il vero dramma, la paura e la rassegnazione. Quando vi abbiamo detto che Bayona non si lascia sfuggir niente non scherzavamo e proprio come i momenti ricchi di pathos e drammaticità, ogni tanto fanno capolino anche scene ricche di buonismo (a volte un po’ stucchevole), il tutto non ha comunque un grandissimo peso nel complesso e il regista riesce ad orchestrare la messa in scena in modo da non annoiare mai lo spettatore.
Vogliamo parlare, infine, per quanto riguarda l’aspetto contenutistico di quello che è stato lo tsunami del 2004, vogliamo farlo perché fin dalla prima immagine capiamo fin da subito che quel che andremo a vedere sarà una storia ricca di dolore e l’inquietudine, accompagnata dalla paura e quel senso di disagio è presente fin dalle prime scene dove ad essere protagonista è proprio l’Oceano con la sua vastità.
Tecnicamente spendiamo due parole per quanto riguarda gli effetti speciali, la fotografia di impatto e quasi sempre sui toni gialli e sporchi come i detriti che nuotano accanto ai corpi dei sopravvissuti e il sonoro di buon livello.
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Claudio Fedele