Recensione di Sopravvissuto – The Martian
Al Cinema esistono, tuttavia, solo una manciata di registi a cui va il merito di aver messo le basi per quelli che sono i film di adesso, e con il passare degli anni, la loro influenza si fa sempre più evidente e netta. Tra questi Ridley Scott merita un posto particolare, assieme a Kubrick, per esempio, e la sua Odissea nello Spazio, perché il regista britannico, che in più di settant’anni di carriera ha sfornato capolavori di vario tipo, spaziando dal dramma sociale a quello storico, fin dal suo esordio nello spazio ha lasciato un’impronta indelebile nella cinematografia e, nel dir questo, ci riferiamo a quell’Alien del “lontano” 1979, pellicola destinata ad un successo planetario che, di lì a poco, avrebbe aggiunto il suffisso di cult assoluto, assieme allo straordinario Blade Runner.
Sopravvissuto – The Martian, a distanza di tre anni da Prometheus, è la quarta fatica di Scott per quel che concerne lo Sci-Fi, ed è inutile tergiversare sul fatto che le aspettative fossero altissime, non solo per il lungometraggio in se, ma sopratutto, sembra strano solo scriverlo, nei confronti dell’autore, accusato di aver perso il suo estro e la sua grande capacità di narratore nelle ultime produzioni.
Tratto dal romanzo di Andy Weir, L’Uomo di Marte, pubblicato prima sotto forma di e-book e poi successivamente dato alle stampe in veste cartacea, il soggetto è stato riadattato per il grande schermo da Drew Goddard, stretto collaboratore di Joss Whedon e co-sceneggiatore di alcuni degli ultimi film Marvel. Il risultato,
Con lo scatenarsi di una forte tempesta, la squadra mandata in spedizione dalla NASA su Marte è costretta a far ritorno sulla Terra. Con il concludersi repentino ed inaspettato della missione, durante una pioggia di sassi e detriti, il botanico Mark Watney (Matt Damon) viene accidentalmente lasciato indietro, considerato morto dall’equipaggio e dal capitano Melissa Lewis. Mark si risveglierà il mattino dopo solo su un pianeta alieno ed ostile, lontano anni luce dai sui compagni e dalla Terra, e quel che solo può fare è appellarsi alle
“Sapersi rinnovare, pur rimanendo se stessi”, questi sembrano essere i punti su cui Ridley Scott ha cercato di far leva per il suo ultimo film, con protagonista un ispirato Matt Damon che riesce a gestire sapientemente il suo personaggio in ogni momento. Avere timore del fallimento, almeno sotto il lato tecnico, nei confronti di un uomo che è stato capace, durante la sua prolifica carriera, di dare alla luce piccoli grandi capolavori, sarebbe parso fuori contesto, ma resta il
Eppure The Martian è una pellicola particolare, che punta proprio sul fatto di essere diverso, nel suo aspetto più superficiale, da tutti gli altri lavori del film-maker britannico, quasi fosse una summa del suo cinema visivo, sorretta da una impostazione meno seria e completamente priva di svariati elementi presenti in altre produzioni, concentrandosi, però, sempre sull’uomo e sulle difficili ed estreme sfide che lo attendono. Sia chiaro, il design, gli strumenti e quel che concerne il lato artistico restano affini alla poetica ed alla visione Scottiana, tant’è che chi ha guardato recentemente Prometheus o abbia fatto un salto nella Nostromo, coglierà qualche citazione ed omaggio, nonché (ri)utilizzo di oggetti scenici che strizzano l’occhio alle pellicole sopracitate; quel che invece cambia, portandoci dunque a credere in un’apparente originalità repentina, è possibile riscontrarlo nella scelta del
Non siamo nemmeno lontanamente tra gli spazi angusti e claustrofobici di Alien né proiettati in un futuro distopico e decadente come quello con protagonisti i Blade Runner ed i replicanti, anzi, verrebbe da dire che con The Martian siamo crudelmente messi di fronte ad un tipo di lavoro puramente sci-fi nel senso più concreto del termine, dove la scienza è accentuata fino all’inverosimile e tale aspetto si ripercuote non solo nel suo lato più estetico, ma anche a livello narrativo, dato che, avendo sempre a che fare con scienziati ed ingegneri, Sopravvissuto non si preoccupa né mostra mai pudore nel voler andare a ricercare un linguaggio tecnico, nella sceneggiatura, che a volte può persino risultare difficile da comprendere per il publico medio, fortunatamente
Con questo, Scott, sembra quasi voler mettere in luce un’Odissea umana, volta, nella sua interezza, in più parti affinché venga data una visione a tutto tondo dell’intera vicenda, che non sia vista solo da chi deve essere salvato, ma anche da chi ha il difficile compito di salvare il povero Mark. Il tutto, non a caso, si svolge su ben tre livelli narrativi, ove da una parte abbiamo Matt Damon, un Robinson Crusoe (ma anche un Tom Hanks di Cast Away) ed al contempo un Ulisse omerico che cerca in tutti i modi di (sperare di) far ritorno a casa e di sopravvivere, riuscendoci grazie alla coltivazione di patate nel suo Hab., seguito poi dagli avvenimenti
Nel modo di gestire l’intera storia Scott riesce sempre ad evitare una fuorviante retorica patriottica, puntando la lente dell’attenzione sulle emozioni umane, arrivando, solo di tanto in tanto, magari ad instillare nello spettatore un determinato sentimento di fiducia o esaltazione, senza però mai ricercare un senso di buonismo o altruismo manicheo che avrebbe reso i personaggi meno interessanti e stereotipati; ovviamente la NASA, qui anche co-produttrice e consulente per gli aspetti prettamente tecnici, viene sempre vista con un occhio di riguardo, e su di essa The Martian specula, grazie anche a momenti stereotipati e svolgimenti meno ispirati, ricalcando la formula. quasi fumettistica, del trovare idee e soluzioni a grandi problemi, a volte, quasi come per l’accendersi di una lampadina immaginaria, cosa che alle lunghe può anche stancare o venir meno sul lato della credibilità. Il tutto rimane, tuttavia, sempre distante da una esaltazione di fondo e Scott è estremamente bravo nel saper dosare i momenti più importanti snaturandoli da un’innaturale enfatizzazione che avrebbe conferito al progetto un aspetto di palese campagna di propaganda. Non che ciò non avvenga, nel sotto testo, ma The Martian non dà mai l’impressione di vedere uno spot pubblicitario, realizzato ad hoc, ambendo invece ad una forma che si confà al più alto cinema del genere.
Marte, vero protagonista del film, è qui rappresentato in maniera suggestiva e realistica, dimostrandosi essere forse la più appagante trasposizione sul grande schermo del pianeta rosso, che strizza l’occhio, proprio per la sua natura rocciosa, a quei canyon visti nei classici Western di Tom Ford e la sua Monument Valley
Nel descrivere la sopravvivenza del botanico Mark, The Martian sceglie la via della commedia, moderata e mai sopra le righe, che trova il modo di rivelarsi tale grazie alla figura di quest’ultimo, cucendo addosso a Matt Damon un personaggio che fa dell’autoironia un marchio di fabbrica, a cui si alternano (pochi) momenti drammatici, ma essenziali per tenere sempre il tutto su dei binari precisi. All’insieme va aggiunta una colonna sonora che si compone di tracce disco e dance degli anni ’80, che sembra richiamare l’altrettanta brillante soundtrack di Guardians of Galaxy, la quale alleggerisce e smorza, in più momenti, la tensione, elemento che prende totalmente il posto di comando proprio nelle sequenze finali, nei momenti più concitati e decisivi, dove ogni piccolo errore è sinonimo di fallimento.
The Martian – Sopravvissuto è un film che potrebbe destabilizzare non tanto gli amanti del genere fantascientifico, quanto piuttosto, in un primo momento, chi professa di amare il cinema di Ridley Scott. E’ un film molto “nerd” e pop, che si rivela affine con il gemello cartaceo e mescola al dramma piccoli aspetti che hanno condizionato il mondo degli ultimi anni sotto il lato dell’intrattenimento. Nel suo essere “classico” nella regia e nell’impostazione, Sopravvissuto mostra originalità e coraggio, voglia di giocare con lo spettatore e inserirlo in un contesto con il quale può interagire e familiarizzare, rendendo sempre il tutto verosimile, grazie anche a collegamenti cinematografici e letterati a volte tanto fuori luogo quanto geniali (il riferimento ad Iron Man ed al Consiglio di Elrond del Signore degli Anelli, in una scena con protagonista niente meno di Sean Bean, faranno la gioia di un particolare tipo di pubblico), portando a credere non solo a quel che vediamo sullo schermo, ma a convincerci che, da un momento all’altro, questo potrebbe realmente accadere. Scott si rinnova, dà nuova linfa al suo stile, o semplicemente sceglie una strada meno seria dove inserisce il proprio talento e lo indirizza ad una storia che trasuda spettacolo e cinema d’alto livello visivo grazie ad ogni sua inquadratura. Non fosse stato per qualche momento meno riuscito con protagonisti i dirigenti della NASA, un sentimento che ha il sapore a volte di una studiata campagna di marketing, Sopravvissuto avrebbe avuto tutte le carte in regola per essere un vero
Invero è difficile muovere delle accuse pesanti a The Martian, perché al di là di quelle elencate sopra, piccole lacune, obiettivamente, ogni cosa è perfetta là dove si trova, a cominciare dal cast, che oltre a Matt Damon può vantare una Jessica Chastain ancora una volta proiettata in una vicenda fantascientifica, meno personale e autoriale dell’Interstellar di Nolan, ma di nuovo privilegiata nella gestione di un ruolo profondo e carismatico, degno delle più note eroine della filmografia del regista. Cogliendo in modo sapiente molte delle sfumature del cinema sci-fi degli ultimi anni, Ridley Scott con The Martian convince e ci rassicura sul fatto che la sua creatività, anche dopo anni ed anni di servizio, resta immutata, pronta, sempre, a sfornare lavori di cui si parlerà in futuro.