Recensione di Skyfall
Dalla caotica Instanbul, con il gran Bazaar affollato ed i suoi Minareti, alla iper tecnologica Shanghairicca di palazzi dai colori accessi che colorano le più cupe notti, dalla plumbea Londra, sempre ritratta con quei marciapiedi bagnati e vetri di finestre rigati dal cadere
Sono le note di Skyfall, ad oggi una delle più belle canzoni mai scritte per la saga, che accompagna i titoli di apertura, cantata da Adele, ad aprire le danze di una pellicola che grazie ad una sceneggiatura capace di rimanere classica nella struttura, ma al contempo innovativa, riesce a convincere sotto ogni aspetto, complice anche la maestria tecnica di Sam Mendes, che dopo i drammatici American Beautye Era Mio Padre, si prende la responsabilità di portare sul grande schermo un’icona internazionale come 007.
Per il suo mezzo secolo di storia, la spia di sua maestà per eccellenza, amalgama sapientemente e con coraggio il proprio passato al presente, prendendo con ironia questi due aspetti sotto molti punti di vista, i quali si ripercuotono prepotentemente non solo sul protagonista stesso, risorto, certo, ma forse non più
Bond, ormai deceduto per l’autorità, per errore, a tutti gli effetti, potrebbe vivere la propria vita in piena tranquillità, godere di una pensione che per una spia sa tanto di fallimento personale, e stare lontano dai problemi che attanagliano il suo paese. Eppure la posta in gioco è troppo alta, ci sono poi dei piccoli sassolini che 007 deve togliersi dalla
Al contrario degli altri lungometraggi, Skyfallbeneficia, inoltre, di un antagonista all’altezza, che funziona, nella sua pazzia, capace in parte di affascinare e stupire, sebbene il suo ingresso arrivi a metà dell’opera, scatenando un vero e proprio putiferio, rovesciando ogni piano della sezione MI6, dimostrando sempre di avere un piano di riserva o godere di un notevole vantaggio tattico. Silva, il quale ha il volto di uno psicopatico Javer Bardem, ove a momenti ricorda la sua performance in Non è un Paese per Vecchi dei Coen, non è una nemesi nata da un’interminabile e sovversiva voglia di potere, o dall’avidità, esso è anch’egli fuori uscito dalla macchina dello spionaggio, che nel suo cinismo estremo, non fatica a sacrificare i propri agenti per un bene “più alto” senza tener conto delle ripercussioni personali su quest’ultimi. In quanto figlio e prodotto di un determinato mondo, Silva mostra più di un’affinità con l’eroe protagonista, non unicamente dettata dal fatto che entrambi hanno avuto come mentore M,
Skyfall dona un respiro più ampio e compatto ad una saga che ha fatto la storia del cinema, pur con le sue cadute e capitoli poco riusciti. Craig veste ancora i panni di 007, e questa volta il suo Bond, dipinto dietro ad un velo di romanticismo dettato dai versi dell’Ulysses di Tennyson in una sequenza madre, si ritrova in una vicenda ricca di sequenze spettacolari e sorretta da una sceneggiatura forte sia sul piano narrativo che su quello tecnico, strabiliando e convincendo grazie al ritmo serrato ed alla regia di Sam Mendes, il quale ha saputo destreggiarsi, con dovere e rispetto, tra le gesta del più famoso agente di Vostra Maestà la Regina. God Save Bond, James Bond.