Recensione di Jurassic World
Non molto tempo fa, su Facebook, circolava una foto che rappresenta Robin Williams nelle vesti di Alan Parrish, il “giovane” sfortunato che per magia e per volere del destino entrò nel mondo di Jumanji, gioco da cui prende titolo il film omonimo, ritornando nel mondo reale, il nostro, solo dopo più di quasi vent’anni, esclamando a gran voce: “Mad Max, Terminator, X-Files, Star Wars, Twin Peaks, Jurassic World? Mi dite in che anno siamo?”
In effetti il 2015, rispetto agli anni recentemente andati, ha deciso di giocare sul sicuro, non prendendosi, per quel che concerne il mondo dei blockbuster, dei grossi rischi e puntando sul proporre al grande pubblico prodotti che hanno già fatto la storia del Cinema. Un po’ come, verrebbe da dire, giocare a nascondino conoscendo già i luoghi in cui sono nascosti gli avversarsi, o fare una partita a poker con le carte scoperte. Che si appoggi l’idea di voler mettere in mostra ancora franchising “datati” o meno, di fatto, sia i ragazzi della nuova generazione, che gli adulti, con i cui film sono cresciuti nelle decadi passate, stanno reagendo in modo assai favorevole, ed ogni volta che si va al cinema, di questi tempi, è come un tuffo nella propria infanzia, è quasi un cambio di testimone, tra noi ed i futuri giovani aspiranti appassionati di cinema, ed è, fondamentalmente, la riprova che alcune storie fanno fatica a perire e non potranno mai diventare dei fossili.
Jurassic World ha avuto una gestazione complicata, inizialmente doveva uscire nel 2014, ma per problemi di produzione, legate a complicazioni sullo script, è slittato all’anno successivo; Steven Spielberg, direttore dei primi due capitoli, questa volta ha preferito riservarsi il posto di produttore esecutivo, lasciando in questo modo le redini del tutto al giovane Colin Trevorrow, realizzatore di un solo e vero film in tutta la sua carriera e qualche cortometraggio, ma grande appassionato di dinosauri e del Jurassic Park con il quale, da giovane, è cresciuto.
L’idea di tornare dopo ben 22 anni ad Isla Nublar, in Costa Rica, poteva rivelarsi tanto audace quanto stupida, complice il fatto che oggi le cose non sono più come gli anni ’90 ed il genere sci-fi realizzato su larga scala non sempre porta a felici conclusioni, sopratutto di mercato, ma il marchio del brand ha senza dubbio rassicurato, sotto certi aspetti, i realizzatori affinché questo quarto sequel fosse realizzato il prima possibile, fosse solo per il fatto di levarci dalla memoria quel disastroso ed osceno terzo capitolo che in molti considerano un vero e proprio orrore cinematografico.
Il parco, nel 2015 è aperto, i visitatori possono entrarvi senza troppi problemi, si prende un aereo, un battello e poi si comincia il tour, le attrazioni sono innumerevoli, i dinosauri non solo si possono vedere, ma con essi è possibile persino interagire, alcuni si possono tranquillamente cavalcare e toccare, mentre altre specie sono confinate a recinti di massima sicurezza per la loro natura pericolosa ed aggressiva. Ed è proprio in quest’isola, in questo paese dei balocchi dal gusto antico e cretaceo, che vengono mandati Zach e Gray Mitchell, fratelli che devono vivere l’imminente divorzio dei genitori e la dura realtà che niente, per loro, sarà come prima, una volta tornati a casa alla fine di questa “vacanza”. In quanto responsabile delle operazioni del parco e zia dei ragazzi, Claire Dearing dovrà impegnare tutta se stessa non solo nel controllo delle attrazioni, ma anche nella sorveglianza dei propri nipoti, eppure qualcosa va storto, una nuova forma di vita, creata in laboratorio venuta alla luce mischiando più specie di dinosauro, riesce a fuggire dal recinto, e la sicurezza nel parco, piano piano, inizia a vacillare. Il pericolo, con i dinosauri sempre più a piede libero nell’isola, assume dimensioni catastrofiche, ma Claire non solo deve mantenere la calma per tenere sotto controllo l’ordine al Jurassic World, ma, con l’aiuto del cinico Owen Grady, ammaestratore di Velociraptor, deve iniziare sopratutto ad andare a cercare Zach e Gray, dispersi, per un malaugurato caso, proprio nella vegetazione dell’isola ed in grave pericolo.
Jurassic World può ambire ad essere un nuovo capitolo di straordinaria bellezza e fattura come lo è stato, nel lontano 1993, il primo episodio? Certo che no, e sebbene sperarlo non fosse un male, la realtà dei fatti è un altra, ma se ci domandassimo quanto valga questa nuova pellicola, la risposta sarebbe, senza dubbio, che il lavoro svolto da Trevorrow ha notevoli pregi e può avvalersi di essere un buon film, compatto ed in alcuni momenti davvero ben costruito.
Partendo da quelli che sono i lati negativi o poco riusciti dell’insieme, va messo in luce una storia gestita in alcuni frangenti con considerevoli riserve, che non danno la giusta enfasi o tensione dovuta, ed in questo il producer Spielberg era un vero maestro, che si parlasse di creare panico con squali, alieni, macchine o persone; ovviamente, quando è necessario, la spettacolarizzazione non viene mai a mancare, ma a dar particolarmente noia sono alcuni comprimari, come il personaggio di Vincent D’Onofrio, un militare che vuole fare degli esperimenti del Jurassic Lab. una fonte strategica per dare alla luce una nuova forza bellica, che appaiono vecchi e stantii sullo schermo, una sorta di soluzione adottata dai realizzatori per dare al pubblico un nemico non solo preistorico, ma anche umano in carne e ossa. Sul piano della storia, in sé per sé, questo personaggio regge, ma sullo schermo le cose sono leggermente meno riuscite anche, magari, a causa di un’interpretazione non particolarmente ispirata di quest’ultimo. Da mettere in risalto, inoltre come la figura dei giovani ragazzi, alle lunghe, tenda un po’ troppo a sdrammatizzare la pellicola, come questi appaiano quasi un peso per la vicenda narrata che si porta appresso, in questo modo, un elemento in più poco abbozzato ed emotivamente poco accattivante, anche se, va detto, l’elemento “giovanile” in questi lavori ha sempre rappresentato una costante.
Dove il film, però, mostra il meglio di se è nella sua impostazione a voler mettere in scena un parco a tema estremamente contemporaneo, realistico e spietato. Trevorrow ha senza dubbio analizzato a puntino il modo in cui questa nuova attrazione dovesse attirare il pubblico e farla innamorare, ed infatti una volta superate le porte del J.W. quello che abbiamo dinnanzi ai nostri occhi è una realtà tanto contaminata dalla fantasia, quanto credibilmente attuale. Immaginate, solo per un momento, di far da vero parte del Jurassic World, un mondo dove (alcuni de)i dinosauri possano vivere pacificamente con gli esseri umani, o che si mettono in mostra per essi, nati e cresciuti in cattività ignari, a volte, del mondo de li circonda. E’ tanto bello quanto crudele, come entrare in uno zoo moderno, dove al posto delle balene si trovano i Mososauri, ed i T-Rex prendono il posto dei leoni. Con una computer-grafica all’avanguardia, che i tanti picchi raggiunti in alcuni momenti sono eguagliati con plateali cadute, i dinosauri finalmente prendono vita sullo schermo e quando la scena appartiene a loro il film, senza troppi problemi, prende la giusta marcia, emoziona ed intriga, dando conferma, anche ai più scettici, che ancora oggi il mondo della preistoria affascina e conquista l’uomo.
Jurassic World è una realizzazione fatta con cura certosina, che non ha badato a spese nella sua messa in scena, ed offre continui rimandi al primo capitolo della serie, con omaggi e citazioni, dettagli e video che ricordano il mondo idealizzato ed in parte realizzato di John Hammond, ed è proprio quando si strizza l’occhio al passato, paradossalmente, che, anche sotto il profilo antropologico, il tutto prende ancora una volta una piega inaspettata e appagante, quando sullo schermo iniziano ad animarsi elementi di quel primo Jurassic Park ritenuto dai più un vero e proprio prodigio della settima arte, nel suo genere.
Nella sua più primordiale essenza, laddove il primo capitolo criticava la pazzia dell’uomo nel voler dare alla luce un ecosistema estinto milioni di anni fa facendone, così, un vero e proprio stupro, questa volta la morale si allinea molto di più alla tracotanza dell’essere umano nel voler dare alla luce un nuovo Frankestein, un mostro uscito dal laboratorio per spaventare e catturare l’attenzione del pubblico, per essere il vanto del capitalismo e sfidare le leggi della scienza e dell’etica. Una scelta, questa, che si allinea con i migliori propositi della saga, che si confà di una vena naturalistica interessante nonché tremendamente attuale. Al tutto, infine, aggiungiamo i siparietti del sempre più carismatico e cinico Chris Pratt, ormai ad un passo dall’essere etichettato come il nuovo Harrison Ford, sempre a suo agio sulla scena, un po’ troppo sicuro di se, ma perfetto in questo tipo di film.
Ci fa sentire vecchi, questo Jurassic World, laddove un tempo il parco era una meta turistica solo abbozzata, realizzato un po’ all’acqua di rose, oggi è un parco a tema vero e proprio, il migliore in assoluto, in teoria, dove i selfie e gli smartphone la fanno da padrone in questo Disney-World ultramoderno, e le persone hanno un gusto per il macabro ed il massacro davvero incredibile. Verrebbe, in virtù di ciò, da domandarsi se i mostri non si sia noi, che ci sentiamo al sicuro da animali più antichi e nobili della specie umana, solo perché, magari, un vetro ci separa da quest’ultimi.
Con qualche scivolone, sia tecnico che di sceneggiatura, personaggi a volte abbozzati e troppo poco caratterizzati, Jurassic World non si mostra all’altezza del suo “antenato”, ma vale la pena guardarlo, perché sa divertire ed appagare, cita Spielberg e Jackson, ha delle ottime tracce musicali, che non fanno rimpiangere le bellissime melodie di Williams, curate questa volta da Michael Giacchino, e poi perché vedere con i nostri occhi un mondo che ancora fatichiamo a controllare e che forse mai riusciremo a domare, come è giusto che sia, semplicemente perché non ne facciamo parte e basta, resta una magia che solo il cinema sa regalare, un’illusione tanto concreta da toccarci nel profondo in più di un’occasione, un desiderio che nella realtà probabilmente non abbracceremo mai (fortunatamente).
Un parco fatto per le persone, ove non si bada a spese, era il sogno di John Hammond, e quel sogno oggi (almeno per 45 minuti) oggi è stato realizzato, ed è stato bellissimo, davvero, prendervi parte e rimettere piede al Jurassic Park. Dopotutto, i dinosauri dominano ancora la terra.
Comments