Recensione di The Hours
Ci sono lungometraggi che non hanno bisogno di tante presentazioni, pellicole indipendenti che magari ottengono scarsi risultati al botteghino, ma che al tempo stesso offrono prove di vero cinema d’autore dove la cinepresa riesce a trasformarsi in un mezzo per giungere ad un fine più ampio, non limitandosi il semplice intrattenimento né offrire uno spettacolo per famiglie o per chi non sa come ingannare il tempo. Questi tipi di film sono quelli che bene o male hanno al loro interno un qualcosa, una briciola di verità, poesia, drammaticità che fanno impazzire la critica specializzata ed il pubblico (quello più colto almeno, che non si lascia abbindolare dai blockbuster e che si esalta non tanto per i risvolti della storia che si prestano a vedere quanto per le esplosioni che cercano di contare durante la proiezione in sala), dimostrando che ancora oggi, nell’era del digitale, degli effetti speciali e delle pellicole costose realizzate solo per fare soldi, esistono lungometraggi degni di tal nome ricchi di tutta quella profondità per essere ripresi e (ri)ammirati negli anni a venire. The Hours (Le Ore), tratto dall’acclamato romanzo di Liam Cunningham, appartiene a questa categoria, si distacca dunque dai kolossal e con un cast che nemmeno la parola “eccezionale” può minimamente arrivare a descrivere, mette in luce la storia di 3 donne incredibili, donne forti, deboli, con i loro problemi, ma coraggiose.
La vicenda si svolge in un unica giornata, ma le protagoniste vivono in periodi di tempo diversi. Da una parte abbiamo Virginia Woolf (Nicole Kidman), la famosa scrittrice inglese, alle prese con la depressione e con la stesura dei suoi racconti. Laura Brown (Julianne Moore), invece, vive negli Stati Uniti d’America, durante la seconda guerra mondiale ed è una madre a tempo pieno, che si prende cura del figlio e del marito, occupato a lavorare durante il giorno. Clarissa (Meryl Streep) , chiamata dagli amici Mrs Dalloway, è un’editrice che vive nella New York dei giorni nostri ed ha intenzione di organizzare una festa per il suo amico Richard, morente ormai di AIDS.
Ognuna di queste donne affronta la propria vita a suo modo, cercando di combattere i propri demoni e superando le difficoltà che vengono poste loro. Virginia è una donna forte, ma allo stesso tempo vittima della depressione, del suo bipolarismo e del suo genio creativo. Laura è una rispettabile signora, incinta del secondo figlio, ma dentro di sé nasconde un segreto, una tristezza ed un forte senso di prigionia che non vuole mostrare al proprio marito. Clarissa cerca di organizzare una festa, una sorta premiazione per il suo amico occupando tutto il suo tempo, in modo tale da evitare di pensare ai suoi errori, alla sua vita e per evitare di soffermarsi a pensare a ciò che ha fatto in tutti questi anni.La storia si apre con il suicidio di Virginia Woolf in un fiume, vicino alla sua tenuta estiva e questo è anche il modo in cui finisce il film, con le parole della nota scrittrice che riempiono l’ultima scena, costellate da quel paesaggio di campagna inglese bucolico.
Capire appieno un film come The Hours potrebbe essere una delle cose più difficili da fare, altrettanto difficile è spiegarlo dato che, come ogni film dove siamo messi di fronte ad una storia semplice ed allo stesso tempo complessa, l’opera di Daldry si avvicina molto a quel genere di lavoro che i comuni mortali chiamano “unico”. Non è un caso che l’opinione che ne scaturirà dalla visione del lungometraggio sarà del tutto soggettiva, che poche certezze a livello di impressioni generali e di trama saranno universali e questo è dato sopratutto dalle diverse letture che si potranno dare alla storia, che potranno essere ancor più approfondite con una seconda e terza visione. Assistere un collegamento spazio-temporale così forte con tre donne non può che essere una buona motivazione per vedere The Hours, inoltre provare ad entrare nonché cercare di comprendere la loro psiche, le loro paure e cercare di capire l’anima di una personalità come quella della Woolf, complessa e straziante, è senza dubbio uno degli aspetti più affascinanti di questo prodotto, esattamente come quella di Laura o Clarissa donne con altrettante paure, dolori e problemi. Tutte e tre sono esseri umani che devono fare i conti con le loro angosce ed anche chi non lo da a vedere arriverà ad un preciso momento di rottura, di totale disperazione, dalla quale poi cercherà di riemergere. I dialoghi sono importanti e profondi, quasi a voler sottolineare sempre l’atmosfera che caratterizza la pellicola, sinonimo dunque di una sceneggiatura curata sin nel dettaglio; l’opera inoltre, sebbene supportata da una trama particolarmente straziante ha al suo interno un forte inno alla vita, al voler spingere ognuno di noi ad andare avanti ed avanza queste tematiche senza alcuna retorica o buonismo.
Per quanto riguarda al cast stavolta è bene fare una menzione speciale alla brava (e sempre bella, per quanto irriconoscibile) Nicole Kidman, che mai come in questa lavoro, sebbene il suo talento fosse stato dimostrato in tante altre occasioni, era stata capace di regalare un personaggio così bello e sofferente, intenso e drammatico. Quando sulla scena appare la sua Woolf tutto si oscura, ogni cosa sparisce e siamo come rapiti dai suoi turbamenti, dai suoi desideri e dalle sue incomprensioni. Vedere questa donna incarnare un’essere altrettanto complesso e difficile dimostra come la Kidman sia una attrice di classe e quando si guarda questo film pare di essere davanti alla scrittrice inglese in persona. La sola potenza che l’attrice australiana mette sguardo è capace di dire tutto; una performance costellata da lenti movimenti, pochi dialoghi dove tutto vien da sé in modo naturale capace di colpirci nel profondo e catalogare come una delle migliori performance di sempre quella fatta da Nicole Kidman in questa pellicola. Ottime le interpretazioni fatte anche da Julianne Moore, il suo personaggio è una figura che ispira compassione, tristezza e amarezza, specialmente nella parte finale; in tutto questo non ci si sente mai abbastanza sicuri di condannare appieno il comportamento della sua Laura Brown. La Clarissa di Meryl Streep è, apparentemente, la persona più spensierata e sicura delle tre, risultando essere anche la donna più altruista rispetto alle altre due e allo stesso tempo rappresenta l’incarnazione la figura della famosa signora Dalloway; ma i suoi sorrisi e le sue azioni sono solo un velo dove si cela un dramma interiore radicato nel suo animo fragile. Tutto questo viene espresso in modo encomiabile da una sempre divina Meryl Streep.
Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, degno di nota è il montaggio, specialmente nella parte iniziale e nelle prime scene. Vedendo una delle prime sequenze il regista vuole mettere in luce che il tempo è un concetto del tutto relativo e che più persone posso essere collegate tra loro anche a distanza di anni. Molto bella è la colonna sonora, principalmente composta da pezzi realizzati al pianoforte. Parte altrettanto importante di quest’ultima sono anche i rintocchi degli orologi, che scandiscono il tempo ed il passare delle ore.
The Hours è un ottimo un film che riesce a creare poesia grazie sopratutto alla storia e alle protagoniste, è una pellicola che si spera in futuro possa essere ricordata. Come accade quando si legge un libro o un’ode in versi, non tutti concorderanno sulla qualità della presente opera, che secondo noi rimane comunque di un certo livello. Bisogna ammettere che alcuni spettatori potrebbero trovare i 114 minuti complessivi troppo lunghi e tediosi, con dialoghi a volte fin troppo elaborati o apparentemente retorici, ma il punto è che in questo film la retorica non esiste. La indimenticabile Virginia Woolf ci lascia un testamento importante nella sua “ultima lettera”, un insegnamento che non bisognerebbe mai scordare: “Amare la vita in ogni momento, ogni attimo, in ogni ora. Il resto sono solo dettagli insignificanti”.
Claudio Fedele
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