Recensione di Gangster Squad
Los Angeles 1949. Il crimine dilaga in ogni strada, nessuno è al sicuro e tutti devono tener conto al mafioso Micky Cohen, capo del crimine organizzato nella Città degli Angeli. In tutto questo trambusto, omicidi e violenza gratuita John O’Mara (Josh Brolin) viene messo a capo di una squadra segreta dal Comandante della Polizia Bill Parker affinché dietro copertura possano mettere la parola fine al massacro nelle strade. O’Mara recluta così un manipolo di uomini, spinto da intenti nobili e orgoglioso di fare una volta tanto ciò per cui è entrato nella polizia di stato; tra i pochi (pre)scelti c’è anche Jerry Wooters (Ryan Gosling), abile poliziotto che ha una relazione segreta con la nuova amante di Cohen (Sean Penn). La situazione è delicata e la nuova forza speciale, tenuta sotto la massima segretezza, non può commettere errori se vuole arrivare a ripulire una volta per tutte Los Angeles dalla criminalità.
Ruben Fleischer cerca di incantare il grande pubblico portando in scena una storia che di base ha tutte le carte in regola per piacere ai più: attori capaci, trama intrigante e travolgente, donne ricche di una non poca considerevole sensualità, un cattivo con i fiocchi ed una regia movimentata al punto giusto. Reduce dal successo del cult movie Benvenuti a Zombieland, il regista Statunitense prova a ripetersi rassicurato, forse, da un cast di tutto rispetto: Brolin, Stone, Gosling, Penn e Nolte. Peccato che, attori a parte, il tutto si sbrogli sempre nel modo peggiore ed il film si faccia, costantemente, più pesante, con il passare del tempo, di dialoghi e situazioni poco originali intrisi di una retorica e di frasi fatte che alle lunghe se non annoiano sanno comunque di già visto facendo perdere al tutto quel vago interesse che era lecito aspettarsi da Gangstar Squad. Inoltre, sebbene la regia di Fleischer, si adattasse alla perfezione ad una parodia come Zombieland, stavolta i tanti rallenty e le lunghe sequenze d’azione dopo un po’ iniziano a dar noia e ad essere troppo pretenziose, forse realizzate per una vana di ricerca del giusto pathos e della giusta drammaticità. Gli attori, per lo più, sono poco affiatati, mal utilizzati ed in alcuni casi completamente fuori luogo; ci riferiamo, per lo più alla femme fatale interpretata da Emma Stone, il cui personaggio non le si addice affatto: troppo tenero e ingenuo il suo viso per vivere in compagnia di un grande boss mafioso ed al contempo fare da spia all’amante poliziotto.
Con una fotografia che porta il lungometraggio più su un livello quasi video-ludico, ed i paragoni con L.A. Noire sono leciti per certi aspetti, con delle scenografie ricreate interamente al computer Gangster Squad non riesce né ad intrattenere nel modo giusto, né tanto meno a convincere. Complice di tutto questo vi è alla base una sceneggiatura non priva di evidenti lacune ed una storia che alla fin fine ricorda vagamente gli Intoccabili di De Palma (e allora potremmo e vorremo in tutta onestà parlare molto più volentieri di quel grande capolavoro con Sean Connery) ma che non riesce né a parodiare né tanto meno a raggiungere, facendo risultare così il tutto un film dimenticabile, scialbo e poco personale. Un occasione più che mancata, un prova da lasciare nell’oscurità di qualunque cineteca che non avrà alcuna ripercussione né sul cinema generale né in quello di genere gangster futuro, poiché l’unica nota positiva di questo prodotto rimangono gli spassosi siparietti (che paradossalmente dovrebbero essere i momenti più drammatici) fatti da Sean Penn ed il suo Micky Cohen sempre sopra le righe e tanto stereotipato quanto caricaturale!
Claudio Fedele
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