Recensione di Black Sea
E’ un insieme di citazioni e generi la sua ultima fatica, ed il capitano Robinson (il cui nome pare una citazione del noto romanzo di Defoe) si presenta a noi quasi come un capitano Achab, non alla ricerca della nota balena bianca, ma dell’oro che per lui rappresenta l’unica ed ultima possibilità di riemergere al mondo con le vesti di un uomo nuovo, rinato e privo di quella povertà e solitudine, insuccesso e ingiustizia, che ha sempre contraddistinto la propria esistenza.
Jude Law si carica il film sulle proprie spalle, e cuce attorno al suo alter ego un pathos ed un senso del drammatico interessante e ben riuscito, alimentando una climax perfetta che, al momento opportuno, non va mai sopra le righe, perché è proprio nel sapersi contenere, nel non andar oltre, che Robinson rivela tutta la sua natura, le sue debolezze e la consapevolezza di aver gettato al vento l’ultima possibilità donatagli. A Law spetta il compito di segnare non solo
Sotto quello che potremmo considerare il profilo tecnico, la pellicola di MacDonald sembra abbracciare vari generi e lungometraggi passati; al di là di una palese citazione a Jaws di Steven Spielberg ed a Shining di Kubrick, la struttura del sottomarino, il suo aspetto capace di suscitare inquietudine e claustrofobia, pare strizzare l’occhio all’astronave Nostromo di Scottiana memoria, e le strette panoramiche, così come i movimenti di macchina, che aumentano ancora di più la sensazione di essere in un luogo ostile, unita all’irascibilità dell’equipaggio, donano maggior enfasi a quanto detto poc’anzi. Certo, non siamo dalle parti di Alien, data
Black Sea si è rivelata essere una pellicola interessante, compatta e solida nella sua messa in scena, meno brillante magari nella gestione di alcuni momenti che potevano essere gestiti meglio o che una mano più esperta avrebbe concesso loro maggior attenzione o enfasi. Dietro, tuttavia, a queste critiche, il prodotto di MacDonald rimane un lungometraggio godibile e appagante, sopratutto nel saper gestire un cast che, per quanto sconosciuto, rimane costantemente presente sulla scena e per questo bisogna dare atto al fatto che la pellicola sappia sapientemente destreggiarsi ed aggirare molti dei cliché e luoghi comuni che avrebbero conferito al tutto una patina di già visto o di disinteresse. E’ un film incentrato sull’uomo, sull’avidità di quest’ultimo ed il bisogno di riscattare la propria vita anche quando questo significa sacrificare quella degli altri pur di mettere fine alla missione, e Kevin MacDonald
Siamo, in definitiva, quel che vogliamo essere, figli di un mondo e di una società che porta l’uomo ad essere meno di niente, un mollusco in mezzo alla vastità di un oceano di orrore e bugie, opportunismo e crudeltà e tutto questo ha un prezzo, molto salato e duro da pagare. Con un Jude Law in stato di grazia, che corre ai ripari di un cast non proprio eccezionale ed a tratti anonimo, Black Sea può ritenersi soddisfatto del proprio protagonista, sempre credibile e arricchito di dettagli che donano un background narrativo semplice, ma efficace alla figura del capitano Robinson. Quasi fosse un film d’avventura all’Indiana Jones, ma incentrato in un universo realistico drammatico, la caccia al tesoro russo si rivela non una semplice missione di recupero, ma una vera e propria analisi della natura umana, sulla quale MacDonald attua una denuncia ed una tragedia degna di essere accostata alle più belle mai narrate nella letteratura marittima degli ultimi anni.