Dopo aver deliziato gli occhi di tutti gli spettatori con lavori quali Le Iene e Pulp Fiction ed i più recenti Kill Bill volume I e II, Quentin Tarantino decide, nel 2009, di girare un film con un cast di primo ordine, una storia da lui scritta, curata e girata per tornare a discutere del periodo più buio del 1900 : la Seconda Guerra Mondiale. Nasce così quello che sarà Bastardi senza Gloria (in inglese Inglorious Basterds) che già dal titolo si rivela essere un omaggio al lavoro di Enzo Castellari (da noi intitolato “Quel maledetto treno blindato”, ma passato negli Stati Uniti sotto il nome di ” Inglorious Bastards”) ma dal quale, a livello di trama prende le distanze.
Ritorna Tarantino, ritorna il suo cinema che continua, dopo quasi 20 anni, a far parlare di se e torna in ballo la Storia, quella con la “S” maiuscola, qui presa come base per trattare una vicenda ad essa parallela (ed a tratti verosimile) che vede come protagonisti un gruppo di uomini intenti a uccidere nazisti e far fuori una volta per tutte l’alto comando. Divisa in 5 capitoli, per una durata totale di ben 140 minuti circa, Bastardi senza Gloria si preannuncia essere uno dei film più belli degli ultimi anni e di certo segna la riscoperta di un genere (il film storico) che assume una tinta personale che lo allontana da ogni altro film realizzato fino adesso, quella del regista di Pulp Fiction.
La storia prende il via nella Francia occupata dai nazisti, questo rappresenta il primo capitolo della pellicola e vede protagonista il colonnello Landa (interpretato dall’allora semi sconosciuto Waltz) intento a scovare ebrei tra le colline francesi. Questi si reca in casa di un fattore e dopo una lunga conversazione scopre dove sono tenuti nascosti i rifugiati. Di tutta la famiglia, che si nascondeva sotto il pavimento, si salverà solo Shosanna.
Il secondo capitolo vede protagonisti i Bastardi, capitanati da Aldo Raine detto “Aldo l’apache”, colui che è riuscito a mettere insieme un manipolo di uomini con un solo intento: uccidere i soldati tedeschi sotto il comando di Hitler. Nel frattempo, oltre a far vedere quelli che sono i successi degli uomini di Raine ( tra i quali ci sono ex militari, ribelli e perseguitati), il capitolo si concentra anche nel mostrare le paure che quest’ultimi muovono all’interno dell’alto comando, tanto da guadagnare soprannomi che non devono nemmeno essere sussurrati tra le fila dell’esercito (un esempio è il sergente Donnie Donowitz chiamato l’Orso Ebreo, noto per uccidere i suoi nemici con una mazza da baseball e spaccare loro il cranio).
Nel terzo capitolo fa la sua comparsa la sopravvissuta Shosanna, che adesso gestisce un cinema a Parigi, ereditato dai suoi zii. Quest’ultima fa conoscenza con un ufficiale tedesco, noto per le sue recenti imprese belliche, il quale si innamora della giovane ebrea, ma la ragazza, dopo aver visto ciò che i tedeschi hanno fatto alla sua famiglia, mostra di provare un solo sentimento che è proprio quello di un profondo disprezzo. Tuttavia, ormai infatuato, il giovane soldato decide di proporre ai suoi superiori collocare la premier del film che lo vede protagonista ( Orgoglio della Nazione) esattamente nel cinema della ragazza francese. Nella mente di Shosanna si profila così l’idea di dar vita ad una spietata vendetta.
Il quarto capitolo, ambientato quasi completamente in una taverna e ricco di dialoghi, vede protagonista il talentuoso Michael Fassbender nelle vesti del tenente inglese Hicox, spedito dall’Inghilterra in Francia, per raggiungere i Bastardi e l’attrice Bridget von Hammersmark, in modo da mettere su quello che sarà un vero e proprio attentato contro la Germania. Le cose tuttavia non vanno come previsto e perdono la vita alcuni degli uomini di Raine. Quest’ultimo, deciso sempre a far fuori i pezzi grossi del terzo Reich, decide che sarà lui stesso assieme ai rimanenti componenti del gruppo a realizzare il piano, che prende il nome di Operazione Kino.
Nel quinto capitolo, quello conclusivo, si ha la vendetta da parte della giovane Shosanna, la realizzazione dell’attentato e la fuga del colonnello Landa, che baratta la propria salvezza con la morte dell’alto comando tedesco e la realizzazione dell’operazione segreta che era riuscito a scoprire grazie alle sue grandi doti di investigatore. Tuttavia, proprio in una delle ultime scene, anche il colonnello nazista dovrà pagare, inaspettatamente, un prezzo per quello che ha fatto e verrà letteralmente segnato con una svastica sulla fronte, in modo tale che tutti sappiano chi era davvero una volta finita la guerra.
Parlare di un film come questo, così ampio, ricco di citazioni, pieno di originalità e con una grande impronta d’autore non è semplice, in primis perché di Bastardi senza Gloria si potrebbe discutere per ore ed ore e scrivere fiumi di pagine, ma ciò non è possibile e quello che conviene fare è analizzare alcuni dei dettagli o sfumature, che dir si voglia, che costellano la pellicola. Per prima cosa prendiamo in analisi quello che è uno degli aspetti del cinema Tarantiniano, che non ne rappresenta tuttavia il cuore, ma che è presente in molti dei suoi film: stiamo parlando degli innumerevoli omaggi che quest’uomo fa ne i suoi lavori ai tanti capolavori (o film minori) che lo hanno colpito da giovane o durante la sua vita. Qui ce ne sono diversi, a partire dal primo capitolo che offre momenti che strizzano l’occhio ai film di Sergio Leone; oppure si può benissimo notare l’espressione usata da Brad Pitt nel quarto capitolo (quello dello scantinato) “stallo alla messicana” che ricorda tanto i film western sempre amati da Tarantino. Ci sono persino le musiche di Morricone, il quale non ha voluto collaborare in prima persona alla colonna sonora del film, assieme a tracce dall’indole più moderna; in una scena del film sembra quasi di assistere ad un momento di Disneyana memoria: la sequenza in cui Waltz fa indossare una scarpetta a Diane Kruger. Tutto questo citazionismo non è fine a se stesso, tanto che può benissimo essere non notato, ma per chi riesce a cogliere alcuni dei tanti riferimenti messi qua e là (ma non a caso) dal regista non può che pensare che colui che si nasconde dietro alla macchina da presa non sia uno sprovveduto. Bastardi senza Gloria, inoltre, gode di una sceneggiatura solida, capace di dar vita a dei dialoghi interminabili, con sequenze molto lunghe, ma che non riescono mai a cadere nel banale o annoiare, delineando aspetti che oggi pochi film curano o riescono a fare. La parte legata ai dialoghi è inoltre un insieme di lingue (italiano, francese, tedesco ed inglese) che tendono a rendere la storia più realistica e verosimile. Ci sono momenti ricchi di una profonda e drammatica delicatezza, specialmente quando sulla scena appare Mèlanie Laurent (brava nell’interpretare la giovane Shosanna) dove viene messa in luce una potenziale storia d’amore costretta a naufragare sin da subito a causa delle circostanze e dalla diversità dei popoli. Laddove infatti Shosanna capisce che l’unica cosa che può provare verso i tedeschi, verso i nazisti, è l’odio e che non ci potrà mai essere nulla di buono, da parte sua, il soldato tedesco non mette a fuoco questa cruciale verità, questo scenario crudele e il tutto si conclude in una tragica fine.
Il regista del Le Iene non mette, nelle due ore e mezza, solamente scene di violenza (che, proprio come lui stesso ha ammesso, nei suoi film hanno solamente un fine estetico) , ma colora il mondo ideato dalla sua mente con sfumature di rara bellezza, con personaggi indimenticabili e carismatici. Se Brad Pitt, proprio come Fassbender, riesce a dare vita a quello che è un personaggio come Aldo Raine credibile, cinico ed a tratti spietato, su tutto il cast brilla di luce propria lo sconosciuto (o quasi) Christoph Waltz che dimostra di avere un talento senza pari, perfetto nelle vesti dello spietato Landa e capace di donare una recitazione da manuale, mai sopra le righe e perfetta in ogni momento; tanto che, quando il suo personaggio entra in scena, il film acquista un qualcosa in più.
La pellicola è molto curata anche a livello tecnico, per quanto riguarda la fotografia ed il sonoro e le musiche rappresentano anch’esse un vasto insieme di omaggi. Tarantino infatti non è solo cinema, ma sopratutto è conscio di realizzare un film in cui ha la piena libertà espressiva, dove può osare fare qualunque cosa, tanto da ideare un attentato ad Hitler in una sala cinematografica, durante la proiezione di un film. Ad affiancare il tutto c’è un enorme amore, passione ed attaccamento a quelli che sono i piaceri o i vizi della vita di ogni uomo. Proprio come sarà in Django, dove verrà fatto un primo piano su una pinta di birra accompagnata dalle parole del dottor Schultz “a quanto pare dovremmo essere i baristi di noi stessi…”, anche in Bastardi senza Gloria ci sono momenti dove vengono sottolineati i più comuni aspetti e gioie della buona tavola, sebbene talvolta affiancati da una buona dose di ironia (per esempio un cane messo a sedere su una sedia accanto ad un produttore cinematografico tedesco durante il pranzo!).
Bastardi senza Gloria è una storia ricca, una perla nel vasto oceano del cinema, che vive della fantasia, della bravura e della genialità di un persona quale Quentin Tarantino; sia chiaro, quello che abbiamo davanti non è un film privo di difetti che possono essere riscontrati per esempio nella eccessiva lunghezza, ma quello che vediamo è un film dove le imperfezioni rendono il tutto ancora più speciale, più realistico e fanno apprezzare il lavoro ancora di più e questo Tarantino lo sa. I motivi di tali imperfezioni possono essere riassunti nel semplice concetto che la pellicola è un prodotto della mente di un uomo, che in quanto tale non può essere sinonimo di perfezione, ciò non toglie che essa sia un qualcosa di assoluto valore, capace di segnare un punto di svolta, per il futuro, in quello che è il cinema legato alla storia e agli avvenimenti della seconda guerra mondiale. Tra tutti i grandi pregi, attribuibili al regista, vanno ricordati quelli di aver trovato un attore come Christoph Waltz, perfetto e sublime in questo ruolo. Tarantino ama il cinema, ma anche le tante arti che fanno parte della cultura, quali l’arte o la musica tanto da inserire il brano “Per Elisa” all’inizio del film, riprendendo così una parte della classicità.
Per arrivare, dunque, alla conclusione di quanto scritto fino a questo momento, basterà, infine, dire che il lavoro qui recensito è un prodotto valido, di ottima fattura, con una storia da far invidia a tanti film realizzati con un budget ad alto costo, con un cast d’attori eccezionali. Non è un prodotto perfetto, non sarà il capolavoro assoluto del cinema, ma poco ci manca.
Claudio Fedele