Recensione de Lo Sguardo di Satana – Carrie
(2014)
La diabolica quanto geniale mente di Stephen King è riuscita, col passare del tempo, a sfornare veri e propri romanzi che sono diventati un grandissimo fenomeno di culto tra gli appassionati dell’horror e non. La stessa sorte, quasi come una via parallela al successo letterario che hanno avuto le storie del noto scrittore del Maine, è accaduta per le trasposizioni sempre più numerose dei suoi manoscritti e proprio come un qualunque libro di quest’ultimo ricorda al lettore nella sua biografia, quanti i tra i registi si sono cimentati nella rielaborazione o realizzazione di un lungometraggio tratto da una delle sue opere o raccolte, tra cui possiamo citare come esempio: Carpenter, Kubrick, Darabont e De Palma. E’ bene, in questo caso, soffermarsi proprio su quest’ultimo che si dedicò, negli anni ’70, alla regia di uno dei più bei film da lui mai realizzati: Carrie – Lo Sguardo di Satana! Ricco di quella suspance, quella vena soprannaturale ed horror della quale era caratterizzato il romanzo, sebbene prendendo alcune libertà e virando l’attenzione su altri particolari, la pellicola riusciva comunque ad essere, nel complesso, tanto bella e porre al contempo delle riflessioni tanto profonde nello spettatore che pochi, ancora adesso, osano criticarla reputandola minore rispetto alla contro parte cartacea.
Entrare nuovamente, nella storia di Carrie White, timida ragazzina che frequenta l’ultimo anno di scuola superiore, sbeffeggiata dai compagni e sopratutto umiliata dalle compagne del corso, figlia di una madre particolarmente religiosa, tanto da sfiorarne il fanatismo cieco, ci porta, di conseguenza, a porci delle domande,ma ancor più a nutrire dei dubbi riguardo al lavoro fatto da Kimberly Peirce, con protagonista la brava Chloe Moretz e l’altrettanto talentuosa Julianne Moore nei panni di sua madre.
Peirce cerca un film tutto suo, dove prova, quando gli è possibile, di rimanere il più fedele al romanzo, di allontanarsi dalla precedente pellicola omonima e di riadattare una storia ai giorni nostri: i pettegolezzi sono subissati dai messaggi nei social-network, i racconti durante l’intervallo tra una lezione e l’altra o nei pomeriggi al telefono da parte dei ragazzi e delle ragazze sono sostituiti dai video su youtube che ritraggono la povera Carrie in difficoltà e vittima degli episodi di bullismo; il tutto serve a dare uno spaccato molto nitido della società americana a cui ormai tutti abbiamo fatto l’orecchio e che forse non sorprende più. Eppure, come direbbe qualcuno, che la storia sia ambientata negli anni 70 o nel 2000 la sostanza non cambia, così, tolto l’aspetto più interessante di tutta la produzione, ovvero di modernizzare una vicenda che a quanto pare non ha età, il film perde su molti fronti il suo fascino. Senza voler per forza fare un confronto con il lavoro di De Palma, ciò che manca alla pellicola è una certa profondità, avvalendosi di una regia che rispecchia indubbiamente i desideri di chi vuole cimentarsi oggi nella visione di tale prodotto: il sesso è consentito, ma il nudo femminile completo è tabù. Chi non ricorda la giovane Sissy Spacek che mostrava, nella sua più totale ed inquietante bellezza, i seni durante la sequenza di apertura del Carrie del 1976, quando si faceva la doccia dopo la lezione di ginnastica? Inquadratura chiave, dove si aveva una concreta enfatizzazione del corpo femminile e della paura della protagonista nel scoprirne i naturali mutamenti, accompagnata da un piano sequenza ove il solo movimento di camera metteva in luce i comportamenti delle compagne della poveretta e la solitudine di quest’ultima. Qui, al contrario, si cerca di evitare lo scandalo, il nudo, ci si allontana dal corpo dal punto di vista fisico e si scende a patti con lo spettatore, si prova a confezionare un prodotto il cui unico scopo è quello di intrattenere l’uomo medio, magari nemmeno, più di tanto, fan di King. (Non che questo sia, necessariamente, una mancanza).
Lo Sguardo di Satana offre, quindi, un ora e mezzo di intrattenimento puro, ogni tanto condito da qualche scena dal vago sapore horror e un certo quantitativo di effetti speciali davvero considerevole che mettono in luce i poteri telecinetici della giovane studentessa. A sottolineare il tono scanzonato, che quasi ricorda alcuni episodi della nota serie tv Buffy – The Vampire Slayer (anch’essa ambientata per ben 3 stagioni in una scuola) ci pensa una Moretz che per quanto brava non riesce a brillare di luce propria, non riuscendo a volte ad entrare appieno nel personaggio. Un mediocre lavoro è stato fatto, inoltre, anche per quanto riguarda il trucco che gonfia e sporca i capelli dell’attrice ma non arriva a sopprimerne la bellezza, la quale è di gran lunga superiore ad alcune delle comparse e delle compagne di classe se messa a confronto, facendo perdere alla pellicola quel tocco di realismo indiscutibilmente essenziale.
Lo Sguardo di Satana – Carrie, semi remake, del famoso film di Brian De Palma, ennesima trasposizione di un opera di Stephen King ha un unico grande merito che va ricercato nel voler ambientare una tragica storia scritta anni addietro, ai giorni nostri e voler sottolineare come le cose alla fine non siano cambiate nella vasta provincia americana. Eppure, al di là di questa allusione, dove in tutta onestà è bene domandarsi se essa sia stata intenzionalmente ricercata dal regista, questo nuovo film non ha nulla di nuovo dal punto di vista della trama, né riesce ad esaltare per la tecnica di Peirce o a convincere per quanto riguarda le interpretazioni della Moore o della Moretz. Il risultato è un lungometraggio che accontenterà chi vorrà passare un oretta e mezzo la sera con gli amici in totale spensieratezza, che non vorrà annoiarsi o cercherà di spegnere il cervello per un po’ rilassandosi, magari provando qualche brivido, nel vedere la pellicola qui recensita. Una vera occasione sprecata o forse un remake di cui davvero non se ne sentiva il bisogno, che verrà dimenticato a breve e sarà usato come passatempo da chi non ha voglia di provare quei brividi che 40 anni or sono De Palma fece correre lungo la schiena a tutti gli spettatori. Persino dopo tanto tempo la vendetta della (vera) Carrie White riesce scuotere gli animi e far riflettere sulle nostre azioni o sulle azioni dei nostri figli, mentre questa ragazza a malapena convince e spaventa ormai priva di quel fascino, quella follia omicida, quella paura e quella innocenza di cui brillavano gli occhi di Sissy Spacek nel capolavoro di Brian De Palma.
Claudio Fedele
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