Recensione de L’Evocazione – The Conjuring
Ispirato ad eventi realmente accaduti il film racconta la storia vera di Lorraine (Vera Farmiga) e Ed Warren (Patrick Wilson), due investigatori del paranormale di fama mondiale, chiamati ad aiutare una famiglia terrorizzata da una presenza maligna che si nasconde nella loro fattoria isolata.
Una storia ed un approccio classico, un racconto horror tanto comune e attinente in piena regola al genere di appartenenza quanto ben fatto, ecco le basi su cui Wan crea un prodotto curato, raffinato e godibile; The Conjuring a livello di trama offre un plot narrativo quasi del tutto privo di una originalità propria, ma a far si che il lavoro non risulti tedioso o che non sappia anche minimamente di già visto ci pensa un autore che ha indubbiamente compreso che l’horror non si basa tanto su quel che si racconta ma sul come lo si imposta. Ecco che dunque, dopo sole poche scene (tra cui è bene non dimenticare un introduzione davvero ben orchestrata la quale avverte lo spettatore che la vicenda si svolgerà su più livelli) si capisce immediatamente che L’Evocazione ha tutto il potenziale nel riuscire nel suo intento, premesse, di fatto, che non solo vengono mantenute in piena regola, ma che ci portano a considerare questo lungometraggio come uno dei migliori del 2013, un po’ come, tempo addietro, si era detto di Sinister.
Eppure, se volessimo toglierci la maschera e parlare a viso aperto, il vero motivo per cui un appassionato di cinema dovrebbe guardare L’Evocazione va di certo ritrovato nei tanti riferimenti ed omaggi che Wan fa al cinema del passato e a quello del presente. Sarebbe assai lunga la lista, se volessimo elencarvi tutte le similitudini con altre pellicole note al grande pubblico viste e riviste, ma permetteteci di rivelarvi che omaggi a Shining di Kubrick, a Carpenter, a Gli Uccelli e a L’Esorcista (da cui Wan prende anche lo stile e la regia in alcuni momenti a Friedkin) e persino a Peter Jackson, saranno all’ordine del giorno e che più volte vi domanderete a chi o cosa il regista abbia voluto rendere omaggio o ammiccare. Una regia, dunque, impeccabile, intelligente e colta quella di cui stiamo parlando con lenti movimenti di macchina e rare impennate.
Claudio Fedele