Tra tutti i film di Joel ed Ethan Coen, Il Grande Lebowski è forse uno dei più amati e ricordati da gran parte del pubblico. Se non credete a quanto appena detto vi consigliamo di andare a dare un’occhiata ai numerosi spezzoni che popolano sul web e che ancora, dopo più di 16 anni, attirano utenti o semplici curiosi. C’è poco da fare, il film che partecipo’ alla Berlinare nel 1998 è sicuramente una delle punte più alte del cinema dei due fratelli, demiurgi di storie immortali e cineasti capaci di dar vista a pellicole che rappresentano una pietra miliare nel cinema post moderno. Basato in piccola parte su Il Grande Sonno (da cui fu tratto l’omonimo film con Humphrey Bogart) è con grande piacere, or dunque, che andiamo a recensire The Big Lebowski, settimo lungometraggio de “il regista a due teste”, ennesima collaborazione con l’attore John Goodman e Turturro, svolta decisiva dal punto di vista della notorietà dei Coen, un lavoro che a riprova di tante pellicole presenti nel mercato, ancor oggi, come gran parte delle loro produzioni, sembra rimanere immortale e destinato ad essere ricordato. Stiamo recensendo una pagina di Cinema? Forse, rimanete con noi per scoprirlo!
Los Angeles, anni ’90. Jeffrey Lebowski detto il Drugo(Jeff Bridges) è un disoccupato che passa il tempo tra l’ozio ed una partita di Bowling con gli amici Walter (John Goodman), reduce del Vietnam e Donny (Steve Buscemi); tutto sembra procedere nel verso giusto fino a quando Lebowski non finisce, per un banalissimo errore, implicato in una storia che coinvolge il rapimento della giovane moglie di un facoltoso imprenditore di Los Angeles che si dal caso si chiami anch’egli Lebowski. Tra situazioni esilaranti, imbarazzanti e drammatiche, in mezzo a trip e personaggi singolari il Drugo deve arrivare al bandolo della matassa, perché in fin dei conti ne va della sua stessa vita. Il suo nuovo obbiettivo adesso è pagare il riscatto che i rapitori hanno spedito al suo omonimo per far tornare a casa la moglie di quest’ultimo.
Una volta giunti ai titoli di coda di The Big Lebowski si ha sempre più l’impressione concreta che ancora una volta i Coen abbiano portato sul grande schermo un lavoro pregevole, raffinato, graffiante e complesso. Per come l’opera si pone allo spettatore è quasi impossibile catalogare la presente produzione cinematografica che partendo da un racconto tipicamente Noir dove a farla da padrone c’è l’espediente de “L’equivoco” e “lo scambio di persona”, si arriva pian piano a toccare numerosi sotto generi quali il dramma esistenziale, il grottesco, la satira, ma sopratutto la commedia nera. Ancora una volta i Coen parlano dell’America, quella non più legata ai vasti campi rurali o alle zone periferiche ma la faccia degli Stati Uniti che mira alla modernità, all’avanguardia e al futuro; ecco perché per certi aspetti, dopo quasi due decenni anni, questa pellicola riesce, per l’ennesima volta, a rimanere di un’attualità disarmante, che solo in apparenza si mostra a chi la guarda come una storia banale e sempliciotta per poi dimostrarsi, con il passare dei minuti, un lavoro sublime, tecnicamente magistrale e forte di una sceneggiatura ad hoc.
Si ride e si scherza in questo lungometraggio, ma sono sorrisi amari quelli che vogliono farci salire in volto i due filmaker americani, come se prima ti stuzzicassero con situazioni al limite dell’assurdo, con personaggi estremi e ricchi di eccessi, per poi farti comprendere che dietro a tutte quelle scene, quelle sequenze talvolta anche surreali si nasconde una critica ed un disagio concreto, vero e graffiante di cui anche tu fai parte. I Coen muovono così una provocazione profonda al mondo e al paese con intelligenza ed astuzia allestendo una storia tanto banale (da intendere come “semplice”) quanto complessa e articolata ma che rimane sempre coerente, interessante, alle volte spassosa e piena di una propria morale priva di retorica.
Come era possibile immaginare a farla da padrone sono anche (se non soprattutto) i personaggi che qui magistralmente vengono messi in scena dove ognuno di essi appare ben delineato e viene mostrato subito in modo chiaro e cristallino per quello che davvero è, tanto da brillare di luce propria; se il Drugo, che ha il volto ed il carisma di uno straordinario Bridges, è diventata un’icona pop e ancor oggigiorno non sembra smettere di affascinare giovani e adulti neofiti della settima arte, va detto che tutti i co-protagonisti che accompagnano Lebowski nel suo tortuoso viaggio sono altrettanto ben caratterizzati e ricchi di personalità. Si pensi a Walter (Goodman), l’amico del cuore di Drugo, simbolo dei detriti morali e psichici della guerra del Vietnam; ricordiamoci di Turturro nelle vestiti del giocatore di Bowling, Jesus, al quale vengon date poche battute ma che si rivelano essere essenziali per capirne la natura e che danno i giusti respiri e pause alla storia; oppure prendiamo in considerazione la bella e talentuosa Julianne Moore, il cui personaggio sguazza tra un’ondata di apparente ricchezza, cinismo e logica perversa che sfocia nel desiderio di aver un bambino non necessariamente da una persona che ama o conosce, la cui ossessione per l’arte e il sesso si riversa in un’odio assoluto verso la controparte maschile. Al servizio del talento dei Coen vi è dunque un cast di primo ordine tra cui ricordiamo il recentemente scomparso Seymour Hoffman, qui ancora una volta immischiato in un ruolo secondario e il brillante Buscemi a cui vengono date delle sequenze tra le più belle della storia del cinema recente assieme al Drugo e Walter davanti alla pista da Bowling.
Con Il Grande Lebowski, Joel ed Ethan Coen riconfermano ancora una volta il loro talento, scrivono la storia del cinema siglando per molti un vero e proprio capolavoro. E’ indubbiamente un film cult, un opera che prende molto dal cinema del passato e intelligentemente viene rivisitata in chiave moderna dando così vita ad un lungometraggio indimenticabile e sicuramente imperdibile. La genialità di questi due cineasti sta in moltissimi fattori a cominciare dalla sceneggiatura per finire poi nella messa in scena, ma sebbene questo loro lavoro indubbiamente raffiguri una delle cime più alte e popolari del cinema di quest’ultimi ancora non ci sentiamo pronti a parlare di vero Capolavoro anche se il Drugo è indubbiamente un personaggio che ha influenzato tantissimo i film o i personaggi a lui successivi negli anni. Ci prendiamo, dunque, il lusso di dare il massimo dei voti ad un altra produzione firmata Coen, sicuri che l’occasione in futuro non mancherà di certo. The Big Lebowski è un lungometraggio che merita assolutamente la vostra attenzione, un lavoro ricco di significati e che offre allo spettatore più chiavi di lettura su cui può costruire delle intelligenti riflessioni una volta finito di vedere; non pensiate di trovarvi davanti ad una commedia o ad una trama priva di colpi di scena o superficiali banalità, la mente dei Coen ha sfornato un prodotto carico di grinta, denuncia, riflessione, critica e amarezza verso la società degli anni ’90 tanto bello quanto reale ed oggigiorno i film che assomigliano alla vita che viviamo tutti i giorni sono sempre meno; per questo Il Grande Lebowski, per certi aspetti, è una perla rara nel panorama cinematografico moderno.
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