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Recensione di Blood (2013)

Recensione di Blood 

“Murphy esordisce con un thriller che nel lasciare da parte l’indagine prende a cuore i turbamenti dell’animo umano senza assolverne i peccati”

Trama

Una giovane ragazza viene brutalmente assassinata e le accuse ricadono su Jason Buliegh, già condannato per molestie. Quando Jason viene rilasciato temporaneamente per mancanza di prove, i due fratelli poliziotti che avevano seguito le indagini decidono di farsi giustizia da soli, occultando poi il cadavere. In un attimo varcano il labile confine che c’è tra bene e male e, dopo una vita trascorsa dalla parte dei giusti, si ritrovano senza via di scampo, tormentati dal senso di colpa e schiacciati dalle loro stesse azioni. Quando il vero responsabile dell’omicidio della ragazza verrà catturato, e saranno proprio loro a capo delle indagini che danno la caccia ai giustizieri di un uomo innocente, i due si troveranno di fronte al paradosso più grande: quello di dover incastrare loro stessi.

Recensione

Blood è uno di quei casi, non tanto straordinari ormai, nei quali una pellicola arriva in Italia molto tempo dopo il suo debutto nei cinema mondiali e se volessimo mettere il dito nella piaga, tanto per aumentare il danno, potremmo dire che la presente non solo è l’esordio alla regia di Nick Murphy, ma è persino, di conseguenza, antecedente al film “1921- I Misteri di Rookford” film grazie al quale quest’ultimo è riuscito ad avere una qualche eco nel nostro paese. Eppure, Blood, non ha nessuna peculiarità particolare che possa giustificare anche solo minimamente coloro che si sono occupati di distribuire il prodotto nelle sale dopo così tanto tempo, gesto che, come in molti altri casi, rimarrà nel mistero e su cui sarebbe inutile speculare o perdercisi.

L’opera prima di Murphy è una miscela interessante di generi,  figlia della serie tv Conviction, sceneggiata da Bill Gallagher che qui torna nelle vesti di sceneggiatore in modo da dare coerenza al passaggio da televisione a grande schermo, e richiama fortemente due (semi) capolavori degli ultimi 20 anni, principalmente. Il primo è “Mistyc River”, mentre il secondo è “Thinker Taylor Soldier Spy” o più comunemente noto come “La Talpa”: per togliervi dubbi o perplessità va detto che Blood non copia né emula i due thriller sopra citati, ma riesce in maniera perfetta a prendere sia le distanze, che le atmosfere giuste ed alcune delle tematiche dall’uno e al contempo a ereditare parte del cast, nonché una certa struttura nella trama ed una certa cromatura per quanto riguarda la bella fotografia, dall’altro. Il risultato finale è un discreto thriller, una storia capace di scavare in modo giusto e con i giusti toni nel torbido dell’essenza umana, dove non siamo messi di fronte a eclatanti colpi di scena, bensì a scene in cui i due protagonisti faranno di tutto per uscire da una situazione tanto scomoda quanto drammatica, ove non ci sono né buoni né cattivi ma solo ipocriti peccatori.

Da un lato, infatti, abbiamo Joe (Bettany), un uomo rude, molto simile a suo padre (Cox) per carattere, quest’ultimo ora vittima dell’alzhaimer, disposto a tutto pur di scoprire la verità fino a varcare la soglia dell’etica e della moralità (pentendosene in un secondo momento), mentre dall’altro lato della medaglia c’è Chrissie (Graham), il fratello minore dei due, colui che capisce fin da subito che l’omicidio commesso, frutto di una rabbia cieca interiore, li accompagnerà per il resto della loro esistenza compromettendo le loro vite.

E’ un noir solido questo, una pellicola che mette in scena una società che per tanti punti di vista incarna alla perfezione quella odierna in modo più che realistico a cominciare dalla identificazione del colpevole, fino a poi sfociare in una rappresentazione delle forze di polizia ove gerarchie e comandi sembrano combaciare con la paura e le tradizioni. Blood però trova, essenzialmente, la sua massima espressione nel voler narrare la lenta discesa dei protagonisti in un senso di colpa che sarà duro da espiare, in una storia simile a quella che Eastwood in Mistyc River è riuscito a realizzare alla perfezione, quel tipo di situazioni in cui amici, familiari e parenti si rivelano talvolta utili, ma non necessari e sopratutto pericolosi, sui quali non si può fare affidamento. Di fronte a tutto ciò, la pellicola prende subito una piega diversa a quella di un comune “giallo”, lasciando da parte l’omicidio e prendendo a cuore i mutamenti interni dei due poliziotti complici di un altro grande assassinio, che in definitiva può essere visto simbolicamente come l’abbandono, da parte dei due, dell’innocenza, dell’umanità, dell’equilibrio (mentale e non) e del legame che li unisce, spezzando così definitivamente il difficile rapporto familiare tra di loro.

Commento Finale 

Blood è una sorpresa che ingiustamente è passata fin troppo inosservata tra il pubblico italiano e su cui forse non lascerà il segno e l’opera di Murphy per quanto non brilli di originalità e per quanto magari sia figlia di una serie televisiva tuttavia merita comunque di essere vista; a chiudere un cerchio concreto e curato in molti particolari, vi sono poi delle scenografie mozzafiato, capaci di proporre luoghi suggestivi e di rara bellezza, in alcuni casi veri protagonisti della storia, ed una fotografia incantevole, che da soli valgono l’intero lungometraggio. La storia, in fine, si avvale di alcuni dei migliori interpreti made in England sulla piazza quali Graham, Strong, Cox e Bettany, i quali danno sicurezza, drammaticità, pathos e suspance in modo giusto e credibile, dimostrandosi anche ben affiatati tra di loro, facendo risultare godibile l’intera vicenda.

Claudio Fedele

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The Blood,
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3
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