21 Novembre 2024

Dopo le polemiche degli scorsi giorni sul rave alla ex Trw, abbiamo voluto mettere da parte la tragica morte della ragazza di 30 anni, e concentrarci sul Witchtek 2019. In questo articolo cerchiamo di raccontarvi il rave party, l’organizzazione che c’è dietro e la filosofia che ha portato giovani e meno giovani alla ex Trw, il capannone simbolo della crisi industriale a Livorno.

 

Le foto e i video presenti in questo articolo sono prese da profili Facebook e Instagram pubblici.

I social network sono un posto fantastico e al contempo un covo di ogni tipo di passione umana, compresa la più genuina cattiveria. Sono un luogo fantastico, perché basta un clic per informarsi di cose che altrimenti non saprei neanche da dove partire, ma hanno anche un lato pessimo, quello della risposta impulsiva, dell’ignoranza e del moralismo a gratis. In tutto questo però c’è un comune denominatore: tutti postano, spesso pubblicamente, senza rendersi conto che chiunque con un minimo di ricerca può arrivare a sapere tutto degli altri. In questi giorni ho cercato di sfruttare questi pregi e difetti dei social per arrivare a capire cosa è successo alla Trw, ed è stato facilissimo. Ecco il racconto, ma prima una nota: non voglio entrare nel merito delle responsabilità della vicenda, voglio solo raccontare cosa è successo a Livorno in quei giorni e perché.


Allestimento delle casse al rave

Della cultura rave o si è appassionati, e non è il mio caso, oppure è difficile capire la filosofia che si annida dietro. Ma partiamo dal nome, basta aprire un paio di articoli del Tirreno o di Livorno Today per scoprire il nome del rave: Witchtek, letteralmente “il rave della strega”. Digitando questo nome sui social principali, cioè Facebook e Instagram, verrete proiettati in un mondo parallelo, di cui fino ad ora non avete mai sentito parlare, ma che vi farà vivere il rave alla ex Trw come se foste stati lì presenti. Io che come molti altri non amo parlare delle cose senza conoscerle, e che quando leggo qualcuno scrivere “i ragazzi usano la droga che li uccide” penso che sia così fuori dal mondo dei giovani che non riuscirà a mai a far breccia nei nostri cuori, ho deciso di farmi una cultura su un mondo che pur non condividendo, credo sia doveroso conoscere, soprattutto alla luce dei due ragazzi morti nel giro di meno di un anno: aprile 2019, accoltellato alla gola il primo, novembre 2019 malore improvviso per la seconda. Il bilancio dei morti è questo, due giovani, nello stesso posto: Livorno, capannone industriale della ex Trw, grande quanto quattro campi da calcio, un tempo fiore all’occhiello della componentistica automotive italiana, divenuto di punto in bianco il simbolo della crisi industriale, con 450 operai licenziati nel 2015.

Digitando su Facebook Witchtek 2019 si trovano una quantità smisurata di post e foto, come questo video (cliccate per aprire) che può fornire un’idea di cosa stiamo parlando: una festa underground, ma ben organizzata. Un ragazzo commenta fiero “video fatto da me”, e in effetti il suo profilo è pieno di post pubblici con foto e video del Witchtek 2019. Ma continuiamo a setacciare i social a caccia di conoscenza, e esce la pagina Black drop sound organization, che inizia a fornirci un’idea ben più delineata dei dj, gruppi o crew che hanno suonato all’evento (come testimonia il video qui sotto).

Continuo la ricerca su Facebook, e aggiungo anche Instagram, trovando una carrellata di foto del capannone allestito con addobbi di Halloween, casse, stand di ogni tipo, roulotte, camioncini, auto, luci stroboscopiche; c’è di tutto, ci sono persino i rimasugli industriali “travestiti”, le foto dei ragazzi sui tetti dei capannoni vicini alla Trw, pericolosi, con numerose infiltrazioni e soprattutto alti.

Ci sono persone di ogni età e di ogni estrazione sociale: da presunti tossicodipendenti in stato confusionale, a giovani lavoratori che vogliono prendersi “una pausa relax di tre giorni”, passando ovviamente per minorenni e ragazzi provenienti da tutta italia. La musica va avanti per giorni, cambiando più generi: 31 ottobre, 1, 2 e 3 novembre, quattro giorni h24, ci sono le tende in cui si cucina un pasto alla meno peggio, c’è ogni tipo di droga, ma questo non lo scoprirete dai social, quanto da questo articolo del Fatto Quotidiano scritto da un giornalista infiltrato al Pasquatek, il rave di Pasqua sempre alla ex Trw.

A un certo punto mi imbatto anche nella locandina ufficiale dell’evento, c’è un numero di telefono preso come riferimento, ma è cancellato in ogni post pubblico, però c’è la headline degli artisti coinvolti.

Vista l’organizzazione così ben oliata e la grande partecipazione, ho provato ad infiltrarmi in questo tipo di rete, lo avrei potuto fare alla vecchia maniera: chiedendo ai presenti, a chi ha postato, ma sarei risultato sospetto e non avrei ottenuto niente.


Visita qui sotto la gallery con tutte le foto (l’articolo continua sotto)

Così ho continuato a cercare sui social se ci fossero tracce degli organizzatori, ma ho trovato un omertoso quanto sagace silenzio, da cui si distinguono solo le pagine dei dj e delle crew che sono state invitate a suonare. Per il resto sui social è vietato diffondere informazioni precise oppure organizzarsi, passa tutto dalla messaggistica istantanea, come WhatsApp o Telegram, il che rende molto difficile l’intercettazione da parte delle forze dell’ordine. Ma non mi sono arreso, e continuando a cercare alla fine sono approdato nell’Eldorado della diffusione di questi eventi: un sito di cui non fornisco il nome (per varie ragioni). Ho controllato chi sono i proprietari del dominio ed è spuntato nome e indirizzo di un centro sociale di Brescia. Sul sito ci sono tutte le informazioni per i prossimi rave: date, manifesti e headline.

A questo punto ho smesso di cercare e mi sono informato un po’ sulla filosofia underground che sta dietro a queste manifestazioni. Potremo dire che è la stessa comune a molte controculture dagli hippie in poi: ricerca della libertà condivisa, andare  contro il sistema, violare la proprietà privata ed esaltare la diversità come forma di espressione libertaria. Un altro elemento comune, che emerge chiaramente da queste pagine, è l’odio viscerale nei confronti della polizia e dello stato, che conferma la teoria della controcultura anti-sistemica. Nella pagina di una delle crew coinvolte si può vedere anche il video di un battibecco con degli agenti durante un fermo fuori dal capannone in cui a un certo punto la situazione si fa più tesa, ma un ragazzo cerca a suo modo di riportare tutti all’ordine: “No, le casse! Me le paga poi lei, insieme allo stato e alla polizia. Con tutto il rispetto mi scusi agente eh… Perché non voglio mancarle di rispetto a lei come persona, al di fuori della divisa“.

Si rispetta la persona, quello che non si rispetta è la divisa, l’autorità. Ecco il perché delle occupazioni abusive e della diffidenza nei confronti di chi non è nel giro dei rave.

Finito questo viaggio nell’iperuranio social alla ricerca dell’essenza (o idea platonica) dei rave, ognuno di noi è libero di farsi la propria idea su questo fenomeno ma, senza entrare nel merito delle polemiche politiche, una cosa ci tengo a dirla: le morti per droga purtroppo molto diffuse in questo tipo di manifestazione, hanno sempre un mezzo che è la sostanza, ma l’uso di sostanze non è mai un’abitudine che può essere automaticamente smistata nella dicotomia tra bene e male (“si droga perché è una persona cattiva”), l’uso di sostanze, e magari persino di 4 tipi di droghe diverse nella stessa sera, così come ci dimostra la filosofia dei rave, è una questione che intacca l’individuo, il proprio vissuto, la filosofia che segue nella vita e il perché la segue.

Allora forse il problema è a monte, non è solo nella sicurezza o nell’abuso delle sostanze, il problema sta a metà tra la brama di autoaffermazione, tipica dei giovani, e il vuoto di valori, che li priva di una bussola per orientare la propria vita. In mancanza di una bussola, oppure scegliendo la controcultura come forma d’orientamento o di svago per distrarsi dal vuoto, percorrono la via dell’illegalità, libertaria, trasgressiva e talvolta passiva e autodistruttiva, che sia a casa loro, in discoteca o in un capannone occupato abusivamente.

È sempre facile in questi casi dare la colpa alle istituzioni e alle autorità, perché difficile è affrontare il tema dal punto di vista educativo, sociale, culturale e spirituale. Quando arriviamo a piangere i morti è sempre troppo tardi, e non c’è mai nessuno che invece di giudicare si fermi a pensare a cosa viene prima dell’ingoiare 4 pasticche, e si domandi come può una persona scegliere la via del piacere fino ad arrivare all’autodistruzione portata alla sua forma estrema.

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