Ricorderete tutti un famosissimo articolo della divisiva giornalista senza peli sulla lingua, Oriana Fallaci. Uscì poco tempo dopo l’11 settembre e si intitolava “La rabbia e l’orgoglio“, era un’apologia degli Stati Uniti e delle loro ragioni fondata sulla disamina storico-politica del concetto di libertà nella società americana. Libertà dallo stato, libertà dal classismo europeo, libertà, secondo la Fallaci, a tutela dell’individuo.
Ho sempre stimato molto la Fallaci per il coraggio e il modo di scrivere, e mettendomi nei suoi panni devo dire dopo tanto tempo che in quell’articolo ha riassunto in pieno lo spirito americano dal suo punto di vista ideale. È certo che però i punti di vista sono importanti, e ciò che per una libertaria individualista come la Fallaci è considerabile come un modo d’essere lodevole, cambia valenza se analizzato nei risvolti sociali che tengono conto dell’applicazione dei criteri ideali nella realtà complessa.
Gli Stati Uniti in effetti sono sempre stati il paese delle libertà individuali e della tutela del cittadino. A ogni cittadino è offerta la possibilità di farsi da sé, di difendere la propria integrità dagli altri, con la giustizia, ma anche con le armi, e in fin dei conti non è un caso che il capitalismo, con i risvolti sociali del consumismo, abbia attecchito così bene fondandosi su una mentalità così individualista e libertaria.
C’è però un grave divario di fondo tra ciò che è ideale e ciò che è reale, e questo non permette di essere lucidi quando si cerca di analizzare il contesto sociale americano.
L’america non è soltanto il paese “delle libertà” e del multiculturalismo, ma è anche il paese della schiavitù, dell’odio razziale e dei grandi divari sociali. Perché se è vero che da una parte è offerta a chiunque la possibilità di difendere la propria libertà, è ancor più vero che nella guerra degli individui ad avere la meglio è chi possiede di più, chi è più ricco, chi possiede i mezzi per far valere la propria libertà sugli altri.
E veniamo ai giorni nostri. Il brutale omicidio a sfondo razziale di George Floyd ha certamente messo ancora una volta in luce le grandi contraddizioni e i conflitti sociali degli Stati Uniti. Rabbia e orgoglio, sono queste ancora una volta le parole della protesta.
Certamente Trump in questo ha le sue colpe, reo di non essersi mosso per acquietare i conflitti. D’altra parte chi lo ha votato per lo più sono i bianchi conservatori, gran parte dei più ricchi, e la classe media scontenta del multiculturalismo, della de-industrializzazione e della globalizzazione. Categorie sociali in aperto conflitto con i più poveri, soprattutto con le minoranze etniche.
Quello americano in fin dei conti è un conflitto tra poveri e poverissimi che avvantaggia certamente i ricchi, che invece possono tutelarsi.
Non penso che i conflitti sociali americani troveranno mai pace facile, e penso soprattutto che questo clima da guerra civile sia dannoso in primis per le fasce più deboli, ma insomma, in fin dei conti la banalità del male è proprio questa: i più deboli lottano tra loro mentre i più ricchi godono.
Perché è vero anche che per ogni nero ucciso dalla polizia ce ne sono migliaia uccisi dalle gang per il controllo dei traffici di droga, ma questi non fanno rumore, così come non fanno rumore le persone che muoiono a causa delle condizioni sociali precarie, nelle carceri indecenti, nelle topaie di periferia.
Insomma, il problema dell’America non è solo il razzismo, ma sono le disuguaglianze di un paese lacerato da una mentalità liberista e individualista, che in un passato recente ha permesso anche l’esistenza della schiavitù, forma estrema di libertà degli abbienti ai danni dei poveri.
La vita del singolo, la sua autoaffermazione, la sua ricchezza, il suo benessere, il suo diritto a difendersi dall’altro, vale più della vita dell’altro che si ha davanti. Questo è di fondo l’effetto sociale della libertà come viene concepita in America.
A parole, e dunque idealmente, dovrebbe essere l’individuo in senso stretto ad essere tutelato, in realtà è un sistema che tutela il più ricco, cioè chi meglio può difendere i propri interessi grazie alla propria ricchezza.
Questa in fin dei conti è l’America, un paese dove è libero soltanto chi è ricco, e in questo la rabbia e l’orgoglio inseriti in una guerra tra “penultimi e ultimi” non sono linfa vitale per i discriminati, ma per i ricchi.
Ecco perché ad oggi ad Oriana Fallaci risponderei che preferisco lo stato sociale europeo come forma di tutela del cittadino.