21 Novembre 2024

Alle origini del cambiamento 

Non è la prima volta che il genere umano si trova ad affrontare una transizione energetica, ma mai così complicata come quella attualmente in corso.

Il primo vero cambiamento, che ha segnato profondamente la società, è da identificare nel passaggio dall’utilizzo della legna a quello del carbon fossile. Nell’Ottocento in Europa, una serie di circostanze provocarono un repentino aumento della popolazione. Dopo secoli di relativa stabilità infatti, si passò dai 190 milioni del 1800 ai 314 milioni del 1870. Di conseguenza la legna, che era stata fino a quel momento la principale fonte di energia, non fu più in grado di soddisfare il fabbisogno di tutti. La domanda sempre più alta, affiancata alla crescente costruzione di navi in legno per il trasporto delle merci, provocarono un feroce disboscamento e un aumento vertiginoso del costo del combustibile. Ciò si tradusse nell’urgente ricerca di una fonte energetica più efficiente e meno costosa.


La città di Manchester durante la Prima Rivoluzione Industriale

Il carbon fossile era già conosciuto sin dall’antichità ma, fino a quel momento, era stato scarsamente utilizzato. Iniziò ad essere sfruttato su scala industriale in Inghilterra a partire dal XVI secolo. In breve tempo passò dal 15% del consumo totale dell’isola del 1600, al 77% del 1800. La crescita vertiginosa nell’utilizzo di questa risorsa segnò l’importante passaggio da un’economia organica basata sul vegetale a un’economia organica minerale. 

Sebbene il carbone venga ancora oggi abbondantemente bruciato per produrre energia, specialmente nei paesi in via di sviluppo, siamo velocemente passati al petrolio e al gas naturale. Questi ultimi sono molto più efficienti a parità di costo rispetto al carbon fossile. Non è un caso se le fonti di energia hanno raggiunto il costo più basso di sempre a cavallo tra il XIX e il XX secolo. In particolare, si nota come un livello di prezzi assai basso sia stato raggiunto tra il 1950 e il 1973, notoriamente conosciuti come anni di crescita assai sostenuta dell’economia europea. Nel 1973 ci fu una repentina inversione di tendenza dettata dalla prima vera crisi del combustibile fossile, causata dalla guerra dello Yom Kippur. Non è un caso se alcuni paesi, tra cui l’Italia e la Francia, iniziarono a cercare l’indipendenza energetica costruendo diverse centrali nucleari. Il problema della dipendenza da altri paesi e da situazioni di carattere internazionale, diventò sempre più importante negli anni successivi. L’Europa, infatti, ha potuto contare a lungo sui giacimenti di carbone esistenti, specialmente nel nord del continente. Possedendo invece poche risorse petrolifere, ha dovuto importarne sempre di più, diventando particolarmente vulnerabile alle crisi energetiche, come quella attualmente in corso. 

Indigestione energetica

La differenza sostanziale tra la transizione energetica dell’Ottocento e quella attuale è la motivazione che ci ha spinto al cambiamento. Durante la Rivoluzione Industriale, l’uomo ha rotto il precario equilibrio con la natura e si è gettato a capofitto verso un’economia basata sul capitalismo e sul consumismo. Come ha spiegato l’economista americano Victor Lebow, abbiamo trasformato l’acquisto di merci in rituali e abbiamo ricercato nel consumismo la nostra realizzazione personale; abbiamo sentito il bisogno che sempre più beni venissero consumati, distrutti e rimpiazzati ad un ritmo via via maggiore.

Il progresso tecnologico è stato perseguito in modo spasmodico, come fine ultimo dell’accumulo di denaro. Questa continua voglia di produrre e consumare ha richiesto una sempre maggiore quantità di energia. Purtroppo però, nel giro di due secoli abbiamo reso la Terra un posto meno vivibile e abbiamo provocato danni all’ambiente difficilmente risolvibili. 

Occhio all’ambiente! 

Oggi il clima sta cambiando in ogni angolo del mondo. Le temperature medie globali stanno aumentando, così come la concentrazione dei gas serra in atmosfera. Le alluvioni, gli incendi, il caldo estremo, lo scioglimento dei ghiacciai e l’aumento del livello del mare sono sempre di più all’ordine del giorno. La transizione energetica che stiamo cercando di perseguire, dunque, non è più legata solo alla mancanza di risorse. Oggi, per la prima volta, stiamo prendendo coscienza che il nostro precedente metodo di sviluppo ha causato una preoccupante crisi climatica, che minaccia il nostro attuale modo di vivere.

L’alluvione in Germania e in Belgio del 14 e15 luglio 2021

Per questo motivo stiamo puntando a un tipo di fonte energetica che possiede differenti caratteristiche rispetto al passato. Mentre il petrolio e il gas fornivano più energia a parità di investimento rispetto al carbone, e dunque erano più convenienti dal punto di vista economico, oggi siamo disposti a scegliere tecnologie anche molto complesse. Non badiamo più al costo e all’efficienza, ma i requisiti fondamentali sono la sostenibilità ambientale e la bassa emissione di CO2 in atmosfera. Le peculiarità appena descritte rendono queste soluzioni difficili da sviluppare in breve tempo e necessitano di enormi sacrifici dal punto di vista economico. 


Davide contro Golia

Il problema principale che ci sta sbarrando la strada verso un mondo più sostenibile è la stretta simbiosi tra la nostra società e i combustibili fossili. Tutto ciò che vediamo intorno a noi è stato pensato e costruito per funzionare utilizzando petrolio e gas: dalla produzione di materie prime, al trasporto delle merci, dal riscaldamento delle case, all’alimentazione della rete elettrica. La stessa plastica, uno dei materiali più utilizzati al giorno d’oggi, deriva dai combustibili fossili. Questa grande disponibilità di energia, di cui stiamo beneficiando, ha profondamente cambiato la nostra società rispetto all’era pre industriale. È vero che oggi viviamo in un mondo globalizzato, ma con enormi differenze tra i paesi più sviluppati e le economie più povere. Inoltre, la popolazione mondiale negli ultimi due secoli è aumentata a un ritmo spaventosamente elevato e stiamo per toccare gli 8 miliardi di persone. 

Questi numeri ci fanno immediatamente rendere conto delle dimensioni del problema. Sarà estremamente complicato fornire energia a così tanti individui, a maggior ragione se il tipo utilizzato sarà più difficile da ottenere tecnologicamente ed economicamente rispetto ai combustibili fossili.

Non mi stupirei se in un prossimo futuro sperimenteremo un minore livello di benessere e un rallentamento sia del progresso tecnologico sia della popolazione. Si assisterà lentamente al passaggio da un’economia basata sul consumismo a una fondata sul riutilizzo dei materiali.

Un ulteriore problema, da non sottovalutare, sarà far accettare il nuovo modello di sviluppo a paesi, come Cina, India e altre economie emergenti. Questi paesi si stanno affermando a livello mondiale solo negli ultimi decenni, grazie all’utilizzo di carbone e combustibili fossili. Questo aspetto contribuirà a rallentare ulteriormente la transizione energetica. 

Insomma, le sfide che abbiamo di fronte sono gigantesche, ma dovremo assolutamente affrontarle per la sopravvivenza e lo sviluppo della nostra specie. 

Rimbocchiamoci le maniche

Concettualmente, la transizione energetica che stiamo attraversando, consisterà nel passaggio da un’economia organica, basata sui combustibili fossili, a un’economia principalmente basata sui minerali. Tralasciando infatti alcune energie rinnovabili (l’idroelettrico e il geotermico dipendono dal luogo in cui vengono sviluppati) e altre tecnologie di minore importanza (biomasse e l’energia delle maree), ciò su cui stiamo puntando di più necessita di alcuni elementi chimici presenti nella crosta terrestre. 

I pannelli fotovoltaici e le pale eoliche, per essere prodotti e per poter sfruttare l’energia solare e del vento, hanno bisogno di terre rare, silicio, semiconduttori e litio. Lo stesso discorso vale per l’energia nucleare, che utilizza uranio e torio. 

Lago di Boutou in Cina, inquinato dall’industria delle terre rare

Chiaramente, poiché anche queste risorse non sono illimitate, si dovrà pensare in fretta a modi per poterle sfruttare in modo efficace e per riciclarle.  Su quest’ultimo tema si inserisce il discorso della circular economy. Il riutilizzo sarà fondamentale per la riduzione dell’estrazione di materie prime e nella riduzione dell’impatto ambientale. 

Inoltre, sarà necessario non commettere lo stesso errore fatto in passato con i combustibili fossili. Bisognerà cercare di diversificare la produzione di energia per non essere dipendenti da una singola fonte e per non trovarci nuovamente in una situazione simile a quella attuale. L’utilizzo di tipi di tecnologie differenti sarà inevitabile a causa dei vantaggi e svantaggi che ciascun tipo di energia possiede.

Due ulteriori sfide che ci attendono consistono nel rendere la filiera delle risorse rinnovabili efficiente e indipendente dai combustibili fossili. 

Per fare un esempio, prendendo in esame un pannello fotovoltaico, questo oggi impiega qualche anno per recuperare l’energia che è stata spesa per la sua produzione. 

Per quantificare meglio il precedente concetto, si può utilizzare un numero, che prende il nome di EROEI (Energy Returned On Energy Invested), ovvero il ritorno energetico sull’investimento energetico. Si ottiene facendo il rapporto tra l’energia ricavata e l’energia spesa. In particolare, quest’ultima è estremamente difficile da calcolare poiché comprende tantissime voci:

  • L’estrazione dei vari materiali dalle miniere;
  • Il trasporto in fabbrica 
  • I trattamenti e le varie fasi di lavorazione;
  • L’ energia utilizzata nella costruzione della fabbrica stessa;
  • L’energia spesa dagli operai per andarvi a lavorare;
  • Il trasporto dell’impianto sul luogo di utilizzo;
  • La costruzione delle strutture ausiliarie;
  • L’energia per smontare l’impianto al termine del suo ciclo vita;
  • L’ energia per riportare alle condizioni iniziali l’area impiegata. 

Il grosso problema è che  attualmente, questi fattori sono legati al consumo dei combustibili fossili. Nella situazione attuale, per produrre energia verde, di fatto stiamo inquinando. Il nostro obiettivo è generare sufficiente energia sostenibile in modo da rendere green tutte le tecnologie utilizzate. Per fare ciò sono fondamentali la ricerca e lo sviluppo di sistemi sempre più performanti. Per dare un’idea, il fotovoltaico possiede al momento un EROEI di circa 12, mentre l’eolico può arrivare ad avere un EROEI compreso tra 20 e 50. In futuro dovremo fare in modo che questi valori diventino via via più elevati. 

In ultimo, sarà opportuno efficientare l’intera infrastruttura elettrica, adattandola al nuovo sistema di produzione. Ciò ci permetterà di sprecare meno energia, ma anche questo processo richiederà un tempo estremamente lungo e ingenti investimenti di denaro. Per questo motivo, è semplicemente irrealistico pensare di terminare la transizione energetica nel giro di pochi anni. 

Grandi della Terra… che fare?

In conclusione, sono assolutamente favorevole alla lotta contro il cambiamento climatico. È quindi sacrosanto l’obiettivo, fissato dagli accordi di Parigi del 2015, di rimanere sotto gli 1.5°C di aumento di temperatura media globale rispetto all’era pre industriale.  Credo però che i grandi della Terra si dovranno impegnare assiduamente per rendere economicamente conveniente l’investimento sulle risorse maggiormente sostenibili per l’ambiente. In questo modo sempre più aziende e privati convoglieranno fondi nel settore dell’energia e contribuiranno alla transizione. Questo passaggio sta già in parte avvenendo. Molti operatori stanno abbandonando i combustibili fossili in favore delle energie rinnovabili. La salvezza del nostro pianeta dovrà diventare sempre più vantaggiosa per i grandi operatori. In questo modo non solo loro faranno un affare, ma lo faremo anche tutti noi. 

 

Per approfondire

 

Lorenzo Mori

 

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Lorenzo Mori

Studente di Scienze e Tecnologie Geologiche all'Università di Pisa. Cerco, nel mio piccolo, di sensibilizzare le altre persone sugli effetti del cambiamento climatico e su alcune possibili soluzioni, curando la rubrica "Qui e ora" sul blog di Uni Info News.

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