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Quella notte sul set di Paolo Virzì

Chiamato a lavorare per il nuovo film diretto dal regista livornese dal titolo “La pazza gioia”, ecco il racconto di come ho passato quella notte nelle retrovie della produzione.

 

Non esiste soddisfazione più gratificante di quella di ricevere una telefonata direttamente dal set di una delle più importanti produzioni italiane ed europee. Si tratta, in questo caso, della fase di lavorazione del prossimo lungometraggio diretto da Paolo Virzì dal titolo La pazza gioia. Le riprese in cui la mia manodopera è stata coinvolta si sono svolte presso una delle discoteche più alla moda in Versilia, specialmente durante l’estate: il Seven Apples, presso Marina di Pietrasanta. L’orario è stato piuttosto massacrante, considerando che la mattina, svegliatomi alle 7, ho ricevuto poi la telefonata verso l’ora di pranzo per presentarmi sul luogo di lavoro alle 18. Ne uscirò alle 5 di mattina. Una bella tirata!

Ho lavorato, tuttavia, nel team che si è occupato di allestire le scenografie interne ed esterne delle scene girate in quella notte. Con me, operai e direttori di grande esperienza e professionalità. Ed è stato, senza dubbio, un valido motivo di crescita.

Il sudore versato è stato tanto, anche per fare i lavori più umili che, comunque sia, sul set hanno la loro straordinaria importanza, perché nel cinema ogni dettaglio conta davvero. Luci che tagliano e illuminano la scena, fumo e atmosfera che passa attraverso i corpi delle comparse e delle attrici che hanno girato le scene in programma (Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti), ma soprattutto sentire il regista annunciare come buona la fine di un ciak.

Virzì è regista preciso, ma scherzoso. Vuole sempre il meglio da chi lavora per lui, specialmente da chi è davanti alla cinepresa e sta interpretando un personaggio. Persino le comparse, ragazze e ragazzi della mia età, erano particolarmente messi sotto pressione per cercare di esprimere al meglio tutto quello che poi apparirà su un grande schermo magari di qualche festival cinematografico di caratura mondiale, ma anche semplicemente di qualche schermo della Versilia.

Ho lavorato spostando oggetti e montando scenografie, ma ho anche asciugato il pavimento al termine di una ripresa per evitare che la protagonista potesse scivolare (indossando un vertiginoso tacco) e creato cocktails il cui compito era, soprattutto, colorare la scena. Bizzarro che, mentre ero al bancone del bar (vero) per creare i drinks (finti), qualcuno mi abbia chiesto da bere. Mi sono anche preso qualche serio rimprovero, dovuto alla mia inesperienza: lì funziona tutto come un processo industriale. Mi spiego meglio: se hanno bisogno di qualcosa, non chiedono in giro, bensì domandano al reparto specifico. Nella fattispecie, stavano cercando un fazzoletto: io ne avevo, ma la richiedente mi ha subito ripreso dicendomi che, per queste situazioni, c’è il reparto costumi. Chiaro.

Insomma, le emozioni sono state tante e sicuramente costruttive. Non ho, poi, potuto proseguire la mia esperienza nelle notti successive, ma i lavori sono andati avanti e questo mio microscopico contributo ha aiutato la realizzazione di quest’opera. Ed è stato unico osservare le scene girate mentre venivano girate, mentre vedevo questo piccolo mondo finto prendere vita e muoversi. Il cinema è straordinario. E la mia soddisfazione è stata immensa. Grazie a chi me l’ha concesso.

 

Lorenzo Simonini

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