Uni info News sensibile alle realtà culturali piccole e grandi che siano ha avuto la possibilità di intervistare il Presidente dell’Associazione Banda della Città di Livorno, il professore Andrea Pellegrini, in vista della esibizione che li terrà impegnati domenica 21 Dicembre presso la Chiesa dei Salesiani alle ore 16:00 proprio a Livorno! Per capire la storia della Banda, ma anche la situazione in cui versa la musica a Livorno, archetipo in verità di una realtà ben più diffusa, non vi resta che avventurarvi in questa breve intervista!
Quando nasce e qual è la storia della Associazione Banda della Città di Livorno?
La Banda di Livorno nasce all’inizio del secolo scorso. La tradizione delle Bande musicali italiane è antichissima e risale al XV / XVI secolo. Per un comune, una città, una comunità avere una banda, fondamentalmente formata da strumenti a fiato, a causa del clima favorevole e di altri fattori, era un’esigenza importante. Del resto, da sempre l’uomo accompagna ogni evento della propria vita personale e comune con la musica. E’ assolutamente normale. E’ raro invece il contrario: è rarissimo trovare comunità umane che non danno alcuna importanza a questo tipo di espressione, vitale e naturale. Dobbiamo notare con sconforto e rabbia che l’Italia si avvia a rappresentare un’eccezione in questo senso, con l’azzeramento quasi totale della cultura musicale diffusa. Le Bande italiane in questo da sempre giocano un ruolo importantissimo e combattono eroicamente, con pochi mezzi e tanto amore, l’avanzamento di quello che Claudio Lolli chiamava “l’ordine enigmatico dei sordi”. In Toscana abbiamo da secoli presenze musicali bandistiche che rappresentano una ricchezza storica: la scuola di musica comunale di Prato, ad esempio, fra le più grandi e più importanti d’Italia, è nata dalla banda cittadina, più di 2 secoli fa; e la Filarmonica Pisana, nata alla fine del ‘700, da cui, anche qui, è nata l’omonima scuola. Moltissimi strumentisti e concertisti di strumenti a fiato di fama sono nati come musicisti in una banda. Spesso non lo dicono per non si sa quale remora: ma è la pura verità. Nessuno suona bene un sax, una tromba, un clarinetto, un flauto senza avere avuto almeno una breve esperienza in un insieme di fiati bandistico. Mi vengono in mente, al volo, restare a Livorno o in Toscana, il clarinettista Mirco Mariottini, il sassofonista Piero Bronzi, il trombonista Tony Cattano, il flautista Stefano Agostini e moltissimi altri. A Livorno, l’Istituto Mascagni, oggi assimilato a un livello universitario, è nato, nel 1953, per volonta’ della locale Orchestra Labronica: non una Banda, ma comunque qualcosa di simile: le compagini orchestrali infatti davano vita a scuole per aumentare ancora la diffusione della musica in città e per garantirsi un ricambio di musicisti e un pubblico.
L’identità culturale italiana è essenzialmente basata sulla musica, ed è davvero grave e ormai insopportabile che i governanti centrali, e troppi di quelli locali, facciano finta di non saperlo.
La Banda livornese risentiva del movimento culturale in atto in Europa nel periodo d’oro a cavallo fra ‘800 e ‘900, movimento di cui si nutrirono e che nutrirono a loro volta i grandi geni musicali toscani di allora come Mascagni e Puccini. Proprio Puccini fu uno dei primi presidenti della Banda di Livorno. Probabilmente fu una nomina più onorifica che operativa, ma comunque un segnale.
Attenzione pero’: mica era l’unica Banda in città. Esisteva la Banda della Società Volontaria di Soccorso, oggi rinata col trombettista Filippo Ceccarini; poi quella di Montenero; quella che aveva sede presso la Chiesa di S.Ferdinando, e molte altre. Molti dei loro musicisti si avvicinavano a altri stili musicali: la musica classica, la musica delle località turistiche della Versilia e della costa livornese, la musica dei porti, il jazz nascente, la musica contadina. In questo modo la musica italiana e europea, ma anche quella nordamericana in generale, ha vissuto e si è sviluppata continuamente, con frequentazioni sanamente varie. Un fermento spesso sotterraneo e a volte quasi invisibile, lontano dalle luci dei grandi teatri, che pero’ nutriva i teatri stessi, l’opera e la grande musica sinfonica. Mahler, Wagner, Respighi e Brahms, Ellington e Coltrane non esisterebbero se non fosse esistita la musica di base, praticata quasi sempre dalle Bande. Da sempre esiste un contatto saldissimo fra la musica “colta” ovvero “coltivata” e quella “non colta” ovvero “spontanea”. Queste due correnti sono mischiate a volte in maniera profonda e inscindibile. La musica, alla fine, è una sola.
In una città che sembra sempre meno affezionata alla cultura qual è il posto che la musica trova a Livorno?
La musica a Livorno in generale se la passa maluccio. Il Mascagni come è noto sopravvive tra tremila difficoltà e malanni finanziari e di altro tipo: resta un baluardo fondamentale che tutti i cittadini devono difendere e amare. Detto questo, naturalmente un conservatorio non è affatto sufficiente. Il quasi deserto causato da decenni di appiattimento, clientelismi, scelte decise contro la qualità e a favore di equilibri di potere, sprechi e nessuna competenza specifica hanno quasi raso al suolo tutto il resto e quindi indebolito lo stesso Mascagni, visto che la musica alla fine è una sola, come si diceva prima. Un disastro, diciamolo. E in generale, una difficoltà a crederci: non ci si crede. Nessuno crede ancora abbastanza che dalla musica e dalla cultura si puo’ ripartire, e nessuno o pochi si informano e di conseguenza nessuno o pochissimi sanno che dove si è tentata questa strada si sono avuti risultati eccellenti. Non ci vuole molto a capire che la cultura e l’arte creano semplicemente intelligenza, e che l’intelligenza è la prima risorsa in assoluto. Non si fanno automobili, pane, bistecche ne’ film senza intelligenza. Non si va sulla Luna e non si coltivano i pomodori senza l’intelligenza. La cultura e l’arte esercitano il cervello, mettono in relazione oggetti, persone, circuiti, sensazioni; abituano al cambiamento, esercitano alla relazione, obbligano a coniugare istinto e ragione. Non mi pare poco! Tutto questo crea intelligenza e ricchezza. Non è vero che i paesi ricchi possono permettersi di investire in cultura perchè sono ricchi: è vero il contrario: sono ricchi perchè hanno sempre investito in cultura.
I giovani come rispondono alle vostre iniziative?
Alla grande. Basta avere u po’ di attenzione per gli stili. Intanto, non è assolutamente vero che certi stili musicali sono superati: i giovani restano affascinati e divertiti da marce, inni, brani ironici o goliardici dei primi decenni del ‘900, così come da tantissima musica classica. E’ un fatto oggettivo e questo gli amministratori a volte non lo capiscono e ci spingono a creare progetti avanguardisti ma falsi, di cui non c’è quasi mai bisogno: se la musica è scelta con un minimo di attenzione e ben suonata, piace ai bambini, ai giovani, agli adulti e ai vecchi. Ovvio: certamente non si vive di sola musica del passato. Anzi. Per questo la Banda di Livorno già da tempo si confronta con il jazz e il pop. Il contatto con il mio JazzLab certo ha giocato un ruolo importante in questo: abbiamo infatti sperimentato insieme repertori diversi e persino musica originale, come alcuni brani del chitarrista livornese Mattia Donati, con la collaborazione e la fiducia del direttore della Banda, il maestro Claudio Parrini, e dell’allora presidente, Renzo del Nista. Ma non inventiamo nulla: la Banda non è un repertorio, ma uno strumento. Con questo strumento poi ci si accosta a vari repertori. Funziona così da sempre. In Italia i maestri assoluti nel settore del dilalogo fra Jazz e Banda sono Pino Minafra e Bruno Tommaso, con i quali ho lavorato diverse volte e che mi hanno trasmesso questa sensibilità.
Qual è stata l’esibizione che più l’ha emozionata con la Banda?
In assoluto, direi il primo concerto che ha visto schierati insieme la Banda e il mio JazzLab al Teatro C / Nuovo teatro delle Commedie. Musicisti di età così diverse: ventenni con ultraottantenni che suonavano quando il Mascagni ancora neanche esisteva! Incredibile, toccante, bellissimo. E in quel concerto, la Banda che si è divisa in altri gruppi, improvvisando, swingando e poi tornando alle marce tradizionali. Apertura, dialogo, sfida, comunicazione, amicizia. Una cosa bellissima.
Quanto è dura portare avanti un esperienza del genere? Le istituzioni o enti privati vi sono vicini?
E’ durissima, al limiti dell’impossibile. La musica in generale viene supportata, finanziata, compresa, diffusa, in Italia, ogni giorno di meno, e a Livorno idem. E’ un calvario. Nessuno finanzia piu’ niente e la cultura muore, e infatti il paese se la passa malissimo. Basterebbe fare 2 + 2. Ma i conti ce li fanno gli altri, e ci convincono che i risultati siano i loro. Invece no. Noi sappiamo fare i conti e sappiamo interpretare la realtà come chi ci comanda. Noi sappiamo che saremmo più ricchi tutti, se sostenessimo di più la musica. A Livorno la Banda è vissuta nell’isolamento per molti anni. Stiamo cercando di rilanciarla soprattutto tessendo relazioni. E’ una ricchezza. Non va sprecata. La Provincia e il Conservatorio, fra i soci fondatori della associazione attuale, riordinata nel 1977 dal Comune, col Sindaco di allora, Nannipieri, si sono disimpegnati per varie ragioni, alcune delle quali comprensibili. Speriamo in una collaborazione col Comune, che pare essere oggi l’unico soggetto a crederci un po’. Sono stato nominato presidente da pochissimo e sono all’inizio di un percorso. Ho un’idea precisa di quel che andrebbe fatto e cercherò di farlo. Sono e rimango un musicista jazz ma mi hanno insegnato al rispetto e alla curiosità; per questo non mi fermo di fronte alle difficoltà, finchè non diventano insopportabili. Vedremo. Spero di dirti, fra un anno, che ce l’abbiamo fatta.
Da chi è composta la Banda oggi?
Da musicisti di estrazione diversa, la maggior parte dei quali amatori, o “dilettanti” se preferisci, ovvero persone che per vivere fanno altro. Questo è importante e garantisce un’infiltrazione continua e capillare della musica nella comunità. Ci sono poi ragazzi, giovani, adulti e, come ti dicevo, persone che hanno passato gli ottanta. Questo è meraviglioso. La nostra società occidentale attuale, spesso saputella e obesa, corrotta e ignorante come mai prima dal Medioevo, fra i tanti danni che fa, causa una separazione fra le generazioni. Anche questo causa povertà. Perchè per essere ricchi servono le informazioni, e queste ce le hanno i vecchi. Prima di Internet esistevano sostanzialmente due fonti di informazione, con le quali l’Italia è diventata quello che è, o se preferisci quello che potrebbe essere: i libri e i vecchi. I vecchi sono preziosi perchè hanno visto, toccato, annusato prima di noi, per cui conoscono già la strada. E’ gravissima la disattenzione che la nostra società riserva ai vecchi. E’, quindi, una delle cause della nostra crisi economica. Per “ripartire” occorre più attenzione alla cultura e all’arte, e ai vecchi. Certo, i vecchi devono stare al gioco e fare la loro parte: non con l’oppressione ma con la saggezza; non con la pesantezza ma con la pazienza. Nella Banda i nostri vecchi hanno saggezza, pazienza e voglia di fare musica più di tanti giovani, e sono meravigliosi.
Abbiamo saputo che domenica vi esibirete: di cosa si tratta precisamente?
E’ un concerto di Natale, per fare e farci gli auguri del Natale, o, per chi non è credente, per il…solstizio di inverno. Sono cose che l’uomo in fondo ha inventato per combattere la paura, la paura del buio, del freddo, del tempo che si scorcia e sembra morire. Da sempre questo momento è sonorizzato con la musica, sia essa un concerto barocco come quello “Per la notte di Natale” di Manfredini o con gl standard jazz natalizi di Irvig Berlin o con le canzoni tardomedievali come Deck The Hall, o con il pop del ‘900 come Christmas Song di John Lennon. Il motivo è lo stesso: stiamo insieme, vogliamoci bene e combattiamo insieme la paura. Con la musica. Suoneremo insieme alla corale sarda Giovanni Sedda (direttore: M° Mauro Ermito; Associazione Culturale 5 Mori, presidente: Antonio Deias), con l’Ensemble Ad Libitum (direttrice: Patrizia Amoretti – Associazione Ad Libitum, presidente: Giuseppe Messina) e con alcuni musicisti dell’Istituto Musicale Rodolfo Del Corona (direttrice: Laura Brioli – Associazione Istituto Musicale Rodolfo Del Corona / ENDAS). Come dicevo: collaborare, tessere relazioni, accostare stili musicali diversi, generazioni diverse, musiche diverse. Suoneremo Mozart, Bach, Albinoni- Giazotto ma anche John Lennon e Piazzolla: perchè no?
Ringraziamo il Presidente, professore Andrea Pellegrini, per la disponibilità augurando una domenica piena di soddisfazioni e orecchie attente ad ascoltare!
Matteo Taccola
matteo.taccola@uninfonews.it
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