Prova a leggermi è la giusta occasione per poter consigliare un libro che mi ha colpito in modo particolare, cercherò di spiegarvi il perché.
Ho provato ammirazione per Isabella Santacroce dal preciso istante in cui l’ho scoperta, molti anni fa, e da quel momento non ha fatto altro che stupirmi.
Di questa scrittrice si sa poco, vive in disparte, lontana dai riflettori, dalla vita, come se per lei scrivere fosse un reale bisogno, una necessità, non scrive per mestiere, ma per sopravvivere. Dallo stile sublime, raffinato, elegante, prezioso anche trattando delle atrocità più bieche, mai volgare, la Santacroce si mantiene su un piedistallo e muove i fili delle marionette che inscena. Ogni personaggio esiste già nella sua mente, è vivo, si tratta solo di farlo nascere e scagliarlo fuori, con sforzo e con dolore, acquista forma sulla carta ed è pronto per essere manovrato sapientemente.
Quando lessi Amorino, appena uscito, non sapevo bene cosa aspettarmi: è infatti l’ultimo capitolo della trilogia “Desdemona Undicesima”, cominciata con V.M. 18 e Lulù Delacroix, che ben poco hanno in comune tra loro. L’idea della trilogia è di rappresentare un’ipotetica ascesa (o discesa) spirituale, visto che ogni capitolo ne costituisce, nell’ordine, l’inferno, il paradiso e il purgatorio ed è un mondo a sé, lontano nel tempo e nello spazio con trame e personaggi diversi. Per questo non sapevo che tipo di storia avrebbe raccontato, di quali personaggi avrebbe parlato, non sapevo niente, ed è stata una sorpresa.
Siamo nel 1911 quando a Minster Lovell, un piccolo villaggio inglese dalle tinte cupe e nebbiose, arrivano le gemelle Albertina e Annetta Stevenson, schive, austere, inquietanti. Si trovano qui per ereditare il cottage dei genitori, da poco misteriosamente morti. Padre Amos affida loro la gestione del coro della chiesa, chiamato “Amorino”, dal momento che le due donne sono un’insegnate di canto e un’organista; il romanzo è un intrecciarsi delle voci narranti di coloro che cantano in questo coro. Si alternano punti di vista, sensazioni, percezioni dei protagonisti, come se questi stessero dialogando proprio con noi, per discolparsi.
E’ un romanzo epistolare dove ciascun personaggio riversa, sotto forma di lettera o di diario personale, pettegolezzi, dubbi, ansie, in un’atmosfera solenne e cupa. Tutto viene descritto come se si trattasse di una seduta spiritica: più si va avanti con la lettura e più saltano fuori particolari terribili, perversi sulla storia delle gemelle e di tutti gli altri, ognuno ha qualcosa di tremendo e vergognoso da nascondere. Sacro e profano si confondono e fanno confondere chi legge.
Ad un certo punto ho quasi creduto di far parte di questo coro perché distinguevo così tanti registri linguistici diversi, voci narranti, punti di vista, fatti ed eventi raccontati che più volte mi è venuto di pensare: bene, adesso è il mio turno, parlo io! Sperando che tutti gli altri componenti mi stessero ad ascoltare.
Il punto nodale di tutta la storia è la vessazione spirituale: come detto prima, Amorino rappresenta il purgatorio e l’autrice ha voluto accompagnarci prima all’inferno col primo capitolo della trilogia, poi ci ha innalzato fino al paradiso, col secondo, e adesso ci ha riportato quaggiù, per purificarci. In effetti ci sono parecchi scheletri nell’armadio ed il lettore non può far finta di niente, per quanto ciascun personaggio cerchi di minimizzare il proprio peccato.
L’ho trovato un romanzo coinvolgente, particolare per stile e trama ma soprattutto per ideazione e personaggi. Pur non eccedendo nelle descrizioni dei vari ambienti, ne percepiamo i caratteri essenziali: la nebbia, il silenzio, l’ambiguità. Nessuno è al sicuro perché tutti sono colpevoli. I più innocenti saranno i più depravati e viceversa.
Ho scelto di parlarvi di questo libro per diversi motivi: primo perché la nostra letteratura ha degli autori davvero meritevoli e capaci ma, purtroppo, poco conosciuti e anche poco apprezzati, poi perché questo romanzo non mi ricorda niente che abbia già letto in passato, ed è un fatto positivo, in effetti (almeno per ora) non ho letto niente che mi ricordasse Amorino, se non forse Edgar Alla Poe quanto ad atmosfera e personaggi bizzarri o De Sade quanto a tematiche spirituali messe costantemente in discussione.
Ha tinte molto scure e inquietanti perciò lo consiglio, in primis, agli amanti del genere horror e del noir, anche se ritengo non si possa del tutto ascrivere a questi due generi, e poi lo consiglio a chi ama una prosa curata, attenta e fluente.
Quindi, provate a leggerlo!
Eleonora Simeone
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