E’ arrivata in Parlamento la prima bozza di legge elettorale. Sicuramente sarà rivista, ritoccata – speriamo non storpiata – a vantaggio di questo o quel soggetto politico. Ci saranno i soliti emendamenti dell’ultimo minuto, le solite critiche che possono anche giovare al dibattito parlamentare.
Ma su un punto saranno inflessibili. Il no alle preferenze.
Nell’ accordo raggiunto tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi un requisito inamovibile è stato prevedere delle liste bloccate. Ancora una volta, quindi, l’elettore si troverà di fronte una “lista” i cui candidati saranno eletti in ordine di presentazione, al variare dei voti ottenuti.
Sono piovute critiche a pioggia, credo un po’ opportuniste, da parte di alcuni partiti politici; ma non solo, anche una larga parte dell’elettorato ha mostrato indignazione – tenue, sia mai.. – per l’impossibilità di votare i propri candidati.
Siamo di fronte all’ ennesima strumentalizzazione della politica italiana, che nell’ impossibilità di migliorare se’ stessa si scaglia contro gli altri, volti senza identità: un po’ come successe per l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, problemi marginali che vengono ingigantiti per gettare sotto al tappeto i problemi che minano le fondamenta.
Io credo che sia un problema marginale. Innanzitutto, ad oggi è ancora possibile indire le primarie, e questo può essere fatto a livello statale o locale, a tutti i livelli: questo permetterà di aggirare il problema, e chi punterà il dito contro gli altri potrà lavarsi la coscienza indicendo primarie ad ogni livello. In questo modo, anche con le liste bloccate sarà quasi perfettamente rispettata la volontà del popolo sovrano.
Inoltre, allo stato attuale delle cose e data l’avversione dei cittadini ai meccanismi della politica, prevedere le preferenze significherebbe partecipare con slancio a vigore alle vicende politiche. I candidati dovrebbero fare campagna elettorale, e ciò richiede cospicui fondi, di cui al momento è meglio non abusare: rimborsi regionali docet.
Praticamente è giusto che ci siano le preferenze, teoricamente un po’ meno. Praticamente è giusto perché abbiamo tutti bisogno di affezionarci nuovamente alla politica. Sentirla nostra, sentirci maggiormente responsabili per le scelte elettorali e compiamo e colpevoli se queste si rivelano fallimentari. Sai che smacco vantarsi di aver contribuito ad eleggere quel singolo parlamentare poi accusato di corruzione?
Teoricamente è quasi assurdo. In linea di principio, i partiti politici hanno infatti il compito di selezionare le personalità migliori di cui dispongono, e col loro consenso proporli per cambiare le cose. Personalità eterogenee, provenienti dalla società civile, con qualifiche molto differenti e in grado di apportare i contributi più vari. A cosa servono i partiti politici, se dobbiamo essere noi ad indicarne i soggetti migliori? Non rischiano di diventare un contenitore di idee privo di forze motrici?
Devono essere i partiti politici a diventare virtuosi, non noi a rendere virtuosi i partiti politici.
P.S. E’ un po’ come al supermercato: i consumatori sono attratti dal supermercato che fa le migliori offerte, in grado di catturare l’attenzione degli acquirenti e di spingerli a comprare. Ma i prodotti in offerta non vengono determinati mica tramite referendum, o preferenze, o primarie.
Comments