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Perché reagire allo Stato Islamico è un dovere

Non esistono Dio, religioni, rivoluzioni, ideali, vendette per cui l’omicidio sia da ritenersi una valida prassi. Quando si uccide non esistono giustificazioni. L’unica eccezione è la legittima difesa. In occidente sono dovuti passare 2000 anni dalla nascita del cristianesimo per arrivare a queste considerazioni.

Un’altra cosa per cui sono dovuti passare, almeno in Italia, 1800 anni è il disfacimento della teocrazia, la Bibbia lo dice in modo inequivocabile “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”, Stato e Chiesa devono rimanere come due enti separati, uno stato per essere moderno e libero deve essere laico. Laico ma non ateo, l’ateismo di stato è una forma di teocrazia poiché impone al popolo un altro tipo di fede: quella nel nulla.

Partendo da questi due presupposti possiamo iniziare a parlare dell’ISIS (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante) o semplicemente IS (Stato Islamico). Sarebbe quasi inutile fare una cronaca dettagliata degli avvenimenti di questi ultimi mesi, ormai non si parla d’altro, salterò subito alle mie considerazioni personali.

È vero, parlando della delicata situazione della Siria e dell’Iraq non possiamo ignorare il recente passato di guerre civili e guerre condotte dagli Stati Uniti e alleati, non possiamo ignorare neppure che le armi usate da questi mujāhidīn sono state rubate dai rifornimenti consegnati dall’esercito americano. Eppure nulla di tutto questo per me può giustificare quello che sta avvenendo.

Vi spiego perché.  A mio avviso la situazione è simile alla tattica ideologica e propagandistica utilizzata dalla Germania Nazista per prendere il potere, secondo me la religione e l’anticapitalismo non c’entrano fino in fondo con l’IS, questi sono soltanto i mezzi (ideologici) con cui un ristretto gruppo di persone sta cercando di prendere il potere per fare quello che gli pare, e allora quale modo migliore per farlo se non la diffusione di ideologie anti-capitaliste e anti-occidentali? Mi spiego meglio, per farlo dobbiamo capire chi sta dietro a tutto questo.

Abū Bakr al-Baghdādī è l’autoproclamatosi califfo dello stato islamico, questo personaggio ha una storia degna del miglior cursus honorum per un terrorista islamico, basta cercare un po’ su internet per trovare tutta la sua storia, nel 2005 il The Long War Journal scriveva così: “presiede tribunali religiosi volti a giudicare i cittadini accusati di aiutare il governo iracheno e le forze della coalizione. Organizza il rapimento di singoli o intere famiglie, organizza l’accusa, pronuncia le sentenze e quindi li fa giustiziare pubblicamente”. Da non trascurare assolutamente sono invece i suoi rapporti con l’ex capo di al-Qāʿida Abū Muṣʿab al-Zarqāwī e con l’attuale “emiro”, e successore di Bin Laden, Ayman al-Zawahiri.

Il califfo dunque ama dividere il suo tempo tra preghiera, studio della legge coranica, pubbliche esecuzioni e jihad.

In tutto questo nel febbraio 2014 arriva la definitiva rottura con al-Qāʿida che si dichiara estranea all’ISIS, è questo fatto a dimostrarci quanto realmente l’unico interesse di al-Baghdādī sia conquistare ad ogni costo il potere e non la jihad in sé.

Al-Baghdādī, sottovalutato dall’occidente e forte del suo esercito di devoti fedeli, riesce a conquistare città strategiche come Falluja, al-Raqqa e soprattutto Mosul, solo dopo la conquista di quest’ultima, una volta scoperti i crimini commessi e le grandi risorse finanziarie e militari di cui dispone, l’occidente si sveglia ma ormai è troppo tardi: l’esercito del califfo si trova a 100 km da Baghdad.

Mausoleo di Giona

L’IS distrugge tutto quello che trova avverso al proprio credo: chiese, mausolei (come quello di Giona), moschee sciite, rapisce donne di etnie diverse, chiede ai cristiani di convertirsi e in caso di rifiuto impone loro il pagamento di una tassa enorme, i più ricchi riescono a farlo finché non vengono imprigionati ed uccisi per altri reati fittizi, i cristiani più poveri vengono uccisi subito o nei casi più fortunati mandati via dal paese.

L’IS ha un metodo ineccepibile di propaganda che punta essenzialmente su due cose: il terrore e l’indottrinamento, elementi tipici di ogni dittatura, l’unica differenza rispetto alla Germania nazista è che nell’era dei social network è molto difficile nascondere eccidi e stragi, ma l’ISIS fa molto di più e sfidando l’occidente punta addirittura sulla diffusione delle stragi e degli omicidi attraverso internet, tutto per mandare messaggi di paura oltreoceano.

Mi sono documentato molto e in fondo troverete due video, il primo è un servizio (sottotitolato in italiano) girato da un reporter di Vice ad al-Raqqa, roccaforte dell’IS, l’unico reporter occidentale ad esservi entrato e ad aver girato una città conquistata insieme al responsabile dell’ufficio stampa dell’IS, guardatelo così capirete come vengono utilizzati propaganda ed indottrinamento, vedrete con i vostri occhi le pubbliche esecuzioni, e le punizioni inflitte per i principali crimini data l’applicazione della legge coranica. Il secondo video è ben più scioccante ed è una videointervista rilasciata al New York Times da un soldato iracheno miracolosamente sopravvissuto ad una delle stragi dell’IS. Nel corso dell’intervista vengono fatti vedere dei filmati diffusi dall’IS dove si può vedere persino il momento in cui lo fanno sdraiare a terra per fucilarlo.

La mia posizione per quanto riguarda l’IS è molto chiara, uccidere e opprimere un popolo non è lecito neppure se il popolo stesso dice di essere d’accordo con gli oppressori, per cui urge intervenire al più presto con una missione internazionale. In tal senso, per fortuna, la NATO si è già mossa e a breve dovrebbe partire la prima missione fatta di bombardamenti strategici di droni e aiuti umanitari.

Parlando sinceramente non trovo alcuna differenza tra l’intervento degli  Stati Uniti per liberare l’Europa dal nazi-fascismo e l’intervento NATO per  liberare Siria e Iraq dall’ISIS, cambiano le motivazioni ideologiche, cambiano  i mezzi, ma la motivazione di fondo degli oppressori è la stessa: prendere il  potere per affermare uno stato assoluto. Che il fine sia Dio o che sia il popolo  ariano questo non cambia i crimini commessi. Quando una cerchia di  persone cerca di prendere il potere ponendo davanti interessi economici,  religiosi o ideali, e per farlo arriva ad uccidere persone, questo è sempre  sbagliato, l’omicidio non si giustifica mai, ma è ancor più da disprezzare chi  uccide per sopprimere le libertà altrui, chi non rispetta i diritti fondamentali  dell’uomo va contro l’uomo stesso.

Questa guerra non è soltanto un conflitto tra l’oriente restio alla modernità e  l’occidente, è anche e soprattutto un conflitto tra l’oriente civilizzato, quindi l’islam moderato, e l’islam integralista, tra sunniti e sciiti. L’islam integralista, come ogni integralismo di qualsiasi tipo non vuole farsi inglobare dalla modernità, vuole conservare la supremazia sulle menti e teme per questo le libertà dell’occidente.

Documentandomi a fondo ho visto che molti civili e bambini (magari anche occidentali) si stanno unendo all’IS perché credono realmente di fare qualcosa di buono, chiamano i metodi adottati come “intromissione positiva”, pensano che uccidendo gli infedeli e combattendo l’occidente non si faccia solo la volontà di Allah ma che addirittura si faccia del “bene inconsapevole” agli stessi infedeli. È dopo aver visto queste cose che inizio ad essere dell’idea che l’unica possibilità per cambiare realmente questa mentalità non potrà che venire da una sola rivoluzione, quella delle donne. Quando le donne, che nell’IS sono ridotte ad oggetti (guardate il primo video se non ci credete) troveranno la cultura e la forza di reagire ai loro oppressori allora il cambiamento inizierà ad essere reale. I bombardamenti non possono riuscire a cambiare le menti –indottrinate- delle persone, l’unico modo per farlo è attraverso la cultura e l’educazione, tuttavia viste le circostanze non rimane altro da fare che cercare di liberare i popoli oppressi con raid mirati, come deciso nell’ultimo vertice NATO.

Come ho già detto penso che la guerra sia sempre un grande male ma penso anche che bisogna cercare di comprendere la realtà, il tempo in cui viviamo, per cui restare fermi a guardare un massacro in nome della pace è una cosa che non concepisco. La pace si può iniziare a costruire dove l’ideologia e il sangue non ci sono più, da entrambe le parti. Credo che anche i partigiani nella seconda guerra mondiale ragionassero così. Il resto sono soltanto belle parole.

Clicca qui per vedere la videointervista al soldato iracheno scappato ad un massacro dell’ISIS (Fonte: New York Times)

Simone Bacci

@s_bacci

simo.bacci93@gmail.com

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