LIVORNO – Nell’ambito del contest Obiettivo Livorno – Scatta la città: Scorci di Vita Livornese, l’Associazione Uni Info News si è prefissata tra gli “obiettivi” quello di far conoscere da un punto di vista artistico tutti i partecipanti, così che coloro che ci seguano possano dare uno sguardo all’artista che è dentro ognuno di loro.
Questa sera intervistiamo Caterina Barontini, che ringraziamo calorosamente per le risposte e a cui auguriamo un forte in bocca al lupo!
Quando fai una foto cosa provi?
Prima dello scatto in me c’è sempre l’emozione di fronte a qualcosa di bello: penso “Che meraviglia, devo assolutamente fare una foto!”. Rapidamente prendo il cellulare o la macchina fotografica, mentre continuo a pensare che vale proprio la pena fotografare ciò che ho visto e che mi piacerà rivederlo o mostrarlo ai miei amici sui social. Così mi tuffo per qualche secondo nello schermo. Quello che segue è la soddisfazione che la mia foto custodirà una traccia dettagliata di quell’immagine che mi ha trasmesso un sentimento di bellezza.
Preferisci come soggetti le persone o i paesaggi? perché?
Da piccola fotografavo sempre paesaggi, animali e oggetti, tanto che una volta la mia mamma mi disse con ironia: “Ma eri sola in gita?”. Al liceo ero in equilibrio tra molti paesaggi e molti selfie. Mi divertivo a indagare come si riflettesse nei miei occhi o nella natura l’umore, il mood, dell’istante in cui avevo fatto la foto. Da qualche anno i selfie si sono limitati a occasioni particolari (dopo un esame, prima di un concerto ecc.): segno buono, evidentemente ho cominciato a conoscermi.
Se dovessi scegliere cosa preferisco fotografare attualmente, direi i paesaggi, perché penso che questa categoria di soggetti ispira direttamente chi guarda ad interpretare l’immagine, leggendo nei suoi colori i sentimenti più diversi – dalla nostalgia all’amore, dalla malinconia alla gioia di vivere, dalla tenerezza alla potenza della natura.
Propendi più per una macchina analogica o digitale? Quali pensi siano i vantaggi e gli svantaggi?
Premetto che il verbo che ho usato prima, interpretare, rivela molte cose di me, sia la mia professione (sono pianista) sia le passioni che coltivo più assiduamente: la musica, la poesia e il diritto. La mia esperienza nel campo della fotografia condivide con quella dei fotografi professionisti solo la voglia di catturare l’emozione di un’immagine, non l’assiduità della pratica né conoscenze tecniche approfondite. Tuttavia mi piace regolare con precisione alcuni parametri dell’immagine, come la luminosità e la saturazione, e so che queste operazioni sono molto più semplici se le foto sono agevolmente trasferibili sul computer, pronte per le modifiche. Propendo quindi per le macchine fotografiche digitali.
Pensi che Livorno sia una città culturalmente attiva? E con una certa attenzione per l’ambito fotografico?
Spero che questa città stia lentamente cominciando ad imparare da altre città europee: al momento ha un potenziale ricchissimo ma non lo sfrutta al meglio e raccoglie poca partecipazione. La fotografia a Livorno è un lavoro per tanti e un abito mentale per tutti, ma un’effettiva cultura dell’immagine manca, così come manca una vera cultura musicale a larga parte della popolazione livornese, per non parlare di altre culture. Come insegnante, mi impegno a coltivare nei miei studenti un approccio interdisciplinare all’arte pianistica, per cercare di creare in loro il fondamento di una vita culturalmente attiva.
Cosa ne pensi dell’uso che si fa quotidianamente dei social per pubblicizzare o pubblicare le fotografie? Che ne pensi di Instagram?
Penso che prima di tutto sia necessario distinguere le foto professionali dalle foto comuni e quotidiane. Queste ultime, che ci bombardano sui social, sono la cartina di tornasole del livello culturale degli utenti. Dalle foto pubblicate si ottengono moltissime informazioni sulla vita delle persone e solo pochi se ne rendono conto. George Orwell in “1984” era stato profetico. Io non sono su Instagram, ma sono su Facebook e su Twitter e sono sempre felice di far conoscere il mio modo di suonare, di vivere e di intendere la musica attraverso i miei post e le mie foto.
Riguardo alle foto “di valore”, la parola deve andare ai fotografi professionisti, che sicuramente avranno dei criteri per scegliere quali foto pubblicare per presentarsi alla massa di potenziali clienti e quali foto custodire alla larga dai social, per essere sicuri che quei contenuti non circolino e i diritti d’autore non siano violati.
Per te scattare le foto è più una questione “tecnica” o di impulso?
Credo che tecnica e ispirazione siano due componenti ugualmente importanti, come nella musica e in tutte le cose.
Livorno offre sia paesaggi suggestivi che scenari tipici di una città come tante altre, alcuni anche con sfumature ricche di decadenza. Sei più attratta dai primi o dai secondi?
Vorrei precisare che Livorno è una città estremamente sui generis e che i suoi scenari sono veramente tipici. Tuttavia non mi sento attratta da questi, ma dai paesaggi naturali, soprattutto marittimi. Mi sento cittadina dell’Europa e forse fotografare il mare è indice della mia voglia di muovermi, prendere il largo.
Qualora tu dovessi arrivare tra i dieci selezionati per la votazione finale del Contest, cosa rappresenterebbe per te il laboratorio fotografico indetto dal Comune?
Rappresenterebbe sicuramente l’occasione giusta per approfondire la mia conoscenza dell’arte fotografica e diventare più ferrata sulla componente tecnica.
Cosa ti ha spinto a prendere parte al nostro Contest Fotografico?
La voglia di cercare di imprigionare in una foto lo spirito labronico che ovunque andrò porterò sempre dentro di me: la mia livornesità, che grazie agli eventi della mia vita sta maturando, migliorando gli aspetti ingenui e formalmente inopportuni e facendo tesoro dei suoi punti di forza, come l’autoironia, lo stupore e la voglia di vivere.
Matteo Taccola
e
Claudio Fedele
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