Site icon Uni Info News

“Non più andrai farfallone amoroso” – Lo show delle nozze di Figaro al Teatro Goldoni

“Non più andrai, farfallone amoroso,
Notte e giorno d’intorno girando;
Delle belle turbando il riposo
Narcisetto, Adoncino d’amor.
Non più avrai questi bei pennacchini,
Quel cappello leggiero e galante,
Quella chioma, quell’aria brillante,
Quel vermiglio donnesco color.

Figaro e Cherubino durante “Non più andrai farfallone amoroso” (Foto Bizzi)

Commedia, intrighi amorosi e riscatto, queste sono le tre parole che ci vengono in mente dopo aver assistito alle Nozze di Figaro, capolavoro di Mozart e di Lorenzo Da Ponte, del 1786.

La famosa citazione sopra riportata, dall’aria conclusiva del primo Atto, rientra nel quadro appena delineato. La avventatezza di Cherubino e i suoi ardori giovanili, i tradimenti del Conte di Almaviva perpetrati ai danni di sua moglie (la Contessa) e i raggiri di Marcellina e Bartolo fanno da contorno alle peripezie delle nozze tra Susanna Figaro, camerieri dei Conti di Almaviva; matrimonio che diversi antagonisti nel corso dell’opera cercano di ostacolare.

Le Nozze di Figaro ha come titolo alternativo La folle giornata e questo non è casuale, perché l’imminente matrimonio tra Susanna e Figaro è avversato da MarcellinaDon Bartolo (creditrice la prima di Figaro e desideroso di vendicarsi il secondo), che vogliono che Figaro sposi Marcellina invece di Susanna, per saldare il suo debito. In parallelo, il paggio Cherubino rivolge delle avance alla Contessa, facendo infuriare il Conte di Almaviva, che, a sua volta, vuole tradire sua moglie con Susanna, ripristinando lo ius primae noctis.

Le nozze di Figaro (Foto Bizzi)

Mentre i protagonisti cercano di disinnescare questi raggiri attraverso travestimenti, inganni e finte lettere d’amore, il matrimonio tra Susanna e Figaro “si ha da fare“, poiché Marcellina e Don Bartolo, scoprendo di essere i veri genitori di Figaro, rinunciano alle loro pretese in favore di Figaro. E mentre tutti, “dopo una folle giornata“,  sono invitati alle nozze di Susanna e Figaro, nell’ultima scena, il Conte cerca di riconquistare la Contessa dopo i numerosi tradimenti.

Il libretto dell’opera, che già nella sua epoca si distingueva dalle opere convenzionali, è senza ombra di dubbio ancora oggi divertente e vivo. Molto più di un cinepanettone dell’epoca (o di oggi), le situazioni paradossali, raccontate da Lorenzo del Ponte sulla base della commedia di Beaumarchais, continuano a divertire il pubblico a distanza di secoli dalla prima rappresentazione, nonostante alcune digressioni e monologhi del quarto atto possano aver stancato il pubblico di Livorno.

Le note di Mozart, grazie all’efficace direzione di Jacopo Sipari di Pescaressoli alla guida dell’Orchestra della Toscana, sono emerse in maniera pregevole nel corso dell’intera opera, tra momenti dolci e soavi e situazioni concitate.

Il cast de Le nozze di Figaro (Foto Bizzi)

Tra i cantanti, i più applauditi sono stati Wellington Maura (Conte di Almaviva), Marily Santoro (Contessa di Almaviva), Silvia Lee (Susanna), Matteo D’Apolito (Figaro) e Diana Turtoi (Cherubino). Le loro performance non solo si sono distinte per qualità canora, ma anche per l’interpretazione delle parti assegnate. L’espressività, la gestualità e il modo con cui interagivano con gli oggetti di scena e con gli altri protagonisti è stata coinvolgente, dimostrando piena consapevolezza dei rispettivi ruoli e un perfetto dominio degli spazi scenici.

Il regista Gasparon e il Direttore Sipari (Foto Bizzi)

Le scene e le luci del regista Massimo Gasparon hanno saputo infatti equilibrare e riempire la scena minimalista allestita dal Teatro Sociale di Rovigo. Agli antipodi di Suor Angelica Cavalleria Rusticana, andata in scena poche settimane fa al Goldoni, che si caratterizzavano per un allestimento barocco e colmo d’oggetti di scena, qui si osservavano principalmente allestimenti molto essenziali: sedie, divani, letti, biancheria, separé  e qualche pianta da giardino, tutto coperto da teli bianchi o dipinto di bianco (come il fucile di scena del Conte). Muri e pareti completamente assenti, ma solo uno schermo sullo sfondo sul quale venivano proiettati differenti sfumature di colore, a seconda del momento della giornata. Il bianco ha esaltato le luci moltiplicandone l’intensità e ha fatto risaltare per contrasto gli abiti degli interpreti.

Si è trattato dunque di una rappresentazione godibile e meritevole di essere rivista dal pubblico livornese, senza dover attendere altri due secoli.

 

Paolo Gambacciani
Luigi Marri

Exit mobile version