In politica non conta quello che si pensa veramente, non tutti possono permettersi di dire la verità, a contare è solo quello che viene fatto e quello che viene detto: non esiste politica senza comunicazione. Questo lo ha molto chiaro Filippo Sensi, ormai noto come Nomfup.
Nomfup è il vero uomo ombra del renzismo, capo della comunicazione del PD e da qualche tempo pure di Palazzo Chigi, un vero fuoriclasse che muove “i giochi” dalle retrovie.
Chi è Nomfup
Classe 1968, laureato in Filosofia, esperto di fenomenologia tedesca, con tanto di dottorato, il suo soprannome, Nomfup non è che l’acronimo di “NOt My FUcking Problem”, la frase ricorrente di Malcolm Tucker, il consulente politico protagonista della serie britannica “The Thick Of It”.
Tucker, non è che la trascrizione televisiva di Alastair Campbell, il consigliere politico di Tony Blair, colui che mise in pratica una strategia di comunicazione politica costante, senza tregua, dove la presenza e la dichiarazione sono la stessa cosa, i comunicati ufficiali e lo scambio di battute con un elettore per strada sono strumenti politici con lo stesso potenziale. Nomfup è il Campbell italiano, con un modo tutto suo di fare, all’italiana.
Sensi era Nomfup anche prima dell’incarico per Renzi, infatti da anni si occupa nel suo blog, nomfup.altervista.org, di comunicazione politica, con un particolare occhio di riguardo al mondo anglosassone. E qualche anno fa con lo stesso blog, nella veste di giornalista, setacciando gli archivi più remoti del web, ha fatto dimettere il ministro della difesa britannico Liam Fox, incastrandolo con un video dove intrattiene relazioni con il lobbista Adam Werrity.
Fin dai tempi del liceo Sensi “non amava proporsi in prima persona, nonostante le intuizioni elargite ad altri”, dicono di lui i suoi ex compagni di classe. Ma lentamente Nomfup districandosi tra atenei e giornalismo si è fatto largo nei palazzi romani. La svolta avvenne diventando vice capo della comunicazione per Francesco Rutelli sindaco, lì conobbe l’allora responsabile delle comunicazioni istituzionali, Stefano Menichini, che poi lo corteggiò per averlo a Europa, il giornale dei dem, faticando per insediarlo come vicedirettore.
Plenipotenziario capoufficio stampa PD, anfitrione di Renzi per i salotti romani, curriculum di spessore, empatico, multitasking, autoironico e vendicativo al punto giusto, Nomfup ha tutte le carte in regola per controllare tutto. Per questo quella tra lui e Renzi è un’alleanza che prescinde da ideali e sintonie politiche, Renzi ha bisogno di Sensi così come Sensi ha bisogno del premier.
“Se lo dice Nomfup è la Cassazione” dice spesso Renzi, facendo trapelare la fiducia che ha nel suo spin doctor. “Macchè io qui passo solo lo straccio”, si sminuisce Sensi, rispondendo ai compagni di partito che lo definiscono “non lo chiamate portavoce, lui è molto di più”.
La strategia di Nomfup
Nomfup non è come i vecchi addetti stampa, rigorosi, irraggiungibili e sempre nel mezzo agli affari, Sensi al contrario ama defilarsi, stare molti passi dietro la scena principale, così come testimoniano le sue foto, nessuna agenzia, nessun fotografo professionista, solo Instagram. Il suo profilo è seguito da poco più di 9000 persone, ma tra queste ci sono tutti gli “addetti ai lavori”. I suoi scatti sono semplici e umani, sempre con la prospettiva delle retrovie, di chi sta nel suo ruolo senza entrare nel mezzo delle vicende, “Nomfup c’era, ma per lavoro”. L’osservatore è messo di fronte a Orfini e Renzi che giocano alla playstation la sera, a Renzi preso di spalle mentre conversa con Cantone, a dialoghi informali con Merkel e Obama, retroscena di interviste e colloqui.
La politica che racconta Nomfup smonta la sacralità dei palazzi, mira dritto alla vera essenza della politica, quella che non troviamo nelle conferenze stampa o nei discorsi del premier, cioè quella che si respira dai giornalisti parlamentaristi, dalle agenzie di stampa, dai fotografi accreditati, dai corridoi di Palazzo Chigi, dai dietro le quinte dei talk show, dalle cene politiche. Il famoso mondo degli “addetti ai lavori” che sta d’intorno al governo.
Ma Sensi ci racconta questo mondo come fosse un ragazzo nel paese dei balocchi, con la semplicità di chi traduce il mondo dei summit e dei vertici mondiali per i poco più di 82.000 follower su Twitter, insomma uno di noi.
Le sue foto su Instagram sono accompagnate dall’hashtag #cosedilavoro, riguardante tutti i momenti di vita politica a cui Sensi partecipa, per lavoro appunto. Altri hashtag sono #cosedipd, riguardante la vita del Nazareno e #files.
Come Nomfup gestisce l’informazione
L’informazione è il punto centrale della comunicazione politica, soprattutto l’informazione di stato, ed è qui che entra in gioco Nomfup. Oggi tutto quello che leggiamo o non leggiamo, vediamo o non vediamo di Matteo Renzi lo decide Sensi, è lui l’ultimo grado di separazione con Palazzo Chigi.
Alcuni giornali più vicini ai salotti romani e ai vertici delle agenzie di stampa raccontano come tutto sia coordinato nei dettagli:
Ogni sera i retroscenisti dei giornali ricevono un messaggio da Nomfup sulla linea del governo con la formula “Renzi ai suoi”, mentre le agenzie di stampa vengono istruite in una chat WhatsApp. E se la situazione è delicata, le uniche immagini in circolazione risultano quelle del fotografo ufficiale del governo.
Scrive Dagospia, riprendendo un articolo del Fatto Quotidiano.
A Palazzo Chigi vengono fornite le linee guida per i giornali, e per non rimanere indietro occorre essere tempestivi e abili osservatori, il lunedì è il giorno in cui il governo fa trapelare il tema che farà discutere durante la settimana.
Tutto è pianificato, ma Nomfup non dispone di collaboratori, solo di propaggini: l’ex paparazzo Tiberio Barchielli e l’ex poliziotto Filippo Attili. I dipendenti dell’ufficio stampa di Palazzo Chigi, un gruppo che ha attraversato le stagioni destrorse, sinistrorse e tecniche, patiscono l’ozio, sopravvivono ai margini, mai consultati.
Infatti ad oggi la vecchia struttura per le comunicazioni istituzionali di Palazzo Chigi giace ferma e inascoltata, Renzi e Nomfup l’hanno sostituita con i loro fedeli collaboratori, questo fa parte della tattica renziana, farsi il vuoto d’intorno, aspettando il collasso delle strutture precedenti per mancanza d’ossigeno. Una tatticca fondata sull’attesa, così come ha rottamato il suo partito.
Appena arrivato a Roma, Renzi ha subito fatto capire che agenzie e quotidiani si sarebbero dovuti soddisfare da un’unica fonte comune: Nomfup. In questo modo il governo riesce a diffondere solo le informazioni che vuole. E quando i giornali citano “fonti di governo” è di Nomfup che si parla.
Se un’agenzia o un giornale captano una notizia in più è perché Nomfup ha voluto premiare il loro lavoro, così come se un giornale va giù duro con il premier Sensi sa essere spietato, e punisce il colpevole lasciandolo anche una settimana senza notizie. Una tattica che spinge i giornali a parlar bene del governo in cambio di un accesso privilegiato alle notizie.
Le tattiche di comunicazione di Renzi non finiscono qui:
Quando Renzi va all’estero preferisce Sky, perché il circuito è internazionale e incentiva la visibilità negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Germania. Ma l’attenzione più puntigliosa è per il servizio pubblico, che può amplificare o smorzare quel che di sottecchi esce sui giornali. (…) Alle spalle di Renzi, lì dove accorrono giornalisti stranieri, c’è posto solo per Nomfup e per Ilva Sapora, la donna del cerimoniale di Palazzo Chigi che si premura di sistemare le minuzie, l’orlo di una camicia o la piega di un cappotto.
Così scrive sempre Dagospia riprendendo il Fatto quotidiano.
Senza conoscere Nomfup è difficile capire perché Renzi sia riuscito a cambiare il PD in così poco tempo e come abbia fatto in ancor meno tempo a cambiare i vecchi equilibri radicati nei secolari palazzi romani.
La radice di tutto è sempre lui, Nomfup, il burattinaio delle retrovie, l’uomo del “not my fucking problem”. Un genio assoluto della comunicazione politica.