Il Teatro Guglielmi di Massa ha portato sulle scena la Prima Nazionale de “La Guerra dei Roses” con Ambra Angiolini e Matteo Cremon.
Una verra e propria guerra si è svolta sul palcoscenico del Teatro Guglielmi di Massa, una commedia che finisce in tragedia e scava nell’intimo di una coppia.
Resa famosa grazie alla trasposizione cinematografica, “La Guerra dei Roses” è la storia di una coppia che si ama e si odia fino alla follia. Ma se credete che sia un odi et amo catulliano sappiate che non c’è niente di più lontano.
L’amore forse nella famiglia Roses non è mai esistito, non un amore sano, almeno. Fin dall’inizio questa relazione si basa sull’usurpazione e sulla sottomissione: Barbara, la protagonista femminile, è vittima fin da subito dell’arroganza e della prepotenza del marito. Riveste il ruolo di donna-oggetto, la cui unica preoccupazione deve essere quella di soddisfare il marito ed accompagnarlo agli eventi mondani.
Infine qualcosa si rompe nell’equilibrio domestico in cui è rinchiusa la donna. Qui si manifesta tutta la bravura del regista Filippo Dini nel mostrare in meno di quarto d’ora la rottura definitiva della stabilità della coppia. Barbara, infatti, si ribella quando il marito non appoggia il suo sogno. Pertanto è fondamentale che lui definisca, quello che per lei è un vero e proprio lavoro, con il termine di “hobby”, screditando così la figura professionale della moglie.
La trama si svolge seguendo le linee del film, ma con la presenza inquietante dei due avvocati: Thurmont (Emanuela Guaiana) e Goldstein (Massimo Cagnina). Magistrale la recitazione di Cagnina, che ha saputo ricoprire tutti i suoi ruoli con una carica scenica incredibile e ha mantenuto un livello di recitazione sempre altissimo. Una prova non da poco vista l’importanza che ha il suo personaggio.
Sono gli avvocati infatti a muovere l’intreccio e gli eventi, tanto che, aperto il sipario, è proprio loro la prima battuta. Un’atmosfera demoniaca li circonda, esacerbata dai colori che indossano: rosso fuoco per l’avvocato Thurmont e viola vinaccia per l’avvocato Goldstein.
Seduti sulle loro poltrone di pelle dispensano consigli e si accusano l’un l’altro di cattiveria, mostrando allo stesso tempo lo stesso identico cinismo.
Sembra quasi la rappresentazione iconografica della coscienza dei due protagonisti, ma non si tratta certo del saggio Grillo Parlante, ma di un diabolico Faust che muove le fila della vicenda, che strumentalizza i due, li comanda a bacchetta insinuando nelle loro menti il sospetto e la crudeltà. Un crescendo di tensione in cui Thurmont e Goldstein diventano sempre più i deuteragonisti, impossessandosi della scena in sordina, senza mai compiere nessun atto, ma incitando e fomentando la coppia continuamente.
Questo aspetto “noir” è compensato da continue, e talvolta forse fastidiose, battute di scherno fra i due coniugi. Nella casa, ariosa e perfetta, si respira un’ aria comica e divertente, che va però scemando mano a mano che ci si avvicina al tragico finale.
Numerose e fragorose risate risuonavano dalla platea ad ogni battibecco dei coniugi, tra le manie di Jonathan e le risposte piccate di Barbara, sempre pronta a rilanciare lo scontro verbale e a non far cessare le schermaglie; forse proprio questa è la cosa che più rimane impressa negli spettatori.
Commedia e tragedia sono state mescolate a dovere in questa brillante rappresentazione teatrale, che ha visto una perfetta corrispondenza fra bellezza della scenografia e bravura degli attori, forse sottotono, almeno nella prima parte, il testo, che cade troppo spesso nella “risata facile”, ma che si risolleva e raggiunge i suoi apici nel finale.
Infine una domanda rimane aperta grazie ai toni metafisici dell’ultima scena: riusciranno i due coniugi a trovare una nuova intesa? Un ultimo fatale sguardo di Jonathan a Barbara chiude l’atto e ci lascia la speranza che l’amore, alla fine, riesca a trionfare.
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