Ci troviamo ancora all’American Airlines Arena di Miami per gara 2 delle finali NBA dove, dopo aver vinto gara 1, gli Spurs vogliono provare a fare il bis che consentirebbe loro di portarsi sul 2-0 e orientare dunque la serie a proprio favore.
La partita inizia bene per gli Spurs che, nonostante arrivino a perdere lo stesso numero di palloni persi in gara 1 solo nel primo quarto, riescono a rimanere a galla grazie ad un Super Danny Green che infila 3 triple consecutive, e chiuderà con il 100% dei tiri dal campo (6-6 dalla media distanza e 5-5 da 3, per un totale di 17 punti). Le triple dei giocatori degli Spurs non bastano però a sfondare la difesa di Miami, il cui obiettivo era proprio quello di lasciare spazio ai tiri dalla lunga distanza con la speranza che la percentuale calasse verso la fine della partita, e così è stato: nel terzo quarto gli Spurs calano eccessivamente, il numero di palle perse aumenta a sproposito, la percentuale di tiri dal campo diminuisce e gli Heat prendono il volo. Il terzo periodo si chiude con Miami in vantaggio di 10 punti, decisamente recuperabili in 12 minuti, ma gli Spurs non ci sono neanche nel quarto periodo e gli Heat arrivano ad avere addirittura un vantaggio di 27 punti, orientando la partita verso la sua naturale conclusione: gli Heat vincono gara 2 per 103-84 e portano la serie sull’1-1.
Analizziamo dunque la partita partendo da ciò che è andato male nella squadra di Greg Popovich: Palle perse. Ebbene si, non ci sono altre importanti motivazioni per giustificare la pesante sconfitta subita dagli Spurs, se non la poca fantasia in fase offensiva che però si aggiunge solo come contorno al numero di palle perse: 17. In una partita delle finali non si può sperare di passarla liscia con un deficit così alto, specialmente se dall’altra parte ci sono i campioni in carica, che hanno dimostrato più volte di avere il contropiede tra le sue carte vincenti. Ciò che però fa riflettere è il fatto che solamente 2 giorni prima, la stessa squadra che ha perso 17 palloni ne aveva persi solamente 4. Quindi o Miami è diventata improvvisamente troppo forte per San Antonio, oppure gli Spurs erano i fantasmi di quelli visti in gara 1 … io opto per la seconda.
Dall’altra parte abbiamo gli Heat che hanno giocato una partita praticamente perfetta, sia difensivamente che offensivamente. Stavolta la squadra ha girato decisamente meglio: Lebron segna 17 punti e fa 7 assist, cifre umane in confronto a quelle alle quali ci ha abituati, Bosh ne segna 12 e Wade 10 anche lui con 7 assist, ma il migliore in quanto a punti segnati è Mario Chalmers con 19 punti. C’è poco altro da dire se non che gli Heat hanno saputo sfruttare al meglio i contropiedi e le occasioni che li sono capitate, ma soprattutto hanno dimostrato agli Spurs che alle finali ci sono arrivati per un solo motivo: VINCERE.
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